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Dati accoglienza rifugiati per regione: le bugie di Maroni e Zaia

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Infuria la polemica sulla rivolta dei governatori del nord al piano di distribuzione su base regionale dei profughi: tra gli argomenti più citati dai tre presidenti di regione (Maroni, Zaia, Toti) le classifiche che li collocherebbero ai primi posti fra i territori più accoglienti del Paese e quindi automaticamente fra coloro che “hanno già dato”.

Maroni colloca la Lombardia al terzo posto fra le regioni che hanno accolto più rifugiati con il 9% del totale (a fronte del 22% e del 12% di Sicilia e Lazio) mentre Zaia denuncia come il suo Veneto ospiti 514 mila immigrati (circa l’11% del totale) piazzandosi ai primi posti insieme ad Emilia e Lombardia. Sia i dati di Maroni che quelli di Zaia sono veri, eppure in un Paese con un’opinione pubblica più attenta difficilmente potrebbero costituire un buon argomento a loro favore, vediamo perché.

@ilmattino.it

Partiamo dai numeri di Zaia. Il Governatore del Veneto si riferisce agli immigrati regolari e non ai profughi, quindi a persone che lavorano, pagano i contributi e consumano nella sua regione. Più che un costo una risorsa quindi, che si concentra, come è ovvio, nelle regioni con più offerta di lavoro dove la loro mano d’opera è richiestissima da quella piccola e media impresa vanto del Veneto e zoccolo duro della base elettorale leghista. In merito all’accoglienza di rifugiati e richiedenti asilo il Veneto è solo decimo (in valore assoluto) con meno di tremila unità ed il 4% del totale.

Parliamo di valori assoluti perché se invece andassimo a vedere il rapporto fra l’accoglienza e la popolazione delle singole regioni (il numero cioè di rifugiati per abitante), scopriremmo che il Veneto, con i suoi 2.977 rifugiati in rapporto ai quasi cinque milioni di abitanti, è penultimo in Italia, preceduto al terzultimo posto dalla Lombardia con 6.599 ospiti su una popolazione di dieci milioni abbondanti.

@ibtimes.com

Gli stessi numeri usati dai presidenti salviniani finiscono quindi per rivoltarsi loro contro se osservati con attenzione. Singolare, peraltro, che questa polemica si sia sviluppata nei giorni in cui ricorre l’anniversario di una vicenda che, fra contrasti istituzionali (centralismo vs federalismo) e valoriali (accoglienza vs intolleranza) la ricorda da vicino.

L’11 giugno 1963, infatti, John Kennedy mandava la guardia nazionale in Alabama per far cessare il patetico e infame “Stand in the Schoolhouse Door” inscenato dal governatore George Wallace e permettere quindi l’iscrizione all’università di Vivian Malone Jones e James Hood. Speriamo qualcuno se ne ricordi per fare la cosa giusta oggi o per non ritrovarsi dal lato sbagliato della storia fra cinquant’anni.

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