Sondaggi elezioni Regno Unito 2017 | Rimonta dei laburisti?9 min read

28 Maggio 2017 Mondo Politica -

Sondaggi elezioni Regno Unito 2017 | Rimonta dei laburisti?9 min read

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Cosa dicono i sondaggi sulle elezioni dell'8 giugno nel Regno Unito
@Number 10

Gli ultimi sondaggi sulle elezioni nel Regno Unito

Nell’ultimo mese molte agenzie hanno pubblicato diversi sondaggi, ma tutte registrano lo stesso andamento: i laburisti stanno guadagnando terreno. Secondo l’ultima rilevazione di Survation, il Partito Conservatore mantiene il vantaggio al 43%, ben cinque punti in meno rispetto ai precedenti sondaggi. I Labour, al contrario, cinque punti percentuali li hanno guadagnati arrivando al 34%. I Liberali sono stabili all’8% mentre si riconferma il ridimensionamento dell’Ukip al 4%.

Anche il sondaggio di Opinium Research registra una diminuzione del vantaggio da quindici a tredici punti percentuali e addirittura YouGov riferisce che il vantaggio è sceso sotto al 9%. Malgrado il cauto ottimismo che si registra fra i laburisti, rimane la grossa incognita riguardo l’affidabilità dei sondaggi stessi. Dopo che gli istituti inglesi hanno sbagliato le previsioni sulla Brexit, sul referendum per l’indipendenza della Scozia e anche per le ultime parlamentari del 2015, sono in molti a interrogarsi se queste rilevazioni fotografino con adeguata certezza le intenzioni di voto degli inglesi.

Ultimi sondaggi sulle elezioni in Gran Bretagna dell'8 giugno 2017
@survation.com/

Corbyn e il labour di rincorsa

Già da gennaio il partito di Corbyn stava lavorando per riguadagnare posizione rispetto ai conservatori: hanno assunto una posizione più distensiva sulla Brexit, hanno escluso l’aumento di tasse per le fasce di popolazione più povere, hanno promesso l’aumento dei salari per i dipendenti pubblici del settore sanitario e, per il tema della sicurezza, hanno garantito l’assunzione di 10mila nuovi poliziotti.

All’annuncio delle elezioni anticipate dello scorso mese, i sondaggi dimostravano che gli sforzi compiuti dai laburisti non si erano dimostrati sufficienti per competere con i popolarissimi conservatori. Ma nelle ultime settimane qualcosa sembra essere cambiato. Martedì 16 maggio Jeremy Corbyn ha presentato il suo programma elettorale in vista delle elezioni che prevede un netto ritorno alle radici del Labour: nazionalizzazione delle imprese di trasporti ed energia, patrimoniale sui grandi redditi e imposte più alte per le imprese che garantiranno la liquidità per un aumento della spesa sociale (6 miliardi per il settore sanitario e 1,6 per il walfare) e l’investimento in edilizia popolare, con la costruzione di un milione di nuove case.

Il manifesto di Corbyn prevede anche la cancellazione della tuition fee, la retta per l’iscrizione alle università. In conclusione al discorso di presentazione del manifesto, Corbyn ha aggiunto anche un pizzico di retorica populista:

La gente vuole un sistema che dia vantaggio a molti, non ai pochi. Negli ultimi sette anni il popolo britannico ha vissuto l’esatto contrario, un Paese fondato sugli interessi delle élite, dei ricchi e dei privati. La missione del Labour nei prossimi cinque anni è cambiare tutto questo.

La presentazione del programma radicale e la retorica di Corbyn sono riusciti a spostare le preferenze non solo dei lavoratori specializzati, ma anche quella dei semi-specializzati e non specializzati. Secondo molti esperti è questo il merito maggiore che va attribuito a Corbyn: l’aver portato dalla parte del Labuor classi lavorative solitamente più affezionate alla realtà conservatrice. Anche se il suo programma di “rivoluzione antica” ha smosso le acque, le probabilità di vittoria per i laburisti sono ancora scarse. Gli ambienti della sinistra europea rimangono comunque ottimisti per il futuro: per molti il manifesto di Corbyn è la prima pietra su cui si poggia il nuovo corso del Partito Laburista, già identificato da alcuni come New Old Labour.

