A Tor Sapienza la guerra tra poveri non c’entra un cazzo6 min read

15 Novembre 2014 Politica Società -

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Sociologo

A Tor Sapienza la guerra tra poveri non c’entra un cazzo6 min read

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tor sapienza guerra tra poveri

Scrivo questo articolo per cercare un equilibrio. La vicenda di Tor Sapienza tocca le corde della mia rabbia per le dosi di umiliazione che nel mio paese continuiamo a infliggere a persone che facciamo annegare in mare, sfruttiamo nei campi di arance per poi mandarli via a bastonate, strumentalizziamo per qualche slogan mediatico o per puro godimento elettorale.

E per il modo mainstream di narrare questa e altre vicende: una guerra tra poveri, dove due componenti esasperate e ugualmente irresponsabili si scontrano più o meno quotidianamente. Per me, come da titolo, a Tor Sapienza la guerra tra poveri non c’entra un cazzo. Ci torneremo alla fine.

Allo stesso tempo i fatti di Tor Sapienza interrogano la mia curiosità umana e sociologica per i contesti in cui le azioni si svolgono e le biografie di chi le compie. Non avendo accesso a queste ultime, provo a capire qualcosa di più sul contesto di Tor Sapienza, per poi tornare alla mia rabbia.

Tor Sapienza: come siamo arrivati a questo punto

A Tor Sapienza vivono circa 13 mila persone, anche se trovare dati è difficile, la zona è divisa tra il Municipio IV e il Municipio V di Roma, e i dati sono disponibili per municipio, ed hanno quindi scarsa utilità. Molte informazioni sono perciò riportate dallo speciale che il giornale online abitarearoma.net dedica alla questione Tor Sapienza e alle periferie romane in generale.

Da una ventina di anni la zona vive di attese e abbandoni, e nel frattempo ha accumulato focolai di convivenza e tensione (dipende dai momenti e dai punti di vista) non da poco.

Caso emblematico è la vicenda del campo Rom, la cui storia ci aiuta a capire come politiche sciagurate e fatte solo per ritorno mediatico portino risultati disastrosi ai margini delle città. Il campo fu aperto negli anni novanta, in accordo tra il Comune di Roma allora governato da Rutelli e il comitato di quartiere di Tor Sapienza. Furono alloggiate 20 famiglie, poi però il Comune sparì e la situazione peggiorò fino a diventare insostenibile per effetto della politica insensata della giunta Alemanno, che a un certo punto ci diede dentro di brutto con gli sgomberi per far contenti i media e fingere di fare qualcosa per “la sicurezza”. Il risultato fu che moltissime famiglie sgomberate si riversarono nel campo di Tor Sapienza che divenne così sempre più ingestibile, causando frizioni con i residenti delle zone limitrofe.

È dentro queste sciagure politiche che germoglia il consenso verso figure che poi ci vanno a nozze, dai Borghezio e Salvini in calata dal nord ai vari leaderuncoli neofascisti di periferia. È bizzarro come ora Alemanno si affacci alla manifestazione odierna che alcuni giornali hanno pericolosamente denominato “Marcia delle periferie”, quando si tratta di un corteo organizzato e capeggiato dall’estrema destra cittadina.

Il quartiere ospita anche un edificio occupato da anni da rifugiati prevalentemente somali. Anche qui ci troviamo di fronte al risultato di politiche (abitative, sociali, di accoglienza) del tutto inadeguate a dare risposta ai bisogni delle persone, che vengono poi scaricati, senza alcuna progettualità se non quella anarchica del quotidiano, su aree già di per sé scricchiolanti.

Va detto che, come spesso succede in queste zone di frontiera, c’è anche un grande lavoro in senso costruttivo, da parte di scuole e altre organizzazioni, con i bambini rom e somali che vivono nel quartiere.

Tor Sapienza: i fatti della settimana

In questo contesto si innesta il centro di accoglienza gestito dalla cooperativa Un Sorriso, che ospita 45 minori, 35 stranieri e 10 italiani, che ricevono la più o meno adeguata assistenza prevista dal diritto nazionale ed internazionale in materia. I ragazzi vivono un ambiente difficile, una convivenza forzata anche con altri 36 adulti, in attesa della risposta alla loro domanda di asilo, diritto di ogni uomo sulla faccia della Terra promosso e tutelato da normative internazionali sotto l’egida dell’ONU.

