Un futuro senza Speranza4 min read

2 Gennaio 2014 Politica Politica interna -

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Io penso che D’Alema abbia dato tanto a questo paese, lo abbiamo visto in questi giorni, lo abbiamo visto quando ha fatto il Presidente del Consiglio in questo paese e difendo fortemente…assolutamente per quello che ha fatto e io ritengo,  ve lo dico con assoluta chiarezza, che spesso ci siano delle responsabilità fortissime del sistema mediatico in questo paese…nel buttare benzina sul fuoco di un corto circuito tra politica e magistratura.

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Era il 20 dicembre 2007 e l’allora ventottenne Roberto Speranza, già presidente nazionale della Sinistra Giovanile, pronunciava queste parole ad Annozero. Nella trasmissione si parlava del caso Forleo e del caso Bnl-Unipol che aveva visto coinvolti i massimi dirigenti dei Ds.

Che cosa spingesse un ragazzo a spendersi nel ruolo dell’avvocato difensore di una delle figure peggiori del panorama politico italiano sarebbe stato chiaro qualche anno dopo. Perché oggi, Roberto Speranza di anni ne ha 35 ed è capogruppo del Partito Democratico alla Camera dei Deputati. Nel suo nuovo ruolo non ha perso occasione per dimostrare quanto appreso nella lunga gavetta tra le fila del partito. Sull’ineleggibilità di Berlusconi ha sempre ribadito come la linea del gruppo fosse quella di sostenere che la norma relativa ai titolari di concessioni amministrative non fosse applicabile al Cavaliere. In attesa della sentenza Mediaset, che varrà una condanna definitiva per Silvio Berlusconi, Speranza ha ribadito fino all’ultimo come il compito della politica fosse quello di aspettare serenamente il verdetto della magistratura e di rispettarlo, come se fosse sempre necessario il timbro su una carta bollata per determinare i torti e le ragioni e come se la politica non avesse tempi propri, più celeri di quelli della giustizia e regole di giudizio più stringenti di quelle del processo penale. Il solito finto garantismo a tutela dell’impunità e, ancora una volta, la difesa del più forte.

Dalla parte delle lobbies

Negli scorsi giorni però, le cronache politiche si sono nuovamente occupate di Speranza in qualità di primo firmatario di un emendamento alla legge di stabilità volto a fissare un tetto massimo di 150 mila euro per il cumulo tra redditi da pensione e redditi da lavoro per i dipendenti pubblici. L’emendamento è stato successivamente modificato e il limite fissato a 294 mila euro grazie al pressante lavoro di un lobbista, come denunciato con tanto di video dai deputati del Movimento 5 Stelle.

L’attacco in aula non è stato gradito dall’onorevole Speranza che non ha risposto nel merito, ma si è limitato a rilanciare accuse contro quella che è la sua ossessione del momento, i grillini.

L’intervento del capogruppo del Pd è stato meschino e squallido, enfatizzato dall’arroganza tipica di chi non ha argomenti. Considerare la lista dei giornalisti sgraditi di Grillo «una vergogna peggiore dello squadrismo del ventennio» è una stupida esagerazione e sostenere in occasione del voto sulla legge di stabilità che «c’è un partito dello sfascio, lo ascoltino bene gli italiani che ci sentono in diretta, Berlusconi e Grillo a braccetto oggi votate insieme, voi oggi votate nello stesso modo per affossare l’Italia, ma non passerete non passerete mai» lanciando ai 5 stelle l’accusa di connivenza con Berlusconi è ridicolo. Specie se si considera che l’accusa è mossa da chi con Berlusconi ha governato fino ad un quarto d’ora prima. Ancora, due giorni fa, sulle pagine di Repubblica Speranza ribadisce come «in alcuni passaggi sembrava che Brunetta fosse il capogruppo anche dei 5 stelle» e come si sia in presenza di una opposizione non solo al governo, ma alle istituzioni in generale che determina uno scenario che può essere arginato solo dalle forze autenticamente democratiche come la sua. Non manca poi, la solita strenua difesa al Capo dello Stato, figura diventata, a quanto pare, sacra e inviolabile al pari del Papa. Ancora una volta, insomma, il capogruppo Pd si schiera a difesa del potere.

Il nuovo che avanza

Roberto Speranza non è un renziano e deve anzi la sua nomina al fatto di essere  legato a Bersani. Tuttavia, è comunque uno dei giovani della classe dirigente del Pd, un anziano giovane del Pd come venne definito. C’è da chiedersi, dunque, se si possa ottenere il rinnovamento attraverso la mera sostituzione della precedente classe dirigente con i ragazzi che alla corte di quei dirigenti sono cresciuti condividendone le logiche, con la sola ambizione di prenderne un giorno il posto nella gestione del potere. Speranza è a suo modo l’esempio del valore delle nuove leve del Pd e la sintesi delle caratteristiche necessarie per fare carriera nel partito.

Immagine| IL FOGLIO

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L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio. (Italo Calvino)
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