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Chi è Bashar al-Assad: uomo forte o dittatore sanguinario?

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@thierry ehrmann

Dopo le immagini dell’attacco chimico sulla città di Idlib, l’attenzione dei media è tornata sulla Siria. Molte agenzie internazionali hanno attribuito la responsabilità dell’attacco al presidente siriano Bashar al-Assad, ma diversi giornalisti e portali web (anche del nostro Paese) lo difendono accusando gli USA di manipolare le informazioni per metterlo in cattiva luce difronte a tutto l’Occidente. Per capire perché la figura del Presidente siriano è tanto controversa, vediamo chi è Bashar al-Assad e perché gode di una certa popolarità fuori al di fuori del Medio-Oriente.

Storia di Bashar al-Assad: dalla medicina alla politica

Nato nel 1965, Bashar è il secondogenito del dittatore Hafiz al-Assad che ha governato la Siria dal 1970 fino al 2000. Poco interessato alle questioni politiche, Bashar si laurea in medicina nel 1988 e presta servizio nel più grande ospedale militare di Damasco. Quattro anni dopo si trasferisce a Londra per iniziare il suo percorso di specializzazione in oftalmologia. Nel 1994 il fratello Bassel al-Assad, da sempre predestinato a raccogliere l’eredità politica del padre, muore in un incidente stradale e Bashar rientra in Siria per ricoprire il ruolo di erede nuovo di Hafiz. Il vecchio dittatore dedicherà gli ultimi anni della sua vita a preparare il figlio medico per guidare uno dei Paesi più influenti della penisola Araba. Dopo un incessante addestramento militare e politico e a seguito della morte del padre, nel 2000 Bashar al-Assad viene eletto Presidente attraverso delle elezioni di facciata con il 97,29% delle preferenze.

Il regno di Assad

Sotto la guida di Bashar la Siria ha goduto di un periodo di rilancio economico e benessere in netto contrasto con la situazione dei Paesi vicini: dal 2000 al 2007 il Pil del Paese è quadruplicato e, prima della guerra, il tasso di disoccupazione è sceso sotto l’8%. Una delle più grandi preoccupazioni di Assad è stata quella di assicurare l’integrazione delle diverse comunità ed etnie che convivono tutt’oggi nel territorio siriano. La stessa famiglia del dittatore appartiene a una minoranza etnica: la fede alawita è un credo sciita che include pratiche religiose e retaggi multiculturali tipici non solo dei musulmani ma anche cristiani ed ebrei. Sono in molti a pensare che proprio l’appartenenza a questo credo abbia tracciato un solco netto fra Assad e tutti gli altri governanti sia sciiti che sunniti del Medio Oriente. La convivenza pacifica di più religioni e la perfetta integrazione dei fedeli all’interno della società siriana sono da sempre stati i punti di forza su cui si è costruita la sua popolarità internazionale del dittatore siriano. In particolare la protezione e l’inclusione delle numerose piccole comunità cristiane nel tessuto sociale siriano gli hanno fruttato un ampio sostegno all’interno di molte realtà cattoliche europee.

L’apparente felice e fiorente isola siriana nasconde però un lato più oscuro che in molti tendono a dimenticare troppo facilmente. Assad si è dimostrato un leader capace e preparato, ma per garantire quel benessere tanto rimpianto dai suoi sostenitori molti giornalisti e oppositori sono stati ridotti al silenzio dai servizi segreti. La stabilità e la sicurezza hanno avuto come costo forti limitazioni alle libertà fondamentali e la totale scomparsa di una vera opposizione. Nell’ambito di un ciclo di conferenze e incontri promosso dal Ministero degli Affari Esteri tenutosi lo scorso maggio, Hind Aboud Kabawat, attivista siriana di religione cristiana, ha voluto rispondere anche a tutti coloro che continuano a vedere Assad come difensore dei cristiani anche nell’attuale guerra siriana:

Assad difensore dei cristiani? Ma come può difendere una minoranza o le minoranze un dittatore che uccide la maggioranza del suo popolo? Un uomo che stermina cittadini della sua stessa religione per un progetto di sopravvivenza violenta al potere? Assad non ha alcuna credibilità come protettore dei cristiani perché è il violentatore dei cittadini siriani di ogni religione.

