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Appunti sull’identità ucraina

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@Maggie’s Nikon D40

Tempi difficili per l’Ucraina. Inquietanti anche per noi. E non solo per le nostre (provvidenziali) badanti ucraine. C’è di mezzo un popolo e la sua libertà. E il destino dell’Europa, con la sua promessa ”mai più guerre”.

Non voglio parlare qui di politica, di società o di diritti negati. Vorrei solo raccontare il mondo popolare ucraino, gli usi e costumi. Quelle cose semplici che tengono unito un paese e crescono con lui.

Cominciamo dalla ”foto segnaletica” internazionale di una nazione: la sua bandiera. Quella ucraina consta di due semplici linee sovrapposte, l’azzurro del cielo a sovrastare il giallo del frumento, così tanto coltivato da guadagnare al paese l’appellativo di ”granaio d’Europa”.

È particolarmente difficile per noi distinguere quello che è ucraino da quello che è russo. I rapporti tra i due mondi sono sempre stati difficili. Anche perché l’Ucraina occupa una zona geograficamente strategica, tra l’area baltica e quella del Mar Nero, prezioso diaframma tra l’oriente misterioso e il vivace Mediterraneo. è qui che nasce, nel IX secolo, la mitica Rus’ di Kiev, culla di ogni russitudine.

Così la ”terra di margine” (tanto significa Ucraina) riesce nel miracolo di coagulare tribù slave, baltiche e asiatiche in un unico centro di potere. Nomadi, mercanti, avventurieri, che però pensano bene di convertirsi presto al Cristianesimo. Una mossa europeista, con secoli d’anticipo.

Gli ucraini, oltre che tra nord e sud, sono stati da sempre anche un tramite tra est e ovest, con gli inesausti appetiti della Madre Russia a guardare con cupidigia questa terra di sterminate, fertilissime pianure. E la storia si ripete oggi. Le atrocità dell’holodomor, la terribile carestia che gli stalinisti inflissero agli agrari ucraini, non sono ancora abbastanza famigerate nel mondo.

Ma quando ci accostiamo a un popolo, di solito all’inizio vogliamo captarne soprattutto le note positive, rasserenanti, ciò che ci induce ora a occuparcene, un domani magari a visitarlo: non tutto il ”folkloristico” è paccottiglia. E il culmine della piacevolezza ucraina, per uno straniero, risiede nella loro festa pasquale.

Crocevia burrascoso di popoli e di culture, la terra ucràina (così l’aggettivo, mentre il sostantivo si pronuncia Ucraìna: me lo ha rivelato una signora di Leopoli) lo è anche di culti. Prevale il cristianesimo ortodosso, ma ci sono anche cattolici di rito orientale e di rito latino.

Dicevamo della Pasqua, la festa ortodossa più importante. Sono i giorni delle coloratissime pysanky, le uova decorate a mano con cera d’api e poi immerse nella tintura, e che vengono donate a parenti ed amici. Tanto importanti nel mondo ucraino, che alcuni credono che il mondo esisterà finché ci saranno i pisanky.

La tradizione dello scambio delle uova ha un fondamento pre-cristiano, erano un simbolo di fecondità primaverile, e solo poi furono interpretate come segno della resurrezione di Cristo. Questa loro funzione è presa molto sul serio dagli ucraini, che stigmatizzano un po’ il nostro uovo di cioccolato (molto più recente), in quanto segno di consumismo.

Il profondo senso del sacro degli ucraini, o quello che è rimasto, si manifesta anche quando muore qualcuno; in segno di rispetto è vietato festeggiare alcunché per almeno 40 giorni, ma subito dopo il triste evento si organizza un banchetto il più possibile ricco.

A  proposito, la cucina ucraina, invero poco conosciuta, si basa sul borsch, una zuppa di barbabietole con altri ortaggi e verdure, sui vareniki, sorta di panzerotti dolci o salati che vengono consumati come snack, e soprattutto sul lardo (salo).

Il lardo è un po’ la fissazione degli ucraini, spesso caricaturati in abito da cosacco a rimpinzarsi di vodka e lardo. Già, i cosacchi: con le loro musiche, le fiere danze accovacciati a braccia conserte, il senso di bellicosa autonomia.

Oggi in Ucraina si parla sia il russo che la lingua indigena, ma molti ucraini (specie nelle zone occidentali) non si sentono affatto russi. Anzi, tengono a precisare che molti elementi dell’identità russa – i pisanky, lo spirito cosacco, le chiesette di legno, le icone – sono in realtà di matrice ucraina.

Una ragione in più per non ritenere legittimo l”’abbraccio fraterno” della Russia di Putin.

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