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Eliminazione del reato di clandestinità: com’è andata a finire?

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Il governo Renzi aveva promesso di eliminare il reato di clandestinità, il famoso provvedimento introdotto nel 2009 da Maroni (Ministro dell’Interno) e Alfano (Ministro della Giustizia) all’interno del pacchetto sicurezza, più per scopi propagandistici che altro: la legge n. 94 del 2009 introdusse nel Testo Unico delle norme sugli stranieri extracomunitari, l’art. 10 bis che sanzionava la condotta dello straniero che fa ingresso o si trattiene nel territorio dello Stato in violazione delle disposizioni che disciplinano l’ingresso ed il soggiorno in Italia dei cittadini di Paesi non appartenenti all’Unione europea.

Renzi aveva promesso e invece nulla di tutto questo è stato fatto: il decreto legge che elimina il reato di clandestinità si è “smarrito”. Le promesse e le dichiarazioni di esponenti del governo e della maggioranza che auspicavano la depenalizzazione sono cadute nel vuoto a distanza di quasi tre anni dall’approvazione della legge delega alla Camera (aprile 2014), a cui sarebbe dovuta seguire il decreto legge del Governo (che non è mai stato varato).

Perché è tutto fermo? Si tratta essenzialmente di “opportunismo politico”. Il Governo era (ed è) tenuto in piedi da formazioni politiche ideologicamente contrarie ad un’apertura in questo senso, e probabilmente non sono mancati i contrasti con NCD del Ministro Alfano, uno degli autori del provvedimento all’epoca del governo Berlusconi. L’impossibilità di rompere la coalizione ha prevalso, ed ha certamente convinto Renzi prima e Gentiloni ora, a “prender tempo”. Probabilmente, a tutto ciò si aggiunge la percezione di una forte ostilità alla legge in parte dell’elettorato, rafforzata dalla situazione internazionale e dalla martellante propaganda di Matteo Salvini e delle destre europee, pronte ad “alzare barricate” e a dare battaglia.

Cosa prevedeva il decreto? Il decreto legge prevedeva il declassamento del reato di immigrazione clandestina ad un illecito amministrativo, mantenendo l’arresto per gli immigrati che rientrano in Italia dopo un provvedimento di espulsione. Numerose e di diversa natura sono state le critiche al reato di clandestinità. Le più ovvie, portate avanti da importanti giuristi (tra cui Stefano Rodotà e Gustavo Zagrebelsky) hanno messo in risalto come la legge, criminalizzando “mere condizioni personali” non ha giustificazioni concrete al di fuori di esse. Già nel 2010, Corte costituzionale aveva anche stabilito che gli stranieri irregolari non possono essere considerati automaticamente socialmente pericolosi per il solo fatto di essere clandestini.

Le obiezioni richiamano anche motivi squisitamente di utilità giuridica ed investigativa. Infatti, il clandestino non rinuncerebbe comunque ad entrare in Italia, essendo punito esclusivamente con un’ammenda pecuniaria che ovviamente non può permettersi. Come se non bastasse, essendo automaticamente il clandestino un “indagato”, non potrebbe testimoniare contro gli scafisti, vero perno del sistema degli sbarchi irregolari.

Cosa possiamo aspettarci in futuro? Ben poco. Con le dimissioni di Renzi, a 10 mesi dal probabile scioglimento delle Camere, siamo entrati in una nuova fase di questa legislatura. Nessuno può prevedere quando si andrà a nuove elezioni, ma i partiti iniziano a fare campagna elettorale ed è lecito pensare che NCD non sacrificherà un tema caro ai suoi elettori come quello della “sicurezza” e della chiusura delle frontiere. E poca fiducia traspare dal Partito Democratico, il cui peso Governativo si affievolisce, sconvolto in questi giorni dalla scissione e dalle liti interne. Il problema dell’immigrazione, clandestina e non, andrebbe affrontato da un governo coraggioso e responsabile nelle sedi europee, attraverso leggi intelligenti e strategie comuni, che mettano insieme sicurezza e accoglienza nei confronti da chi fugge da guerre e carestie. Il governo italiano è immobile, il tempo passa e la situazione peggiora.

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