Unione Europea a fine legislatura: tempo di bilanci7 min read

19 Aprile 2014 Europa -

Unione Europea a fine legislatura: tempo di bilanci7 min read

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Unione Europea a fine legislatura
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Unione Europea a fine legislatura: cinque anni di lavoro sono terminati con la settimana appena trascorsa. Il Parlamento europeo ha chiuso la propria legislatura con la sessione Plenaria, momento a cadenza mensile in cui l’assemblea democratica dell’Unione si sposta da Bruxelles alla sede di Strasburgo e vara nel suo plenum tutti i provvedimenti arrivati a maturazione, dopo i lavori nelle commissioni parlamentari e i negoziati con il Consiglio.

Le Direttive e i Regolamenti (le “leggi europee”) votati nella Plenaria del Parlamento sono pronti a ratifica formale del Consiglio, cui segue la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea e, 20 giorni dopo, l’entrata in vigore per 28 Stati e 500 milioni di cittadini. Quella di aprile 2014 è stata l’ultima sessione Plenaria, perché il 25 maggio si vota per il rinnovo degli eurodeputati.

Come noto, la legislatura europea che volge al termine è stata incentrata sul porre rimedio alle cause che hanno condotto alla crisi finanziaria prima, a quella del debito sovrano degli Stati membri poi e – infine – a quella dell’economia reale. È stata una tornata difficile, eccezionale per altezza e gravità della sfida. È stata una legislatura di regole, da rinnovare o instaurare ex novo. La prossima, stando ai programmi e ai proclami, sarà la legislatura della crescita e dell’occupazione. Quest’ultima non potrebbe esistere senza la precedente, impossibile condurre politiche per la crescita senza la previa messa in sicurezza del sistema.

In quest’ottica, il lavoro dell’Europa è stato fondamentale. La Commissione ha prodotto normative di intensità e portata senza precedenti, riforme a tutto campo in tema di banche e finanza. La pressione dell’opinione pubblica era altissima in tal senso. L’esecutivo europeo ha dunque proposto 75 (fra Direttive, Regolamenti, Comunicazioni e Raccomandazioni) “disegni di legge” su questi temi e affrontato più di 400 casi di aiuti di Stato al sistema finanziario dei paesi UE. Il Parlamento è stato investito da questa ondata e – in negoziato con il Consiglio, organo che rappresenta i Governi UE – ha sfornato il prodotto finale con tempistiche record, ultimando l’architettura complessiva proprio la settimana scorsa.

Unione Bancaria, rivoluzione a tempo di record

ll 15 aprile è stato ufficialmente varato il risultato più importante che l’Europa trova dopo la crisi: l’Unione Bancaria.

Questa creazione si base su tre pilastri, due dei quali del tutto rivoluzionari. Primo, vigilanza bancaria unificata a livello europeo, affidata alla BCE, che supervisionerà direttamente i 130 gruppi bancari più importanti della zona euro e, indirettamente, tutte le restanti 6000 banche attive nei paesi che adottano la moneta unica. Secondo, il sistema unico di risoluzione delle crisi bancarie, in virtù del quale le perdite degli istituti di credito saranno pagate da essi stessi e non dai cittadini: fino all’8% del passivo del bilancio a rimetterci saranno azionisti e creditori (obbligazionisti junior e poi senior, compresi in ultima istanza i depositanti al di sopra di 100.000 euro). Se ciò non bastasse a tamponare la crisi, interverrà un fondo di risoluzione, pagato dalle banche. Questo fondo avrà, in un arco di 8 anni, una dotazione di 55 miliardi e sarà europeo, mutualizzando le risorse delle banche della zona euro per fare fronte comune davanti a possibili crisi. Solo se anche questo non bastasse, si potrà ricorrere alle finanze pubbliche. Terzo, è istituito un fondo di garanzia dei depositanti, in cui – seppur a livello nazionale, cioè un fondo per ogni Stato, ma con regole armonizzate e uguali in tutta Europa – le banche verseranno contributi che consentiranno, in caso di fallimento, di restituire in 7 giorni il denaro ai depositanti fino ai 100.000 euro.

Per i meno interessati agli aspetti di contenuto, rimanga un fatto: dopo lo tsunami di Lehman Brothers nel 2008, e ciò che ne è seguito e di cui oggi ancora piangiamo, con l’Unione bancaria l’Europa risponde che le banche possono fallire e che le perdite di tale fallimento devono essere sopportate dalle banche stesse e non dai cittadini mediante esborso di finanze pubbliche. Chi non vede l’enormità di questo cambiamento, deve urgentemente cambiare oculista, o farsi esame di coscienza. Singolare, infatti, che nelle campagne elettorali nessuno dica che tutto ciò è merito dell’Europa. Meglio, evidentemente, dare addosso alla fantomatica Europa dei banchieri.

