L’uso dello smartphone danneggia i preadolescenti?10 min read
Reading Time: 7 minutesL’età di primo accesso a smartphone e altri dispositivi connessi a Internet è sempre più bassa. Lo stesso vale per l’iscrizione ai social network e alle app di messaggistica. Sebbene il fenomeno coinvolga anche bambini sotto i 10 anni, ad oggi la fascia d’età sotto la lente coincide con la preadolescenza, ovvero l’età tra i 10 e i 14 anni, in cui la vita online entra a far parte dell’esistenza di ragazzi e ragazze.
Prendendo le mosse da due ricerche italiane recenti, in questo articolo ragioniamo su quali soluzioni possono adottare educatori, insegnanti e genitori per limitare i rischi dell’utilizzo precoce di smartphone e affini, e per fare in modo che le tecnologie digitali siano una risorsa a vantaggio delle nuove generazioni e non un limite.
Preadolescenti online: cosa dicono i dati
Secondo il recente studio italiano “Immaginando un altro sé. Esplorando le abitudini online della Generazione Alpha” il 98.5% dei ragazzi e delle ragazze tra i 10 e i 14 anni utilizza un dispositivo connesso ad internet. Quasi la stessa percentuale utilizza app di messaggistica istantanea come WhatsApp o Telegram (98%), mentre l’89% dichiara di utilizzare i social media. Sono numeri degni di nota se si considera che l’età minima di accesso ai social network, in Italia, è attualmente fissata a 14 anni.
Dati simili risultano dallo studio Eyes Up, realizzato in Lombardia, da cui si evince come l’età prevalente di primo accesso allo smartphone, alle app di messaggistica e ai social network sia di 11 anni (prima media), ma anche che già alla scuola primaria molti bambini ne facciano esperienza. Il primo accesso allo smartphone e ai social network risulta più precoce nelle famiglie in cui i genitori hanno un basso titolo di studio.
Questi dati vanno contestualizzati in una tendenza globale in continua crescita, che riguarda anche gli adulti, e che vede nel 2024 5 miliardi di account attivi sui social (oltre il 62% della popolazione mondiale), 5,6 miliardi di possessori di cellulari e 5,3 miliardi di naviganti su Internet.
Tornando in Italia, i giovani che hanno partecipato all’indagine “Immaginando un altro sé” utilizzano più di una piattaforma social, e più avanzano con l’età più ne frequentano (ricordiamo che lo studio si occupa della fascia 10-14 anni). Nella vita digitale dei preadolescenti a farla da padroni sono Whatsapp (96%) e YouTube (86% totale per tutta la piattaforma Google), mentre tra i social network “propriamente detti” TikTok è il più utilizzato (77%), seguito da Instagram (70%) e Pinterest (43%).
Altri social più “di nicchia” sono Twitch, Snapchat, BeReal (tutte tre con circa il 30%) e Discord (20%). Agli ultimi posti troviamo piattaforme care alle generazioni più anziane (forse per questo meno frequentate dai più giovani), tra cui X (12%) e Facebook (11%).
Per quanto riguarda la pervasività, TikTok e YouTube sono tra le piattaforme con tempi di utilizzo più elevati, rispettivamente con il 18% e 10% che dichiara di utilizzarli per più di 4 ore al giorno. Tra le app di messaggistica istantanea, Whatsapp è utilizzata per più di 4 ore dal 5% dei rispondenti, mentre il 18% lo utilizza tra 2 e 4 ore, e il 21% tra 1 e 2 ore. Se consideriamo le ore passate a scuola e quelle di sonno, questi dati rivelano come le attività online occupino una parte importante del tempo dei preadolescenti.
Il tempo trascorso su YouTube e TikTok ci porta a fare una distinzione tra l’uso attivo, che prevede ad esempio lo scambio di messaggi o la pubblicazione di contenuti, e l’uso passivo, quello più diffuso, che consiste nella fruizione di contenuti altrui come video o foto di coetanei o celebrità.
Tornando ai dati globali, sempre per contestualizzare, l’utente medio passa 2 ore e 23 minuti al giorno sui social media, mentre il dato italiano è di 1 ora e 48 minuti.
