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Diventare italiani per sangue: la cittadinanza per discendenza

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Mentre si continua a discutere sull’opportunità di concedere la cittadinanza italiana a chi nasce nel nostro paese (ius soli), o a chi abbia svolto almeno un ciclo scolastico in Italia (ius culturae), la cittadinanza per discendenza, ossia la possibilità di acquisire la cittadinanza da parte di cittadini stranieri che hanno un genitore o un avo italiano, mostra un progressivo aumento negli ultimi anni.

Nello specifico, le condizioni richieste per tale riconoscimento si basano da un lato sulla dimostrazione della discendenza da un soggetto originariamente cittadino italiano (l’avo emigrato) e, dall’altro, sulla prova dell’assenza di interruzioni nella trasmissione della cittadinanza, ossia: mancata naturalizzazione straniera dell’avo prima della nascita dei figli e assenza di dichiarazioni di rinuncia alla cittadinanza italiana da parte degli ulteriori discendenti prima della nascita della successiva generazione (a dimostrazione che la catena di trasmissioni della cittadinanza non si sia interrotta).

La discendenza deve essere dimostrata tramite gli atti di stato civile (nascita, matrimonio e morte) e la domanda, corredata dalla documentazione, deve essere presentata alla rappresentanza diplomatica italiana nel paese in cui si risiede.

Questo concetto della trasmissione della “italianità” per discendenza è legato alla storia delle migrazioni di massa dall’Italia verso altre nazioni e alla figura dell’oriundo (dal latino oriundus, derivato dal verbo orior, ovvero “nascere, trarre origine”), ossia chi, nato e residente in una città o nazione, discende da genitori o antenati là trasferitisi dal paese d’origine.

Cittadinanza per discendenza: i dati in sintesi

  • Nel 2017 le cittadinanze concesse per discendenza sono state pari al 5,6% del totale complessivo delle cittadinanze rilasciate ai nuovi italiani.
  • Tra il 2016 e il 2017 circa 15 mila stranieri sono diventati cittadini italiani per via della discendenza da avi italiani.
  • Le richieste di cittadinanza ancora inevase di stranieri con avi italiani sono circa 300 mila.
  • I cittadini stranieri che più hanno usufruito di questa tipologia sono brasiliani.
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Quanti sono i discendenti con cittadinanza italiana?

Tra la fine dell’ottocento e l’inizio del novecento, circa 30 milioni di italiani hanno lasciato il paese, tanto che nel 1995 il Ministero degli Esteri aveva stimato in circa 58,5 milioni gli oriundi di origine italiana, di cui 38,8 milioni in America Latina, 16,1 milioni in America del Nord, 2,1 milioni in Europa e 500 mila in Oceania.

In seguito, secondo una nuova stima dello stesso Ministero, il numero più verosimile è tra i 70 e gli 80 milioni di oriundi, tutti potenzialmente passibili di concessione di cittadinanza italiana.

L’Istat raccoglie i dati relativi alle acquisizioni di cittadinanza per discendenza solo dal 2016, anno in cui sono state settemila, passate a 8.211 nel 2017, con un’incidenza sul totale delle cittadinanze rilasciate che passa dal 3,8% al 5,6% del totale.

Su circa 347 mila cittadinanze rilasciate nel biennio analizzato, oltre 15 mila sono state quindi concesse a discendenti di soggetti italiani; è lecito supporre che, considerando anche gli anni precedenti, almeno ventimila persone siano diventate italiane per via dei propri avi.

Non a caso l’Istat stessa sottolinea come “Il numero dei cittadini brasiliani divenuti italiani continua a crescere, collocandosi al terzo posto nella graduatoria delle principali cittadinanze con quasi 10 mila nuovi cittadini italiani; per il Brasile, si tratta di acquisizioni avvenute per oltre il 70% dei casi in base allo ius sanguinis”. In sintesi ciò significa che quasi la metà delle cittadinanze per discendenza ad oggi riguardano cittadini brasiliani.

Perché si acquisisce la cittadinanza per discendenza?

