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Dall’inferno si ritorna

dall'inferno si ritorna
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Una bambina di cinque anni si sveglia nella sua casa e scopre che la sua intera famiglia è stata massacrata. Sembra l’incipit di un romanzo horror, e in effetti è così: solo che non si tratta di una storia di fantasia. Siamo in Ruanda nel 1994, durante il genocidio dell’etnia tutsi per mano degli hutu, una delle pagine più sanguinose nella storia del Ventesimo secolo. È un racconto horror, ma l’orrore è drammaticamente reale.

Protagonista e voce narrante di Dall’inferno si ritorna, uscito l’11 marzo per Giunti, è la giovane Bibi, sopravvissuta al massacro ruandese e oggi studentessa di medicina a Roma. La cronaca della sua incredibile odissea attraverso l’Africa centrale, emblematica della tragedia vissuta in quegli anni da un milione e duecentomila profughi, è diventata un libro grazie alla collaborazione con Christiana Ruggeri, giornalista nota per i suoi reportage sulla condizione femminile e minorile nel Sud del mondo.

Nei centouno giorni del genocidio ruandese morirono più di un milione di persone. È stato calcolato che i machete degli hutu arrivarono a mietere vite al ritmo di una ogni dieci secondi. Un bagno di sangue inimmaginabile per chi non vi ha assistito di persona. Opere come Dall’inferno si ritorna esistono proprio per questo: per offrirci un punto di vista interno, per raccontarci il lato umano che va al di là di quelle cifre fredde e agghiaccianti.

Ma ridurre il lavoro della coppia Bibi-Ruggeri a una mera testimonianza, per quanto importante e necessaria, sarebbe ingeneroso. Dall’inferno si ritorna è anche pura e semplice letteratura: è il ritratto di un’Africa che, malgrado il clima di violenza e disperazione che accompagna la vicenda, mantiene un fascino e una vitalità scevri da qualunque esotismo da cartolina. E soprattutto è una grande storia di coraggio, umana solidarietà e, nonostante tutto, trionfo della vita sulla morte.



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