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Il calcio inglese come modello. Oppure no?

calcio inglese

Tifosi dell'Everton al sole. | @dailystar.co.uk

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Tifosi dell’Everton baciati un po’ troppo dal sole | @dailystar.co.uk

Se volevate fare un affare siete in ritardo. Mentre leggete queste righe, nel Regno Unito Sky e BT Sport hanno sottoscritto da mesi un accordo triennale (2016-19) con la Premier League per i diritti televisivi della massima serie del campionato di calcio inglese: 5.13 miliardi di sterline, circa 7.25 miliardi di euro per un totale di 168 partite trasmesse in diretta. L’offerta, accettata lo scorso febbraio, è più corposa del 70% rispetto al bottino 2013-16, che aveva assicurato al campionato più seguito e ricco al mondo un piatto da 3 miliardi di sterline. E se la BBC sfilerà dal portafogli altri 204 milioni di sterline per gli highlights 2016-19, al giro d’affari vanno aggiunti i ricavi per le dirette dei match all’estero – Medio Oriente e Nord Africa in testa – ovvero altri 2 miliardi di sterline. Pensate: in Italia Sky ha versato alla Lega calcio 572 milioni di euro per i diritti televisivi di tutti i match della Serie A, triennio 2015-18.

Il costo dei diritti televisivi della Premier League dal 1992 |@bbc.com

Non c’è da girarci intorno: come prodotto il football del Regno Unito attira sempre di più, e funziona. Ma oltre a un’organizzazione studiata ed efficiente, il calcio inglese gode di sfide ricche di fascino e tradizione, le cui storie ormai attirano appassionati e tifosi da tutto il mondo. Per saperne di più abbiamo chiesto a Luca Garino e Indro Pajaro, autori del recente libro Local derbies in the Uk. Derby e rivalità nella terra di sua maestà (Urbone publishing), perché prendere un aereo  e recarsi a Londra, Newcastle o Manchester per un match può rivelarsi un’esperienza esaltante per un appassionato di calcio e, naturalmente, di tifo.

Come nasce l’idea di un libro sui derby del Regno Unito?
L: Nasce da una serie di approfondimenti sulle rivalità nel calcio britannico che un paio di anni fa iniziammo a curare sul sito Te La Do Io L’America, in una rubrica intitolata English Football Rivalries. In ogni capitolo c’era una rivalità, e dopo vari apprezzamenti in rete un ragazzo ci consigliò su Facebook di farne un libro.

I: Fu un’illuminazione: interrompemmo la pubblicazione online dei pezzi per timore che ci venissero “rubati” e iniziammo una fase di revisione e aggiornamento dell’opera. Nel novembre 2014 contattammo la casa editrice Urbone Publishing che diede approvazione al progetto pochi mesi più tardi.

Siete stati nel Regno Unito? Se sì, raccontateci un aneddoto.
L: Io ho visitato due volte Liverpool.

La “Kop” ad Anfield, Liverpool

I: Sono stato nel Regno Unito più volte: Galway, in Irlanda, due volte Londra e una a Liverpool, con Luca, per raccogliere materiale inedito sulla strage di Hillsborough, il tema della mia tesi di laurea triennale. La Liverpool di oggi è diversa da quella precedente gli Anni Duemila, caratterizzata da delinquenza e povertà. È affascinante, vivace, giovanile. Vogliamo raccontare due aneddoti. Il primo capitò a Luca ad Anfield: il suo amico Kevin, mentre camminavano verso lo stadio, disse che stavano per vedere la cattedrale del calcio. Come dargli torto? Il secondo riguarda entrambi ed è accaduto lo scorso febbraio quando andammo insieme nella città, dove peraltro vedemmo Liverpool-Manchester City. Atterrati a Manchester ci rechiamo allo sportello per cambiare gli euro in sterline; l’impiegato, notando il nostro accento italiano, ci domanda: “Dove andate di bello ragazzi?”. Rispondiamo di essere diretti a Liverpool e lui controbatte: “È una brutta città, con una pessima squadra e gente cattiva”. Non abbiamo potuto che sorridere e terminare il siparietto con un tipico “Have a good day”.

Parliamo di football. Il modello del calcio inglese è un riferimento internazionale: quanto sarebbe replicabile in Italia?
I: Penso sia impossibile, principalmente per un motivo: loro risolvono i problemi, noi cerchiamo di accantonarli e passare oltre. Tessera del tifoso e divieti di trasferta in Inghilterra non esistono, sostituiti da politiche che colpiscono il singolo individuo colpevole e non la collettività. Inoltre, nel nostro Paese siamo ancora vittime di scandali legati a intercettazioni e Calcioscommesse da cui difficilmente ci libereremo finché certi personaggi rimarranno a capo dei principali organi sportivi. Il modello inglese, poi, non è così perfetto come potrebbe sembrare: molte squadre hanno bilanci in negativo e sono a rischio fallimento.

L: Un altro aspetto poco lodevole è il numero ridotto di giocatori inglesi che militano in Premier League, ragione alla base dei pessimi risultati della Nazionale. Riteniamo che il modello migliore sia quello tedesco: si tiene conto dei tifosi, i prezzi dei biglietti sono accessibili, gli stadi sono belli e pieni e si dà molto spazio ai giovani calciatori locali.

Tre pregi e tre difetti del modello del calcio inglese.
L: Tra i pregi direi la certezza della pena per chi sbaglia allo stadio, gli impianti sempre pieni e le iniziative per invogliare i tifosi a seguire la squadra in trasferta.

I: Difetti: prezzi dei biglietti altissimi e ingiustificabili, eccessivo strapotere delle televisioni, perdita della tradizione e del fascino a causa dell’avvento sempre maggiore di giocatori e proprietari stranieri.


