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Diario da Sanremo 2014 – Giorno 4: sardenaira & ancien régime

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“La sardenaira, detta anche sardinara o sardenara è un piatto tipico sanremasco.
È una specie di focaccia condita con un sugo di pomodoro, aglio, capperi (meglio se conservati sotto sale), olive taggiasche, origano e sarde fresche che danno il nome alla pietanza. Il pomodoro non va soffritto con la cipolla, ma deve essere rigorosamente crudo”.

La sardenaira è il fiore all’occhiello di Sanremo. In tanti se la ricordano solo la settimana del Festival, peccato veniale, mentre tanti altri sarebbero portati a chiamarla comunemente “pizza”. E qui è un peccato mortale. Ma quest’anno girare le carte in tavola sembra essere l’attività preferita in Riviera. Ieri non c’era il Milan, ma il dato medio di share non ha sfondato i 35 punti. “Recuperato un punto e mezzo da mercoledì”, ricorda Giancarlo Leone. Grande soddisfazione.

Insomma: non si deve parlare di flop, ma di Festival diversamente gradito. Come dicono che la sardenaira non debba essere chiamata pizza, ma focaccia. Forse mancano le sarde, quelle fresche. Mettiamola così: le acciughe del vasetto non possono sostituire le sarde fresche, come è vero che l’ascolto pregiato, quello della fascia 15-34 anni, è difficile recuperarlo sottoponendo lo spettatore a un viaggio ancestrale tra le Kessler, Franca Valeri e Renzo Arbore.

Anche se Arbore in conferenza, devo ammetterlo, è stato uno spasso. Maglioncino e sciarpa d’ordinanza, occhiali fumé e sorriso caldo: il vero problema, forse, non è tanto la riesumazione periodica della storia che fu, quanto la mancanza di discendenti che possano scaturire la stessa unica emozione. Un po’ come la sardenaira: la ricetta è secolare, gli ingredienti più che semplici. Ma alla fine nessun altro cibo futurista potrà mai sostituire la magia di quel sapore.

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