Il numero di richieste presentate alle diverse ambasciate italiane nel mondo e ancora inevase sarebbe pari a circa 300 mila domande, di cui 116 mila solo in Brasile, ed il resto soprattutto in altri paesi dell’America Latina come Argentina e Venezuela.

Se fare richiesta è piuttosto semplice, va detto che i tempi per evadere le domande possono essere molto lunghi, a causa della carenza di personale nelle ambasciate e dei vari passaggi burocratici che implicano la trasmissione di documenti tra ambasciate italiane all’estero e uffici competenti in Italia. Per questa ragione solo poche migliaia tra tutte le richieste avanzate sono state evase.

La motivazione dietro alla scelta di chiedere la cittadinanza di un paese di cui nella maggior parte dei casi non se ne conosce né la lingua né i luoghi è soprattutto economica. Tali richieste vengono spesso da paesi che attraversano difficoltà economiche (si ricordi ad esempio il boom di richiesta dall’Argentina a seguito della grave crisi del 2001) e la possibilità di diventare italiano, e quindi europeo, offre una serie di vantaggi e opportunità, primo fra tutti il potersi muovere all’interno dello spazio Schengen UE.

Mario Giro, ex vice ministro degli esteri dei governi Renzi e Gentiloni, disse a La Stampa che:

La nostra legge è così ampia e tollerante che il numero complessivo delle persone che, potenzialmente, avrebbero diritto a vedersi riconosciuta la cittadinanza italiana è di 80 milioni. Più degli abitanti odierni della Penisola.

Lo stesso vice ministro proseguiva chiarendo che in molti casi si trattava di persone il cui obiettivo primario era ottenere un passaporto europeo in un momento di difficoltà economiche e politiche nel loro paese di residenza.

Una simile motivazione utilitaristica è alla base anche di numerose cittadinanze per discendenza concesse dall’Italia a sportivi, per rafforzare le nostre nazionali e squadre. Nel calcio, formidabili giocatori nati all’estero ma i cui avi erano di origine italiana come Schiaffino, Sivori e Altafini hanno consentito grandi successi alle squadre italiane.

Nell’attuale nazionale di rugby giocatori come Canale, Castrogiovanni, Dellapè e il capitano Sergio Parisse sono tutti nati in Argentina; nell’hockey su ghiaccio da diversi anni vengono utilizzati giocatori canadesi e statunitensi diventati italiani per discendenza, tanto che alle Olimpiadi invernali di Torino 2006 i giocatori della nazionale italiana nati all’estero erano ben 11. Ancora più clamoroso il caso della nazionale di calcio a 5, che nel 2008 ai mondiali in Brasile schierò una rosa interamente formata da giocatori nati proprio in Brasile.

Cittadinanza per discendenza: Conclusioni

Nella maggior parte dei casi questi nuovi cittadini, una volta acquisita la cittadinanza, non rientrano a vivere in Italia ma utilizzano la cittadinanza italiana per poter recarsi in altri paesi senza avere la necessità di visti e lunghezze burocratiche. Maturano inoltre il diritto a votare, ma qui poi si pone il tema se poi effettivamente partecipano e effettivamente alla vita socio-politica del paese.

Il decreto Salvini su immigrazione e sicurezza di dicembre 2018 ha introdotto la necessità di dimostrare il possesso di un’adeguata conoscenza della lingua italiana, criterio che però paradossalmente non si applica per le cittadinanze per discendenza, ma soltanto per le cittadinanze per matrimonio o per residenza.

In questo scenario, in cui la cittadinanza per discendenza si acquisisce in modo relativamente semplice e senza dover dimostrare una conoscenza né un vero interesse verso il nostro paese, appaiono molto deboli i ragionamenti del tipo “la cittadinanza bisogna meritarsela”, “bisogna fare un percorso nel nostro paese per diventare italiani e conoscere la nostra storia” che spesso si sentono da coloro che si oppongono all’introduzione dei criteri dello ius soli temperato e dello ius culturae per consentire a chi è nato in Italia o ci vive fin da piccolo di poter diventare cittadino italiano.

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