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Brasile 2014, lo scempio Rai in salsa mondiale

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L’imbarazzo è nell’aria. Sempre e comunque. E non tanto per ciò che ha combinato la nostra Nazionale in Brasile (non mi compete), quanto per come il servizio pubblico ha accompagnato, ancora una volta, la spedizione sudamericana. Gli speciali della Rai Tv si trascinano come al solito tra la vetustà grafica, contenutistica e… umana: Varriale, Fusco, Gentili, Volpi, Bartoletti. Bentrovati, signori: non ve ne perdete una.

Partiamo dal fatto più importante: la spedizione della Rai ha subìto tagli (più o meno) drastici. Piccolo studio in Brasile con fissi i già citati Jacopo Volpi e Bruno Gentili, oltre al redivivo Eugenio De Paoli e, beffa delle beffe, Matteo Materazzi.

Uno che, tanto per dire, fratello del campione del mondo 2006 Marco, ha vissuto di riflesso la bella vita non facendosi mancare, tra le altre cose, la figura del belloccio a Quelli che il calcio nell’era Ventura. Poi la redenzione e il patentino da agente dei calciatori. Quindi questa figura da mezzo mago Otelma con vista mercato. Un disastro.

Alla fine il buon Marco Mazzocchi, esagerato e autoreferenziale fin che vuoi, ha accompagnato meglio di tutti gli altri i pre e post partita nelle gare dell’Italia. Sia ben chiaro: ci vuole poco ad esser meglio del gruppo cariatide, ma non era scontato per il classe ’66 rientrare così nei ranghi dopo le esperienze all’Isola dei Famosi e in altri contenitori extra calcio. La verve, insomma, l’avrà probabilmente ereditata da lì. Il ritmo pure. Peccato che nessuno ne abbia preso minimamente esempio.

Ma, in fin dei conti, diciamoci la verità: siamo pronti a giustificare tutti… di fronte ad Enrico Varriale. Uno che ha condotto per anni Stadio Sprint prendendosi i “vaffa” più condivisi nella storia del calcio in tv, uno a cui è stato ridato in mano il glorioso format del vecchio Processo del Lunedì (rovinato), attualizzato anche in occasione dei Mondiali (rovinato bis).

E che, al termine di una puntata che si snoda tra le tragiche condizioni di Ciro Esposito e l’eliminazione dell’Italia, riesce a regalare ai telespettatori una chiusura degna delle più desolanti puntate di Sottovoce: uno strimpellatore con tanto di chitarra triste che si alterna alle immagini dal Brasile in dissolvenza. Anni ’50, forse. Non ce lo meritavamo. No, non ce lo meritavamo.

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