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Clint Eastwood, il nuovo film: Jersey Boys

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@Danny McKiernan

Dopo aver visto Jersey Boys di Eastwood mi sono subito chiesto perché mai il vecchio Clint avesse fatto un film del genere. La storia è quella della nascita, gloria e declino dei ”Frankie Valli & The Four Seasons”, un gruppo vocale italoamericano divenuto popolarissimo negli USA nei primi anni Sessanta.

Sono mescolati assieme molti generi diversi.

Il gangster-movie: il background è infatti un quartiere di Newark dove prosperano i traffici poco leciti di banditucoli italiani, con il loro codice mascolino dell’onore, un po’ alla Quei bravi ragazzi (e infatti nel film c’è Joe Pesci, non l’attore, proprio lui da giovane).

Il biopic: il racconto classico dell’ascesa e caduta nell’arena cannibale del successo, con la musica che ti toglie dalla strada ma anche la felicità.

Il family drama: Jersey Boys racconta infatti le angosciose vicende della famiglia di Frankie, dilaniata tra le sirene del successo e la prosa degli affetti.

E infine il musical: è proprio da un musical del 2006 che il film è tratto, e l’ariosa scena finale, con tutti i personaggi in scena felici e canterini, è proprio ”da musical” (tra l’altro Frankie Valli cantò la canzone omonima nel soundtrack di Grease).

Insomma, Jersey Boys sembra un buon film, ottimamente recitato, con una grande ricostruzione di ambienti e umori, una passione genuina per la musica. Ma, mi chiedo: dov’è Clint? Dov’è il robusto cineasta del cupo e pensoso Mystic River, o dell’inesorabile e struggente Gran Torino?

È anche vero che molti film vivono anche per una sola inquadratura, un solo piccolo movimento di macchina, che li riassume e li nobilita. Dicevo di ”una passione genuina per la musica, che è sicuramente una delle corde più vibranti di Eastwood, pensiamo a Honkytonk man o a Bird.

Ebbene, ad un certo punto è inquadrato il Brill Building, un famoso edificio di Broadway che tra i Cinquanta e i Sessanta ospitava le più importanti case discografiche. La macchina si muove dolcemente con un moto verticale. Il Brill è ripreso dall’esterno, e ogni suo piano inquadra l’audizione di un diverso stile musicale. Jazz, pop, doo-wop.

L’America è al suo apogeo, e la sua musica ne riflette il successo, la prosperità, la forza tranquilla. Forse Clint Eastwood in Jersey Boys ha voluto proprio fissare, seppur imperfettamente, il momento aurorale e primigenio di un paese (e della sua musica), il momento in cui tutto appare possibile e meraviglioso.

Allo stesso modo, quattro ragazzi squattrinati trovano la prima canzone che darà loro gloria, per inspiegabile magia, una sera qualunque, sotto un lampione della popolosa città industriale di Newark, New Jersey. Una magia che non tornerà mai più.

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