In Inghilterra il sabato alle 16 le partite si seguono solo allo stadio, in Italia si trasmette tutto. Il tifoso italiano è più “televisivo”, meno disposto a seguire di persona la squadra, o questa è una conseguenza dell’offerta TV?
I: Credo che la risposta sia nel mezzo, ma bisogna riconoscere una maggiore propensione degli inglesi a seguire ovunque sia il proprio club che la Nazionale. Certo, il fatto che il sabato alle 16 non siano trasmesse partite in TV ha una certa influenza; eppure nemmeno i prezzi folli dei biglietti sembrano far desistere i tifosi dall’andare allo stadio.

L: In Italia abbiamo un calcio che non piace più, noioso e soprattutto praticato in stadi vecchi e fatiscenti che molte volte vengono snobbati in favore della comodità di una poltrona, una televisione HD con moviole e highlights a portata di mano. La consolazione? Il fatto che da noi i biglietti non costino come in Inghilterra, altrimenti gli stadi sarebbero davvero vuoti. 

Tifosi del Manchester United in trasferta | @twitter.com

Secondo una ricerca della BBC, in Premier il prezzo medio dei biglietti più economici è di £ 21,4: dal 2011 sarebbe aumentato di due volte rispetto al costo della vita. Che fine fanno i ceti meno abbienti, originari appassionati di questo sport?
L: La working class sparisce, soppiantata dall’avvento della TV e dall’aumento considerevole del prezzo dei biglietti per scoraggiare il fenomeno hooligan, sebbene il rapporto Taylor avesse raccomandato di mantenere i ticket a prezzi popolari. La classe operaia ha lasciato lentamente spazio alla media e alta borghesia, per le quali il football è puro entertainment dai connotati dello show business. Sulle gradinate di squadre come Manchester United, Manchester City, Chelsea o Arsenal troviamo sempre più turisti stranieri – emiri, giapponesi, scandinavi – che possono permettersi un biglietto salatissimo per un match di fascia A; oppure, ancora, esponenti di grandi multinazionali che affittano uno dei tanti corporate box presenti in tutti gli stadi d’Oltremanica al prezzo di 3mila sterline l’uno tramite le compagnie per le quali lavorano.

I: Da questa impietosa situazione salviamo le realtà della Football League e di Conference, le serie calcistiche dove sopravvive ancora il tifo all’inglese vecchio stampo. Tutto questo nasce dal presupposto che il calcio è dei tifosi e senza di loro l’esistenza di questo sport non avrebbe senso. A Liverpool abbiamo assistito anche a una protesta congiunta dei tifosi Reds e Citizens contro questa situazione. È un fattore che riguarda tutti i club, ma alla FA importa vendere i biglietti.


Parlavate di hooligans: il Regno Unito ha risolto il problema della violenza legata al calcio?
I: No. Stadi e zone circostanti sono tappezzati da telecamere, ma lo stesso non può dirsi di parcheggi, parchi e luoghi isolati dove gruppi di hooligans pianificano ancora scontri lontano da occhi indiscreti. La storia che essi siano stati sconfitti è uno dei tanti miti che circonda la figura del tifoso violento inglese, in alcuni casi tornato negli stadi dopo aver detto addio ad anni di violenze e risse.

L: Gli scontri tra le varie firm del Regno Unito sono più frequenti di quel che si pensa. All’estero poi i gruppi hooligans si scatenano e fanno ciò che è proibito nella Terra d’Albione.

In Inghilterra andare in trasferta non è mai vietato. Come si è riusciti a ridurre il numero di episodi di violenza senza l’introduzione di una tessera del tifoso?
I: Due cose: prevenzione e una certa dose di repressione. Hanno fatto capire ai tifosi che puoi sbagliare anche una volta sola, ma quando accade passi una notte in cella, subisci un processo per direttissima e becchi un ban (l’equivalente della nostra diffida ndr) fino a dieci anni. La Thatcher cercò di introdurre una sorta di tessera del tifoso negli Anni ’90, ma l’esperimento si rivelò un vero fallimento che non migliorò la situazione e si risolse in un numero irrisorio di violenti fermati.

L: Inoltre, in Inghilterra i biglietti non sono nominali e ai tornelli non esistono controlli né poliziotti, al massimo qualche steward. Nessuno si sognerebbe mai di vietare una trasferta ai tifosi; con tutte le telecamere che ci sono negli stadi è più semplice riconoscere chi trasgredisce le regole.

Se volessimo assistere allo stadio a uno dei derby presenti nel vostro libro, quale ci consigliereste?
L: Con tutte le precauzioni del caso, perché davvero si rischia la vita, direi Celtic-Rangers, il derby di Glasgow. Non esiste un solo aspetto condiviso da queste due squadre totalmente opposte. I primi cattolici, filo-irlandesi e indipendentisti; i secondi protestanti, filo-inglesi e lealisti.

I: Celtic Park e Ibrox sono due stadi con un’atmosfera pazzesca, da pelle d’oca. Potete capire che la partita in sé passa in ultimo piano ed è anche per questo che il derby scozzese è assolutamente il più affascinante. 

Tifosi Celtic durante l’Old Firm | @onestep4ward.com

Cosa invidieranno per sempre i tifosi britannici all’atmosfera di un derby italiano e viceversa?
L: Loro ci ammireranno per sempre le magnifiche coreografie create con bandiere, striscioni, teli, fumogeni e bengala, nonché l’organizzazione del tifo in questo genere di partite.

I: Noi, invece, rimarremo esterrefatti dalla tradizione, la storia e la cultura che si cela dietro ognuno dei tantissimi derby in terra inglese, la pazzesca partecipazione di tutti i settori dello stadio nell’intonazione dei cori e la carenza di rivalità che vadano oltre i risultati prettamente calcistici.

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