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Direzione Pd del 10 ottobre: requiem for a dem

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@Unita.tv

La direzione del PD esplicita definitivamente, se ancora ce ne fosse bisogno, il terreno di scontro e la spaccatura fra Renzi e la minoranza dem.

Non siamo disponibili a bloccare il Paese in nome della battaglia per l’unità del partito

questa la chiave di volta dell’intervento del Premier.

Resa dei conti. Il risultato del referendum avrà inevitabili ripercussioni sulla tenuta del PD ma non dovrà toccare la stabilità del governo. Da questo punto di vista la posta in gioco è chiara a tutti e ognuno pensa di poterne trarre giovamento. La minoranza, come ha più volte ribadito D’Alema in passato, non è affatto interessata a far cadere il governo, chiunque lo facesse si attirerebbe l’odio eterno dell’elettorato PD. Piuttosto, pensano gli anti-Renzi, meglio prendersi il partito e sperare che gli ultimi due anni di governo, azzoppati dal passo falso della sconfitta al referendum, logorino il rottamatore aprendo lo spiraglio necessario ad una candidatura alternativa.

Rottamazione bis. Renzi dal canto suo mira ovviamente a vincere il referendum o comunque, anche in caso di sconfitta, a tenere ben strette le redini del Governo continuando ad addossare ai promotori del No eventuali guai e ritardi del Paese per poi presentarsi ancora una volta, fra due anni, come il riformatore che sfida la palude, con o senza quel pezzo del PD che oggi lo critica.

Il bluff del premier. In questo senso, ovvero nell’addossare alla minoranza la responsabilità della frattura, va ovviamente la proposta di istituire una commissione interna al partito e aperta alla minoranza che valuti, dopo il voto al referendum, eventuali modifiche alla legge elettorale. Come se non fosse chiaro a tutti che dopo il referendum sarà parecchio difficile sedersi ancora tutti attorno un tavolo mentre infurierà l’epurazione o il redde rationem a secondo dei risultati che verranno fuori dalle urne.

Le dimissioni annunciate di Cuperlo Per questo Cuperlo ha fatto finta di accogliere la proposta di Renzi, avvertendo però che le modifiche alla legge elettorale vanno apportate prima del referendum (eventualità che Renzi sembra aver escluso anche nel suo intervento conclusivo) a costo delle proprie dimissioni da deputato. La proposta del segretario è stata ritenuta insufficiente anche, ed è ovvio, da Roberto Speranza.

Vuoto a perdere. Alla fine la relazione del segretario è stata votata all’unanimità ma con la diserzione al voto della minoranza. Se quello suonato da Cuperlo, Speranza e Bersani, sotto la sapiente direzione d’orchestra di Massimo D’Alema, sia il corno della riscossa o il canto del cigno lo diranno, insomma, solo le urne. Ognuno dei contendenti ha molto da perdere, Renzi più degli altri.

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