Storia della Coppa Davis, parte 1: la nascita del mito4 min read

21 Febbraio 2015 Uncategorized -

Storia della Coppa Davis, parte 1: la nascita del mito4 min read

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Uno scatto di Usa-Australia 5-0, valida per il titolo del 1948 | @daviscup

Se scorrete l’albo d’oro dello US Open andando a ritroso fino agli albori del torneo, vi imbatterete in Dwight Filley Davis, finalista in singolare nel 1898 e vincitore di tre prove di doppio consecutive fra il 1899 e il 1901. Qualche anno dopo sarebbe diventato Segretario di Guerra sotto la presidenza di Calvin Coolidge, ma nel tennis il signor Davis ha lasciato un’impronta unica e immortale, perché è proprio da quest’uomo del Missouri che ha origine il più antico campionato a squadre nazionali di ogni disciplina sportiva: la Coppa Davis.

Storia Coppa Davis: agli albori del torneo

E’ il 1899, Dwight Davis è uno studente ventiduenne di Harvard, ha raggiunto la finale ai campionati americani e insieme ad altri tre membri della squadra di tennis dell’università decide di sfidare la squadra britannica in un rivoluzionario torneo a squadre. La risposta degli inglesi è positiva ed è lo stesso Davis a ideare la formula del torneo, pagando persino di tasca propria la commissione per un trofeo d’argento da assegnare alla squadra vincitrice che verrà forgiato da un gioielliere di Boston. L’8 agosto del 1900, sul campo in erba del Longwood Cricket Club di Boston, gli Stati Uniti di Davis, Holcombe Ward e Malcolm Whitman sfidano le Isole Britanniche rappresentate da Ernest Black, Herbert Roper Barret e dal futuro tri-campione di Wimbledon Arthur Gore. La formula ideata da Davis è semplice: si giocano due singolari la prima giornata, il match di doppio nella seconda e i due singolari conclusivi nella terza, per un totale di cinque incontri. La squadra che riesce a vincere tre sfide su cinque si aggiudica il trofeo.

In realtà nella prima edizione assoluta bastano i primi tre match: con il successo della coppia Davis/Whitman su Black/Barrett gli americani chiudono i conti già con il doppio trionfando in quello che all’epoca nasce come “International Lawn Tennis Challenge” e diverrà Coppa Davis solo nel 1946. E’ l’inizio di un percorso lungo oltre 110 anni.

Nel 1904 entrano in gioco anche Francia e Belgio e un anno dopo fanno la loro prima apparizione anche Austria e soprattutto la rappresentativa oceanica che unisce Australia e Nuova Zelanda nella cosiddetta Australasia. Saranno proprio australiani, americani e britannici a spartirsi il trofeo fino alla metà negli anni ’20, mentre il campo di partecipazione continua ad ampliarsi e la formula viene rivisitata: da una parte la “Zona America” e dall’altra la “Zona Europa” (anche se la composizione dei due gruppi non sempre rispecchia l’appartenenza geografica), con le vincenti dei due blocchi a sfidarsi per determinare la finalista per il Challenge Round contro la detentrice del titolo. Il dominio delle tre nazioni anglofone dura fino al 1926 e dopo due finali perse consecutivamente inizia l’era della Francia dei Quattro Moschettieri: Jean Borotra, Jacques Brugnon, Henri Cochet e Rene Lacoste si impongono in trasferta contro gli Stati Uniti nel 1927 e nei cinque anni successivi difendono il titolo sulla terra di Parigi per un totale di sei titoli consecutivi. Alla striscia vincente francese segue quella britannica dal 1933 al 1936, prima dell’inizio dell’egemonia australo-americana che dal 1937 al 1973 segnerà la competizione.

Nel frattempo però il tennis sta cambiando, nel 1969 inizia l’Era Open e la Coppa Davis arriva ad ospitare ben 50 nazioni partecipanti. Sempre nel ’69 si gioca la prima finale del trofeo su una superficie che non sia terra o erba, con gli Stati Uniti di Arthur Ashe e Stan Smith che fanno un sol boccone della Romania di Ilie Nastase e Ion Tiriac sul cemento dell’Harold Clark Courts di Cleveland. Nel 1972 viene abolito il Challenge Round in modo che la nazione campione in carica partecipi al torneo sin dal primo turno e non esclusivamente alla finalissima.

Storia Coppa Davis: 1974, un’edizione controversa

Lo strapotere di Stati Uniti e Australia si ferma nel 1974, in una delle edizioni più controverse della competizione. Le due semifinali mettono di fronte India e Unione Sovietica da una parte e Sudafrica e Italia dall’altra, con gli azzurri che dopo l’iniziale rifiuto di recarsi in terra africana e dopo un fallimentare tentativo di spostare la sede dell’evento a Roma, vengono travolti 4-1 da Bob Hewitt e Ray Moore. La motivazione che quasi costringe l’Italia a dare forfait è la stessa per le quali l’India si rifiuta di giocare la seconda finale di Coppa Davis della sua storia: la politica di Apartheid attuata dal governo sudafricano. Con il ritiro dell’India il trofeo va al Sudafrica in quella che ad oggi è l’unica edizione del torneo assegnata per forfait. Il successo della nazione africana apre la strada alle affermazioni di nuove realtà quali la Svezia, l’Italia, la Cecoslovacchia e, qualche anno più tardi, la Germania. La formula del torneo si trasforma ancora, nel 1981 nasce il World Group che racchiude le 16 nazionali chiamate a giocarsi il titolo, mentre tutte le altre vengono smistate in gruppi regionali che prevedono un sistema di promozioni e retrocessioni. Nel 1993 per la prima volta si tocca quota 100 squadre partecipanti e sette anni dopo si celebra il centenario della competizione in un’edizione che segna l’inizio della grande era spagnola. Ma questa è un’altra storia…

Gli altri episodi della storia della Coppa Davis:
Parte 2: L’Italia e la Davis
Parte 3: Gli ultimi grandi trionfi

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Classe 1991, nato a Palermo e cresciuto a pane (e panelle), Milan e fumetti Disney. Folgorato da Federer durante Wimbledon 2003, ho iniziato ad interessarmi anche al tennis, praticandolo da autodidatta e con pessimi risultati. Divoratore di pizza, appassionato e ossessionato da ogni tipo di statistica, studio Comunicazione ma odio comunicare.
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