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Child of Light: esperimenti videoludici postmoderni

child of light recensione
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Child of Light è decisamente uno di quei progetti leggendo dei quali ti ghiacci davanti al monitor del PC con tanto di mug di caffè in mano e sguardo catatonico: “Hanno fatto COSA?!”. Lo studio canadese Ubisoft Montreal, quello di Far Cry 3, ha realizzato un gioco di ruolo giapponese bidimensionale con il motore grafico UbiArt Framework, utilizzato dagli ultimi due ispiratissimi giochi di Rayman.

Ne converrete che non è certo una notizia che si sente tutti i giorni. Ma c’è di più: la storia è presentata con uno stile da libro illustrato per bambini e i personaggi si esprimono esclusivamente in pentametro giambico. Ah, dimenticavo: il sistema di combattimento è ispirato a quello di Grandia 2. Seriamente.

La sola menzione del fantastico battle system del compianto gioco Game Arts, il cui terzo capitolo, dopo l’acquisizione della serie da parte di Square-Enix, non fu mai pubblicato nel vecchio continente, sarebbe bastata a convincermi a provare il nuovo titolo Ubisoft ma tutto quel contorno un po’ artistoide e un po’ naif mi ha praticamente obbligato a sedermi e passare qualche ora in compagnia di Aurora.

Con un comparto audiovisivo decisamente evocativo, che unisce illustrazioni da fiaba gotica ad una delicata colonna sonora in cui il pianoforte la fa da padrone, Child of Light è un gioco di cui è facile invaghirsi, anche prendendo in mano il pad per pochi minuti. Ubisoft ha cercato concretamente di creare un JRPG “made in Occiddiente”: alla prova dei fatti il sistema di combattimento, con una barra orizzontale ai piedi dello schermo sulla quale i volti dei partecipanti al combattimento si muovono fino all’azione con una velocità determinata dai loro parametri, ricorda da vicinissimo, come promesso, il secondo episodio di Grandia.

Il sistema di level up, invece, consiste in una griglia a quadrati in cui scegliamo dove spendere i punti abilità acquisiti, liberando man mano gli spazi adiacenti, riportando alla mente tantissime produzioni giapponesi ed in particolare la scacchiera delle licenze di Final Fantasy XII.

Incastonando le gemme preziose che vengono lasciate dai nemici e fondendole tra loro con l’alchimia per realizzarne di più potenti, abbiamo la possibilità di potenziare i tre pezzi che compongono il nostro equipaggiamento (arma, armatura e accessorio) o infondere loro dei poteri particolari: un po’ come le materia di Final Fantasy VII o i mana eggs in Grandia 2 – per citare ancora una volta le due saghe che sono state il chiaro riferimento del team Montreal nella creazione degli assetti del loro titolo.

Le fasi esplorative si discostano invece decisamente dall’ispirazione nipponica, assomigliando più ad un’avventura punta e clicca della protostoria LucasArts che alla consueta peregrinazione JRPG per la world map – o per le case della brava gente del villaggio di turno, a cliccare su ogni tenda, giara e armadietto per derubare i suoi ospitali abitanti cercare tesori nascosti.

Le battute di dialogo, in rima, sono state appropriatamente rese in italiano con una patina quasi petrarchesca di “verzure” e “palagi” ma lo script originale è nettamente superiore, con buona pace dell’apprezzabilissimo lavoro degli adattatori e, qualora padroneggiaste l’inglese piuttosto bene, impostare la console in inglese arricchirà senza dubbio il vostro gradimento del gioco, calzando meglio alla natura di fiaba: contemporaneamente racconto per bambini e mito inquietante.

Per quanto mi riguarda reputo la storia ed i suoi personaggi il tallone di Achille di questo postmoderno progetto: per quanta magia cerchi di evocare, per quanta delicata poesia cerchi di effondere, Child of Light non arriva mai dritto al cuore, nonostante ci provi disperatamente: impressione questa che mi aveva fatto anche il pregevolissimo platform Puppetteer di Sony Japan.

Invocando deliberatamente i topoi delle fiabe, e cercando di trasporne in digitale la sostanza un po’ sfuggente, la quest di Aurora e il suo ritorno a casa perde di mordente e non riesce a sfiorare l’afflato poetico di titoli come Okami, Shadow of the Colossus o Valkyria Chronicles, sconfinando occasionalmente nel vagamente insipido e nel soporifero.

Sarà il mio stanco cuore ad essere diventato di pietra?!

Puppetteer di Sony è anche il titolo che ricorda più da vicino (sì, a noi 4 che lo abbiamo giocato) la modalità cooperativa di Child of Light, in cui un secondo giocatore prende il controllo del fuoco fatuo Igniculus per aiutare Aurora sia nelle fasi esplorative che in quelle di combattimento, rallentando l'”ATB” dei nemici, raccogliendo globi luminosi che ripristinano qualche punto ferita o punto magia, e in modi più complessi che vi divertirete a scoprire.

L’esperienza di gioco non è lunghissima ma il titolo ha un prezzo pensato di conseguenza e con poco più di 10 € ci si porta a caso quella che, nel bene e nel male, è un’esperienza unica. Child of Light è disponibile come download digitale per PS3 (versione provata), PS4, Wii U, Xbox360, XboxOne e PC.

http://www.youtube.com/watch?v=2xxJrNGXDdo

Per i sistemi Sony, per il quale il gioco è “cross-buy” (acquistandolo su PS3 lo avrete disponibile anche su PS4 e viceversa), è stata commercializzata anche una bizzarra versione retail disponibile in Italia solo presso la catena GameStop. Questa versione NON contiene una copia fisica del gioco, ma un codice download accompagnato da un artbook, un portachiavi, dei contenuti scaricabili esclusivi ed un poster realizzato su commissione da Yoshitaka Amano, storico illustratore di Final Fantasy.

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