I Conservatori viaggiano sicuri della vittoria

Malgrado l’apparente recupero dei laburisti, il Partito Conservatore mantiene un vantaggio tale da non impensierire troppo i tories. Due giorni dopo il manifesto di Corbyn, il Primo Ministro Theresa May ha presentato ad Halifax il programma del Partito Conservatore: garantisce una Hard Brexit e la fine della libera circolazione dei lavoratori europei nel Regno Unito; un aumento di tasse per le aziende che assumeranno dipendenti immigrati provenienti da Paesi esterni all’UE; inoltre, gli immigrati non europei dovranno versare contributi maggiori per avere accesso alla sanità pubblica; maggiori tutele per la classe lavoratrice e una regolamentazione più severa dei prezzi per le società di servizi; in campo sociale, è previsto un taglio a diversi benefit per i pensionati per finanziare altri interventi nell’assistenza pubblica.

L’obiettivo dichiarato della May è quello di ridefinire il welfare tanto difeso dai laburisti ma nel fare ciò rischia di andare a colpire le classi che più beneficiano dei suoi servizi (proprio come i pensionati della middle-class). Alcuni giornali britannici, come il Guardian e il Times, hanno sottolineato questo rischio. Critiche dure sono anche arrivate dal quotidiano “The Evening Standard”, di stampo conservatore, che ha definito il programma presentato come analfabeta dal punto di vista economico.

Corbyn e May hanno presentato due programmi all’esatto opposto e, al momento, è quello del leader laburista ad aver riscosso più successo. May ha subito molte critiche anche all’interno del suo stesso partito mentre Corbyn, apparentemente, ha richiamato a sé parte dell’elettorato che aveva lasciato i Labour dopo Brexit.

Le elezioni dell’8 giugno sono alle porte. Il recupero dei laburisti, per quanto repentino, non sarà probabilmente sufficiente per portarli alla vittoria ma la debacle preannunciata dai primi sondaggi sembra essere scongiurata. Il dubbio sull’affidabilità dei sondaggi inglesi comunque resta e solo il giorno delle elezioni sapremo se i nuovi “vecchi laburisti” avranno recuperato i tradizionali conservatori.

26 aprile

La premier inglese Theresa May ha annunciato a sorpresa elezioni anticipate per il prossimo 8 Giugno. Il Parlamento inglese ha già approvato la mozione per il suo scioglimento anticipato con il voto favorevole anche dei Labour. Mentre il “dialogo” con l’Europa sulla Brexit è appena iniziato, May ha deciso di affrontare le urne forte della popolarità del partito conservatore. Vediamo cosa dicono i sondaggi e cerchiamo di comprendere la scelta strategica della Prima Ministra inglese. È la terza volta in tre anni che gli inglesi saranno chiamati alle urne dopo le elezioni del 2015 e il referendum sulla Brexit del 2016.

Gli ultimi sondaggi sulle elezioni dell’8 giugno in Gran Bretagna

Secondo quanto riportato da Yougov.com, i conservatori sono in forte vantaggio nei sondaggi con ben il 48% delle preferenze. Gli avversari storici del Labour sono invece ben lontani, fermi al 24%. Un distacco di ventiquattro punti percentuali molto difficile da riprendere in vista delle elezioni di giugno. Il distacco abissale tra conservatori e laburisti spiega bene la fretta con cui l’attuale primo ministro ha indetto elezioni a breve scadenza: si vota tra poco più di un mese. Stabili al 12% sono i Liberal Democratici, mentre gli euroscettici dell’UKIP hanno subito un ridimensionamento dall’inizio dell’anno e non superano il 7%. Il 54% degli inglesi dichiara di preferire come Primo Ministro Theresa May piuttosto che il leader laburista Jeremy Corbyn, con solo il 15% di sostenitori. Rimane comunque ampia la quota degli indecisi con ben il 31% che non sa ancora rispondere con certezza alla domanda: anche in UK una buona fetta di elettorato non ha chi lo rappresenti o è poco propensa a votare per i partiti tradizionali.

Il vantaggio dei conservatori

Consapevole del vantaggio schiacciante Theresa May ha scelto – dopo numerose giravolte e dichiarazioni contraddittorie– la via delle urne per spazzare via ogni ostacolo sul cammino della Brexit. Gli impegni già fissati verranno mantenuti e la potenziale conferma della May alla guida del Paese servirà a garantire la legittimità delle trattative dopo i dubbi sorti post-referendum. L’altro fattore di rischio che May vuole evitare è dato l’attuale composizione del Parlamento inglese: i conservatori hanno infatti solo 15 deputati che garantiscono loro la maggioranza. Nei prossimi mesi saranno necessari tutta una serie di interventi legislativi che con una maggioranza così risicata rischiano di rallentare non poco il processo in caso di bocciatura. Con i numeri evidenziati nei sondaggi di oggi, è molto difficile che ai Tories possa mancare la maggioranza nel prossimo Parlamento e questo permetterebbe alla May di essere decisamente più serena nelle trattative con l’UE. Sebbene il Primo Ministro inglese sia apparsa poco entusiasta nell’annunciare le elezioni anticipate, ha detto di considerarlo un passaggio necessario per garantire l’uscita dall’Europa in tempi ragionevoli:

