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Class enemy: una scuola smontata e ricostruita

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@Luca Rossato

Film d’esordio del giovane sloveno Rok Bicek, Class Enemy è un film claustrofobico, tutto vissuto e lottato dentro l’universo chiuso e (troppo spesso) autoreferenziale della scuola. Con movenze teatrali, descrive l’arrivo, in un istituto superiore, di un supplente di tedesco, incrociandolo con il suicidio di un’alunna e i fuochi d’artificio che ne scaturiscono.

Il nuovo prof scombina subito la routine della classe. I metodi freddi e rigorosi, la programmatica assenza di empatia, la pedagogia limpida quanto astratta lo collocano presto in rotta di collisione con gli studenti che, apparentemente sconvolti dalla scomparsa della loro compagna, non esitano a incolparlo del tragico gesto, avviando una spirale conflittuale che pare non avere fine. E che mette in discussione l’esistenza stessa della scuola.

Scuola che in Class Enemy viene letteralmente smontata dalla fermezza solitaria e implacabile del docente, il quale evidenzia crudamente il pericoloso e irresponsabile gioco delle parti che fondano la scuola attuale: la fragilità dei ragazzi che reclamano libertà emotiva priva di responsabilità; l’ambiguità della preside, che per salvare l’istituzione che dirige è pronta ad ogni compromesso.

Ma è una scuola che vive anche di docenti mediocri, inutilmente complici dei ragazzi e privi di reale saldezza etica; e di genitori sui quali, come uno specchio impietoso, ricadono le colpe dei propri figli. Una scuola che, in ultima analisi, manca del suo compito precipuo, che è formare alla vita reale. Il suo nemico è prettamente interno, benché figlio della società.

In Class Enemy il Professor Zuban si oppone a questa scuola. E non a caso spiega ai ragazzi il Tonio Kroger di Thomas Mann, con la sua contesa tra arte e vita, perché un adolescente non è che un confuso groviglio di emozioni, un artista ancora senz’arte né forma, che cercherà nella vita reale proprio grazie al suo percorso formativo.

Eroico e sgradevole, il supplente di tedesco riuscirà nel suo intento, non senza prendersi tutti i rischi dell’operazione: la scuola, smontata e quasi distrutta, tornerà ad esistere, se non per tutti i suoi attori, almeno per qualcuno.

Da vedere assolutamente, per la capacità di abbattere ogni comodo pregiudizio sul mondo educativo; e per come afferma, con un rigore inatteso in un film del genere, la centralità del rapporto formativo, in cui è importante, sostiene uno psicologo illuminato, ”insegnare ai ragazzi a soffrire”.

Consigliato a: insegnanti scoraggiati!

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