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Carolina Kostner, un mistero chiamato Olimpiadi

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Forse Carolina Kostner avrebbe dovuto dare più importanza a quella frana che nel 1999 distrusse il Palasetil di Ortisei, la pista di pattinaggio dove si allenava sin da quando aveva quattro anni. Magari era un avvertimento. Della leggiadra pattinatrice italiana ho pensato sempre questo negli ultimi anni, in maniera cinica e forse un po’ stronza.

Come la maggioranza di voi, ho preso atto della sua esistenza quando venne scelta come portabandiera per l’Italia nei giochi olimpici invernali di Torino. Proprio in quell’occasione la vidi gareggiare per la prima volta: in entrambe le esibizioni, dopo un salto, Carolina cadde rovinosamente con le chiappe sul ghiaccio.

Da allora la notizia che Carolina capitombolasse in gare importanti dopo un triplo flip o un toe-loop era quasi una certezza, come l’acuto-sfonda-timpani in una canzone della Pausini. Succedeva sempre. Lei aggraziata, esile, con i suoi arti lunghissimi si muoveva sinuosa sui pattini, l’ansia mia cresceva con la sua ed ecco un salto, una giravolta, una gamba all’insù e sbam! A terra.

Ma poi – lo sappiamo tutti – lo sport ci rende scemi e ogni volta si ritorna a crederci. Vancouver 2010. Vuoi non guardare la Kostner? Lei con una puntualità altoatesina sul notturno di Chopin precipita, dopo neanche 50 secondi. In casa le interpretazioni abbondano:

– Secondo me è un problema di baricentro.
– Ma va, non vedi che non ha muscoli?
– Eh già, è come se la sua grazia fosse il suo punto di forza e allo stesso tempo la sua debolezza.
– E se fosse semplicemente una cugghia?

C’era qualcosa di tenero e perverso nella puntualità delle cadute di Carolina, come se, da un certo punto della sua carriera in poi, l’esibizione fosse diventata non solo per i suoi detrattori, ma anche per l’atleta stessa, una lunga attesa del momento in cui il ghiaccio avrebbe vinto su di lei, per costringerla a rialzarsi. Federico Moccia avrebbe fatto fortuna giocando sulla metafora di una giovane donna che ha scelto di sfidare il ghiaccio e che cade e per poi rialzarsi tenacemente.

E all’improvviso arriva Sochi. La telecronista di Sky si limita ad emettere delle urla apprensive ogni volta che Carolina porta a termine correttamente un salto. I primi sono sicuri ed eleganti. Poi le gambe iniziano a sentire la fatica e sbanda, perde per un momento la sua grazia, ma resta sempre in piedi. E quando i salti finiscono, ecco che capiamo forse per la prima volta cos’è capace di fare sul ghiaccio Carolina, quando il ghiaccio non fa più paura.

Dicevamo, caro Moccia?

Immagine|giornaledelgarda.info

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