Abbiamo bisogno di elezioni anticipate e ne abbiamo bisogno ora, prima dell’inizio dei negoziati dettagliati. Il Paese ha bisogno di stabilità, ci deve essere unità a Westminster e invece c’è divisione. Se non andiamo al voto politico adesso, continuerà il gioco politico e la divisione indebolisce la possibilità che il negoziato con l’Ue sia un successo e porterà instabilità e insicurezza nel Paese.

May ha anche puntato il dito contro le forze politiche che hanno manifestato la volontà di evitare la Brexit: gli avversari storici del Labour che hanno sempre ostacolato le trattative, i Liberal Democratici che stanno promuovendo l’iniziativa di un nuovo referendum e sono in prima linea contro l’abbandono, i Lord “non eletti” che hanno promesso di dare battaglia su ogni punto portato in discussione in aula e contro i nazionalisti scozzesi che minacciano di affossare le proposte con la spinta del nuovo referendum per l’indipendenza della Scozia. Theresa May ha deciso di puntare sulle elezioni spinta anche dalle forti divisioni interne al suo partito. In caso di vittoria, la leader conservatrice riuscirebbe a ricompattare i propri ranghi con alle spalle la maggioranza degli elettori favorevoli all’uscita dall’Unione Europea. Una scelta non priva di rischi, ma che può garantire alla May mano libera durante le trattative.

Un’occasione per gli oppositori della Brexit?

È l’occasione per chi ha dei ripensamenti sul referendum su votare in modo diverso e dare un’altra chance al nostro Paese.

Questo è il commento di Tim Farron leader dei Liberal Democratici. Le elezioni anticipate hanno in effetti aperto nuove opportunità per le opposizioni, ma i numeri poco rassicuranti dei sondaggi non offrono molte speranze per i sogni: la mancanza di un’asse pro Remain tra liberali e laburisti rischia di costare tanto ad entrambi, che si potrebbero ritrovare ad essere debole opposizione in un parlamento a stragrande maggioranza conservatore. Il leader dei Labour Jeremy Corbyn ha accolto con favore le elezioni e si dice pronto a raccogliere la sfida della May in campagna elettorale, ma dai numeri sembra evidente che in questi mesi di opposizione Corbyn non sia riuscito a riunire le speranze di quel 48% che ha votato contro l’uscita dall’UE. Il leader laburista non è riuscito a imprimere la propria personalità al partito e ad allargare la propria base elettorale. Come ha scritto Tobias Stone su Medium

Theresa May has no interest in the good of the country and only cares about being Prime Minister, whereas Jeremy Corbyn seems to care only about the good of the country, and has no interest in being Prime Minister.

(Theresa May non è interessata al bene del paese ma le importa solo diventare Primo Ministro, mentre Jeremy Corbyn sembra interessato al bene del paese ma non sembra gli importi diventare Primo Ministro).

Pur partendo già come sconfitto, Corbyn proverà a rilanciare la propria leadership con una visione più europeista e inclusiva, in netto contrasto con le argomentazioni del leave: in pochi sembrano aver fiducia nella sua strategia. I Liberal Democratici, dopo aver dato il proprio appoggio alle politiche del governo conservatore Cameron, cercheranno di proporsi come nuova alternativa europeista per intercettare anche i delusi del Labour Party: i libdem sono stati tra i primi a proporre un nuovo referendum e da subito i più accesi oppositori delle iniziative promosse dalla premier May. Pur essendo altamente improbabile una loro vittoria l’attivismo dimostrato potrebbe ripagare in termini di voti, insidiando il primato all’opposizione dei laburisti. A due mesi dalle elezioni è chiaro che a contendersi Downing Street saranno nuovamente il fronte del remain contro quello del leave, ma con numeri e prospettive nettamente diverse rispetto al passato referendum.

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Fiorentino di nascita, Web Marketing Specialist per diletto e Nerd di professione. Si nutre di cultura pop e vive la sua vita perennemente in direzione ostinata e contraria. Per Le Nius supporta l'area editoriale, in ambito politica, e l'area social. matteo@lenius.it
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