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Donadoni, è arrivata l’ora di rivalutarlo?

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Nel sorprendente Parma di questa stagione, che con la vittoria della scorsa domenica sul Verona ha raggiunto il quindicesimo risultato utile consecutivo, c’è la mano, evidente e sapiente di Roberto Donadoni.

La lunghissima serie senza sconfitte dei gialloblu rappresenta un record per la squadra emiliana, che mai, nelle passate stagioni in Serie A, era uscita imbattuta da così tante gare consecutive. Il Parma di Donadoni, Cassano e Paletta arriva quindi dove neanche Scala, Ancelotti e Prandelli erano arrivati, pur potendo contare su gente del calibro di Zola, Asprilla, Crespo, Cannavaro, Buffon e via dicendo.

Il merito principale, come detto, è del tecnico bergamasco, che a fari spenti è riuscito a rialzare le sorti di una squadra che prima del suo arrivo, a gennaio del 2012, era invischiata nelle posizioni calde della classifica, a ridosso della zona retrocessione. Poco più di due anni dopo, invece, il Parma è in piena corsa per ottenere un posto in Europa, un risultato difficile da pronosticare anche solo qualche settimana fa.

Donadoni, allenatore di talento ma probabilmente meno incensato dai media rispetto ad altri, nella sua carriera ha pagato a caro prezzo l’esperienza (prematura) con la Nazionale italiana e la collaborazione con alcuni tra i presidenti più volubili della serie A. La sua nomina, in seguito al primo addio di Marcello Lippi, subito dopo la conquista del quarto mondiale e il putiferio di Calciopoli, non fu mai condivisa completamente dall’ambiente azzurro.

Il biennio che andò dai Mondiali del 2006 agli Europei del 2008 è stato forse il più difficile per la Nazionale italiana nell’ultimo decennio. Da un parte, l’addio alla maglia azzurra di colonne come Totti e Nesta, dall’altra la difficoltà di trovare un ricambio in una generazione di talenti mai così povera come in quegli anni. Nonostante questo, Donadoni ottenne un’ammirevole eliminazione ai rigori nei quarti di finale dell’Europeo, proprio contro quella Spagna che lì iniziava il suo lungo cammino – ancora ininterrotto – di successi internazionali. In Italia, quell’eliminazione fu presa come un vero fallimento, anche considerata la scarsa qualità del gioco degli azzurri. Ancora non immaginavamo cosa ci sarebbe aspettato nel 2010 con il disastroso Lippi-bis.

Dal biennio azzurro Donadoni ne uscì senza più un contratto e con la reputazione rivista. Dall’allenatore dei miracoli col Livorno a quello del fallimento con la nazionale campione del mondo, il passo è breve. Da allora, infatti, il tecnico bergamasco non è mai arrivato in una società dall’inizio della stagione, ma è sempre subentrato a campionato in corso, tra l’altro in realtà difficili come Napoli, Cagliari e Parma.

E se nel club partenopeo è forse arrivato l’unico vero fallimento della carriera da allenatore, Donadoni a Cagliari, dopo aver conquistato una salvezza tranquilla, ottenne il poco invidiabile record di un esonero ad agosto, data la scarsa sintonia con Cellino. L’arrivo a Parma, fu l’ennesimo ingresso a stagione in corso, e Donadoni, che ereditava da Colomba una squadra tutt’altro che competitiva, arrivò a sfiorare l’ingresso in Europa, grazie anche alle sette vittorie nelle ultime sette partite di campionato. Dopo la buona stagione dello scorso anno, quest’anno sembra che il Parma possa puntare ancora in alto, ad un’Europa che manca in Emilia da quasi 10 anni.

Il vero miracolo del tecnico bergamasco, nelle tre stagioni a Parma, è stato quello di aver creato una squadra completa in ogni reparto, sfruttando le intuizioni di mercato dell’ottimo ds Leonardi, ma soprattutto rivalutando talenti che erano dati per persi, andandoli a pescare tra gli scarti delle big.

Sotto le mani sapienti dell’ex centrocampista del Milan, Marchionni è diventato un ottimo playmaker, Amauri è tornato a fare gol, Palladino ha finalmente avuto un ruolo in mezzo al campo. E sembra addirittura che Cassano, grazie alla fantastica stagione in Emilia, possa riconquistare la nazionale e giocare il suo primo Mondiale insieme al compagno di squadra Paletta, che è forse l’oriundo più utile nel panorama azzurro.

L’altra grande nota di merito per Donadoni sta nel suo stile antico e riservato. L’anti-personaggio, dai toni pacati e dalle parole essenziali, in netta contrapposizione con la tendenza dei Conte e dei Malesani ad inasprire le conferenze stampa pre e post partita. Un uomo che punta poco sulle parole e molto sul lavoro e sul campo, che parla per lui. È per questo che Donadoni merita, nel suo futuro, di allenare una grande squadra. Molto più di chi già ci è arrivato. Sarà ora di rivalutarlo?

Immagine|europacalcio.it

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