Nella settimana appena trascorsa queste persone hanno subito violenze fisiche e verbali da parte degli “abitanti del quartiere”, questa entità che i giornali dipingono come compatta nel marciare contro lo straniero. In realtà i protagonisti delle aggressioni agli ospiti del centro sono circa 200 (gli abitanti, ricordiamolo, sono 13 mila) e sembra ormai appurato che a trasformare le proteste in guerra aperta agli ospiti del centro, con tanto di lancio di sassi e bombe carta, sia stata la presenza di forze di estrema destra, anche se è ancora da stabilire quanto organizzate. Queste ultime stanno cercando di cavalcare il malcontento per accumulare consenso, in squallida concorrenza (o alleanza?) con il salvinismo di ultima generazione.

Va detto che il collegamento tra le presunte situazioni di violenza avvenute nel quartiere e la presenza del centro di accoglienza appare privo di qualsiasi fondamento. Stando a quanto riportato da molti giornali, non risultano infatti denunce nei confronti di nessuno degli ospiti del centro e anche il mai verificato tentato stupro che avrebbe scatenato le proteste sarebbe stato opera di un uomo rumeno che nulla ha a che vedere con il centro di accoglienza.

Questo dato è interessantissimo dal punto di vista sociologico, ma non serve a nulla al livello dell’azione sociale che, come spesso accade in questi casi, è guidata dalle emozioni, dalle percezioni e dalla vena manipolatoria di chi su queste paure ci marcia per non dover affrontare le proprie, di paure.

In questa confusione è difficile sapere chi parla quando i giornali riportano le parole degli “abitanti di Tor Sapienza”. Chi sarà veramente a dire che se ne devono andare tutti, a urlare bastardi andatevene a 10 ragazzini che tornano in un posto dove si trovavano bene, a dichiararsi insoddisfatto finché tutti non se ne saranno andati “oltre il raccordo”?

Già, oltre il raccordo. Che confini, ragazzi, con cui abbiamo a che fare. Non dimentichiamo anche il ruolo dell’urbanistica in tutto questo: zone delimitate da grandi raccordi anulari e autostrade, con tanto di grandi edifici abbandonati la cui unica speranza di rivitalizzazione è stato il tentativo di trasformarli in grandi spazi commerciali con un’iniziativa in project financing miseramente fallita.

Tor Sapienza: dalla parte degli indifesi

Questo quadro naturalmente non vuole giustificare nulla. L’assalto al centro è un atto di una violenza inaudita e ingiustificabile da qualsiasi presunta situazione di insicurezza. Chi l’ha compiuto per me si è reso protagonista di un gesto barbaro e se c’è una parte per cui provo empatia è senza dubbio quella degli ospiti del centro.

Arrendersi ad una equidistanza confusa e perdente (come quella in cui paiono sprofondate le istituzioni pubbliche) mi sembra altrettanto pericoloso che liquidare la faccenda senza considerare il contesto di cui si nutre. Nascondere il conflitto dietro argomenti come “è la disperazione che fa agire così” o “è una guerra tra poveri” è inaccettabile e da vigliacchi.

Ma quale guerra tra poveri, siamo di fronte a un vero e proprio assalto da parte di un gruppo di persone (probabilmente organizzate da esponenti di estrema destra) contro un altro gruppo ben più indifeso. Che, tra l’altro, alla fine vien fuori che non sarebbe nemmeno un attacco razzista. Ma come no? è totalmente casuale che gli aggressori fossero bianchi italiani alcuni dei quali inneggianti al duce e gli aggrediti neri africani? Perché negare che è un attacco a sfondo palesemente razziale?

Personalmente non trovo in contraddizione la capacità di leggere un contesto, le sue difficoltà e le responsabilità di chi (non) lo ha governato e la necessità assoluta di prendere posizione contro un episodio di violenza razziale gravissimo. Solo chiarendo da che parte stiamo possiamo pensare di trasformare la violenza in conflitto costruttivo.

Immagine | ansa.it

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Sociologo, lavora come progettista e project manager per Sineglossa. Per Le Nius è responsabile editoriale, autore e formatore. Crede nell'amore e ha una vera passione per i treni. fabio@lenius.it
2 Commenti
  1. dav1de

    Il problema è che se da una parte ci sono questi gruppetti di estrema destra che sfruttano il momento, dall'altro ci sono una buona fetta di cittadini italiani che li giustificano e anzi li fomentano. Ignoranza chiama ignoranza: in questo senso c'è una guerra tra poveri.

    • pier

      già: ''una buona fetta di cittadini italiani che li giustificano e anzi li fomentano'', sono quei tranquilli cittadini onesti e moderati che alle prossime elezioni, se non ci svegliamo prima, voteranno in massa i partiti uniti all'estrema destra. C'è un incipiente pericolo che i moderati sposino, per lo più inconsapevoli, idee e pratiche degli estremisti populisti.

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