Preadolescenti online: rischi e opportunità
Ogni rivoluzione tecnologica porta con sé stravolgimenti, paure, incognite. Coloro che studiano il rapporto tra le giovani generazioni e i mezzi di comunicazione digitali, quasi sempre, convergono su un punto: i rischi ci sono, ma dietro agli schermi possono esserci anche opportunità positive. A patto che ci sia consapevolezza e una giusta educazione al loro utilizzo, sia per i giovani che per gli adulti.
Un primo elemento messo in luce dallo studio “Immaginando un altro sé” riguarda il controllo genitoriale sull’utilizzo di smartphone e affini. Il 43,5% dichiara che i genitori non controllano ciò che fanno su Internet.
Per quanto riguarda i profili social, sembra esserci più attenzione: il 69% dichiara che i genitori sono a conoscenza di tutti i loro profili. Questo dato, ovviamente, comporta il fatto che alcuni preadolescenti abbiano profili “nascosti” ai genitori e rimanda alla necessità di una educazione degli adulti su questi temi. Non solo nel rimanere al passo con le nuove piattaforme, ma soprattutto nel comprendere come esse facciano parte della costruzione dell’identità dei loro figli. Le giovani generazioni, infatti, conducono spesso una vita onlife, in cui non c’è una vera separazione tra reale e virtuale, ma una linea continua di esperienza vissuta come reale.
Preadolescenti online: la trappola della perfezione corporea
Uno dei rischi connessi all’introduzione precoce dei dispositivi connessi è l’esposizione a modelli corporei modificati artificialmente, ideali di bellezza inarrivabili nella realtà in carne ed ossa. Si pensi ad esempio agli account Instagram di influencer che basano la loro fortuna sull’aspetto esteriore, spesso usando filtri digitali. Questo porta a una continua ridefinizione, conflittuale, della propria immagine corporea e può avere un impatto negativo sull’autostima, oltre a influenzare il comportamento riguardo alla dieta, all’esercizio fisico o all’abbigliamento.
“Tra le ragazze” riporta lo studio, “si evidenzia una forte interiorizzazione del desiderio di essere attraenti e dell’ideale di un corpo magro”, mentre per i ragazzi prevale l’ideale di corpo muscoloso e atletico. A ben vedere, non sono modelli troppo diversi da quelli proposti dagli altri media, dalla famiglia e dalle norme sociali prevalenti. A renderli più insidiosi, forse, è la loro pervasività e la profondità di un’esposizione continua e incontrollata.
L’interiorizzazione di modelli di bellezza stereotipati può portare, si legge nello studio, a preoccupazione riguardo al proprio aspetto fisico e può avere conseguenze sulla salute mentale. Il disturbo da dismorfismo corporeo, ad esempio, è una condizione caratterizzata da eccessiva preoccupazione per presunti difetti nel proprio aspetto fisico, che possono essere minimi o addirittura del tutto immaginati.
Vietare l’accesso a questi messaggi sarebbe impossibile. È però importante capire come questi esercitino un’influenza socio-culturale paragonabile a quella che la televisione e le relazioni sociali tra pari hanno esercitato sulle generazioni precedenti. Tanto vale allora lavorarci su, come genitori e come educatori, partendo proprio dai contenuti che ragazzi e ragazze producono e condividono, senza demonizzarli. Questo può portare a ragionare con loro sul conflitto tra la perfezione inarrivabile e la realtà del corpo, e sulla presunta necessità di condividere aspetti del proprio quotidiano, modificandoli in funzione delle risposte del pubblico.
Preadolescenti e social: il ruolo degli influencer
In questa dinamica, nel bene e nel male, hanno un ruolo importante gli influencer. Si tratta di persone che hanno un notevole seguito online e che sono in grado di influenzare opinioni, comportamenti e decisioni dei loro follower. Tra i più giovani, le interazioni con streamer, youtuber e altre celebrità online sono molto ricercate e diffuse. Una percentuale molto importante dei partecipanti allo studio “Immaginando un altro sé” dichiara di guardare spesso e mettere like alle loro foto, video, dirette o storie.
La parola influencer è spesso accompagnata da una smorfia di disprezzo da parte di chi la pronuncia. Eppure, se si vuole accompagnare le giovani generazioni nella loro crescita, sarebbe più utile provare a ragionare sui contenuti più che sui ruoli e sui mezzi di comunicazione usati. Qui si impone un atto di fiducia, e se vogliamo di speranza: sono sempre gli esseri umani a decidere come usare le tecnologie, e non il contrario. Insomma: esistono anche influencer positivi, o quantomeno diversi dai modelli imperanti di perfezione fisica e superficialità. Si tratta “solo” di decidere quali modelli scegliere e valorizzare.