Assad e la politica estera

Da quando è salito al potere in Siria, Assad in politica estera ha assunto posizioni nette che lo hanno reso un aperto antagonista degli USA: non ha mai nascosto la sua ostilità verso Israele, arrivando anche a finanziare e proteggere gruppi guerriglieri palestinesi e persino Hamas; ha sostenuto politicamente e militarmente il partito degli Hezbollah in Libano; si è apertamente schierato contro l’intervento militare degli USA in Iraq. L’appartenenza sciita di Assad espone la Siria a diversi potenziali conflitti anche coi vicini Paesi arabi apertamente sunniti ma, allo stesso tempo, la rendono un prezioso alleato per l’Iran e punto di riferimento per le etnie sciite della regione. Nel corso degli anni, il dittatore siriano ha concluso anche importanti accordi politici e commerciali con la Russia e ha maturato uno stretto rapporto di amicizia col Presidente Vladimir Putin. Rapporto che oggi sta fortemente condizionando l’andamento della guerra in Siria.

La primavera araba e la guerra

Con lo scoppio della primavera araba anche la Siria è stata travolta dal vento del cambiamento. Nel 2011 sono state organizzate le prime manifestazioni contro Assad per spingerlo alle dimissioni. Inizialmente, il dittatore siriano si è dimostrato disponibile a promuovere una democratizzazione del Paese ma non è mai sembrato veramente disposto a lasciare le redini del comando. Nel 2012 inizia la vera e propria guerra civile col Parlamento siriano che bolla i rivoltosi come terroristi e li accusa di essere al soldo delle potenze dell’Occidente. I gruppi di ribelli armati entrano quindi in aperto conflitto con l’esercito governativo e la Siria si ritrova divisa in territori sotto il controllo dell’una o l’altra fazione. I ribelli, inizialmente apertamente sostenuti dagli USA, col passare del tempo subiscono un forte ridimensionamento schiacciati da un lato dalle forze di Assad e dall’altro dai gruppi jihadisti sempre più influenti nel Paese ormai devastato dalla guerra.

Nel corso del 2013, a Damasco l’esercito governativo attacca facendo uso di armi chimiche: Unione Europea e Stati Uniti condannano apertamente la condotta di Assad e solo la mediazione della Russia sembra scongiurare un intervento diretto sul territorio siriano da parte delle potenze Occidentali. La Siria aderisce alla Convenzione sulle armi chimiche e commissari dell’ONU vengono incaricati di seguire lo smantellamento dell’arsenale chimico siriano. Secondo un report pubblicato dal The Guardian e dalla CNN, il regime di Assad si sarebbe macchiato di altri crimini nel corso della guerra: la polizia militare avrebbe torturato ucciso in maniera sistematica almeno undicimila prigionieri politici fra il 2011 e il 2013. La fonte sarebbe un ex-poliziotto siriano incaricato di fotografare detenuti da trasferire dal carcere all’ospedale militare passato fra le fila dei ribelli. Lo scorso anno la procura di Parigi ha aperto un’inchiesta preliminare contro il regime di Assad con l’accusa di crimini contro l’umanità sulla base delle testimonianze fotografiche fornite dal report.

La crisi siriana e l’attacco chimico di Idlib

Nel 2014, nei territori controllati dalle forze governative, si sono tenute nuove elezioni e Assad è stato confermato alla guida del Paese con l’88,7% delle preferenze e un record assoluto di affluenza. Il Consiglio nazionale siriano, attualmente in esilio, gli Stati Uniti e l’UE hanno tuttavia fortemente contestato la legittimità e la natura democratica del voto. Quest’anno l’esercito di Assad sta piano piano riconquistando tutti i territori controllati dai ribelli ormai ridotti ai minimi termini. I gruppi che all’inizio del conflitto erano appoggiati dall’Occidente sembrano ormai essersi dispersi e i pochi rimasti lottano fianco a fianco agli jihadisti per un ultimo disperato tentativo di rovesciare Assad.

L’attacco chimico avvenuto alla città di Idlib rappresenta uno degli episodi più tragici dall’inizio del conflitto. Malgrado la Russia e molti sostenitori occidentali del regime respingano ogni accusa, è molto probabile l’attacco sia stato effettuato dalle forze governative per riaffermare l’autorità e l’egemonia di Assad sulla Siria. Le dinamiche dell’attacco ricalcano le strategie già adottate dall’esercito siriano in passato e l’unica fazione attualmente attiva nella regione a disporre sia di aerei che di armi chimiche rimane quella governativa, nonostante l’adesione alla Convenzione. Con la guerra che sta volgendo in favore del dittatore e grazie all’alleato russo, Assad ha voluto dimostrare di rimanere intoccabile anche per gli USA. Tuttavia, il lancio dei missili americani contro la base siriana responsabile dell’attacco aereo apre nuovi possibili scenari.

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