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I meriti dell’Europa, le colpe degli Stati

La portata di questo risultato è palese. Tuttavia è corretto non usare toni trionfalistici, perché si potevano raggiungere livelli ancora superiori. Se ciò non è avvenuto, però, lo si deve non a lassismo o mancanza di visione dell’Europa, che con le sue istituzioni ha spinto a più non posso sull’acceleratore delle riforme, bensì all’opposizione degli Stati membri, riuniti nel Consiglio, che di fronte a tale spinta hanno fatto muro, e non solo la Germania.

Se si considera questo, se si considera che nell’UE ogni iniziativa deve essere negoziata a 28, il risultato raggiunto è davvero insperato. Non bisogna temere di affermarlo, soprattutto in questo momento in cui tutti parlano di Europa e molti a vanvera: quasi tutto ciò che di buono e rivoluzionario queste riforme portano arriva dall’Europa, mediante l’idea iniziale della Commissione e con la correzione dell’organo democratico che rappresenta i cittadini, il Parlamento. Tutto ciò che ha impedito migliori risultati, deriva dai timori, gelosie e egoismi degli Stati membri, sempre restii a cedere sovranità e a creare solidarietà.

Questa considerazione induce necessariamente a due riflessioni, una di carattere istituzionale e una di carattere politico. Innanzitutto, appare evidente che, nell’architettura costituzionale dell’UE, il bilanciamento di poteri fra istituzioni (Commissione, Parlamento, Consiglio) vede un ruolo troppo fondamentale del Consiglio, che riflettendo interessi di parte nazionale, tende a smontare i disegni europei che arrivano dalla Commissione. Allo stesso tempo, proprio per questo, si rileva il ruolo assolutamente imprescindibile del Parlamento europeo. Quest’ultimo ha – nell’approvazione di regolamenti e direttive – lo stesso peso del Consiglio. Devono accordarsi su un testo comune o la “legge” non si approva. Questo, ad esempio, ha consentito che il sistema unico di risoluzione delle crisi non fosse fatto a pezzi dagli Stati nazionali, ma proprio grazie al fermo piglio del Parlamento (con la socialista portoghese Elisa Ferreira a guida del negoziato) mantenesse spirito il più possibile europeo, unitario.

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Parlamento Europeo, un soggetto indispensabile

Ed ecco la seconda considerazione, politica, conclusiva. Non esiste l’Europa dei burocrati e dei banchieri così come alcuni la raccontano. L’Europa è animale eminentemente politico, tanto quanto gli Stati nazionali. E ai banchieri – provate a fare due domande in giro – negli ultimi anni ha fatto venire i capelli bianchi, cosa che gli Stati nazionali si sognano di fare, perché in scacco di poteri. Le lobby (termine perlopiù vuoto di ogni significato) hanno il vero potere nei confronti degli Stati, non di Bruxelles. È proprio Bruxelles il luogo in cui si può, se si vuole, scavalcarle.

Le imminenti elezioni per il Parlamento europeo, pertanto, hanno importanza epocale, perché gli eurodeputati hanno un compito più importante degli eletti nei parlamenti nazionali, che eseguono le decisioni dei primi. è a Bruxelles che si decide e a Bruxelles c’è un organismo democratico fondamentale per il bene di tutti i popoli europei. Perché gli europarlamentari non fanno l’interesse di un Paese, ma dell’intera Unione. Solo facendo questo, solo facendo l’interesse generale, in quella sede, si fa anche l’interesse locale, fino alla dimensione più piccola. Le due cose non sono in contraddizione – come si vuole far credere – e i risultati sopra descritti lo dimostrano. Abbattere le barriere, creare diritti, opportunità, sviluppo per tutti. Questa la missione del Parlamento europeo. Bisogna augurarsi che andando a votare per le europee, gli elettori abbiano ben chiaro di esprimere il loro voto nell’elezione più importante per il loro futuro, ben oltre quanto viene loro rappresentato falsamente e dolosamente da alcuni politici inetti.

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Milano, Dublino, Londra e Bruxelles. Specializzato in diritto bancario, dei mercati finanziari e dell'Unione europea, collaboro con le facoltà di Economia e Diritto di alcune università europee.
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