Preadolescenti online: il rischio di dipendenza
La dipendenza è un altro dei rischi connessi a un’esposizione precoce e incontrollata ai social network. La buona notizia è che esiste uno strumento per misurarla e che si basa su alcuni indicatori: la sensazione di ansia quando non si può accedere al profilo, la quantità di tempo passato online, l’urgenza di controllare il telefono, di postare foto, controllare notifiche e like…
Lo studio “Immaginando un altro sé”, che ha utilizzato questo strumento, riporta che l’12% dei partecipanti mostra valori superiori alla soglia. Le ragazze sembrano più soggette a dipendenza (65% di coloro che hanno superato la soglia), mentre per quanto riguarda l’età i tredicenni sono quelli più a rischio (37%).
Qui è necessario un occhio vigile da parte di genitori ed educatori sui segnali di allarme citati prima, provando a porre dei limiti (non dei divieti) all’utilizzo e accompagnandoli dell’immaginare attività alternative e diversi modi per interagire con gli altri. Se una sfuriata e un sequestro di cellulare serve a poco, più utile può essere creare le condizioni per la nascita di nuove passioni artistiche, sportive o intellettuali. Tutte imprese che, perché no, potranno poi essere in parte condivise sui social.
Ovviamente, nessuna di queste strategie educative potrà mai funzionare senza dare un buon esempio: quanto può essere credibile un limite posto da un adulto con lo sguardo perennemente incollato allo schermo? Anche nel caso in cui lo smartphone sia uno strumento di lavoro, è importante definire spazi e tempi di disconnessione, in cui nessuno possa interferire nella relazione con i preadolescenti. Ad esempio a tavola, nel weekend, mentre si parla o si fanno attività insieme. Considerando la tendenza di alcuni preadolescenti a restare connessi anche di notte, una buona indicazione potrebbe essere quella di spegnere i dispositivi ogni sera, magari di tenerli in una stanza diversa da quella in cui di dorme. Questi comportamenti possono essere più incisivi a livello educativo: invece di vietare e demonizzare definiscono confini, aprono prospettive e avviano un dialogo più sereno su quello che può essere un terreno di scontro tra preadolescenti e genitori.
Preadolescenti online: l’impatto sulla vita scolastica e sociale
La ricerca “Immaginando un altro sé” evidenzia come l’uso precoce dei social abbia un impatto negativo sull’intelligenza emotiva, definita da Daniel Goleman come “la capacità di riconoscere i nostri sentimenti e quelli altrui, di motivare noi stessi, e di gestire positivamente le nostre emozioni, tanto interiormente quanto nelle relazioni sociali”. Secondo i dati raccolti dalla ricerca, all’aumentare del tempo di utilizzo, oltre le due ore, si verifica una diminuzione dell’indice di intelligenza emotiva.
Lo studio Eyes Up mostra invece come ci sia una relazione inversa tra la precocità di arrivo del primo smartphone e del primo account social e la soddisfazione generale dei preadolescenti verso la vita, le relazioni familiari e la scuola. Soddisfazione che, invece, aumenta per coloro che vedono più spesso gli amici “in carne e ossa” fuori casa e passano tempo con i familiari.
Una dinamica simile riguarda l’impatto sul rendimento scolastico: chi ha avuto lo smartphone già in quinta elementare, ad esempio, ottiene voti più bassi all’esame di terza media rispetto a chi lo ha avuto dopo o non lo ha avuto affatto.
Conclusione
Le due ricerche italiane sembrano convergere sul fatto che una precoce introduzione dei dispositivi digitali connessi a Internet abbia un impatto negativo sui preadolescenti. È un’indicazione preziosa per genitori, insegnanti ed educatori, che possono così orientare la propria azione nel salvaguardare il benessere di ragazze e ragazzi.
Tuttavia, un sordo divieto a oltranza non è la soluzione migliore, perché l’esordio dei preadolescenti nella sfera digitale è prima o poi inevitabile. Più saggio sarebbe accompagnare questo esordio con gradualità, senza paura ma con attenzione.
[Foto in evidenza di Becca Tapert su Unsplash]