Serie A: non sono “derby” per vecchi3 min read

4 Febbraio 2014 Uncategorized -

Serie A: non sono “derby” per vecchi3 min read

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@Nh Hoteles
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Sempre più lontani dalle tradizioni, con un campionato dominato dalla Juventus, gli appassionati di Serie A hanno vissuto un altro weekend a tinte bianconere. Il “derby d’Italia”, quello che un tempo poteva essere un ostacolo sul cammino di una squadra di vertice, si è ridotto a un confronto in cui le squadre in campo avevano 23 punti di differenza in classifica. Questioni di budget e di come li si è spesi. Venti milioni in più di monte ingaggi non giustificano quel che si è visto, ma la stranezza del calcio ha rischiato di condannare i padroni di casa anche in una gara dominata fino al 3-0, pur con due regali della difesa avversaria sulle ultime due reti. Uno svarione di Bonucci, una buona giocata di Alvarez, una torre di Milito e Palacio per tre volte si è trovato con una comoda palla da poter spingere in rete. Non ha mai trovato la porta, segno di un periodo no per l’attaccante argentino.

Episodi questi che non devono distogliere l’attenzione dalla differenza tra Juventus e Inter, che solo qualche anno fa avrebbero dato vita a ben altro spettacolo, molto più equilibrato. Da un decennio invece, quando domina una è in affanno l’altra e viceversa. Gli scontri diretti ogni tanto escono dalla logica (vedi la scorsa stagione) ma la graduatoria finale non mente e non lo farà nemmeno quest’anno.

I vecchi tempi, a noi nostalgici, avrebbero potuto regalare anche un derby che non fosse un “monday night”, evoluzione inglese che la Serie A ha importato per darsi un tono e intascare due soldi in più. Benvenuto progresso, se non fosse che la decisione è arrivata una volta di più per inchinarsi alla volontà degli ultras. Dice bene Mihajlovic quando si lamenta di aver dovuto programmare una partita il cui orario è stato spostato a 48 ore dal fischio d’inizio. Il serbo si è consolato vincendo la stracittadina con una giocata di un suo prescelto, Maxi Lopez, riportato a Genova per volere del tecnico.

Il pantano ha fermato la Roma contro il Parma e allontanato i giallorossi dalla vetta, con una gara in meno, alla vigilia di un’impegnativa semifinale di Coppa Italia. Il Napoli ha deciso invece di “riposarsi” in altro modo, scendendo in campo solo fisicamente a Bergamo e lasciando la testa altrove, concedendo all’Atalanta (complimenti Benitez) il lusso di non dover affrontare dal 1′ né Hamsik né Higuain. Non solo: tre colossali fesserie di Reina, Inler e Fernandez hanno spianato la strada a Denis e Moralez. Troppo facile perdere così.

Mentre anche i maestri del tiqui-taca mangiano fagioli, l’allievo Seedorf conosce la sua prima non-vittoria da allenatore. Spiacente, Clarence, anche con il tuo arrivo Bonera non è diventato Bobby Moore. Va un po’ meglio Rami, che si trasforma in centravanti a tempo per firmare l’1-1 contro il Torino, ma la menzione d’onore è per la coppia Cerci-Immobile. Avanti così e ce li ritroviamo entrambi al Mondiale.

In coda succedono i fatti più inattesi. Il Bologna crolla di nuovo, il pubblico si scaglia contro Morandi per aver detto qualcosa di sacrosanto, l’Udinese torna a correre e Di Natale a segnare. Anche il Cagliari prova a uscire dalla melma con l’ausilio di Pinilla e degli undici metri. La Fiorentina, bella e sfortunata, attende come una manna dal cielo il rientro di Gomez.

Lo sanno bene a Verona cosa vuol dire avere un bomber coi fiocchi. Guardate Luca Toni, decisivo anche a Sassuolo nel giorno dell’esordio di Malesani in Emilia Romagna. Lo sa il Livorno, che ha atteso Emeghara per sei mesi e finalmente si gode una doppietta del nigeriano.

Per chi ama proiettarsi nel futuro, la giornata offre due perle di Keita. Un gol e un assist, per il giovane che non piaceva a Petkovic. La Lazio se lo coccola e dimentica i tormenti dell’addio di Hernanes. Chissà perché nessuno chiama Lotito per ringraziarlo di averlo preso.

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Realizzatore di sogni parzialmente mancato, giornalista sportivo riuscito. Segno che qualcosa è andato per il verso giusto, dai venti in poi. Sostenitore convinto della necessità di pensare e divulgare, meglio se in un pub, peggio se in discoteca. Scrittore per diletto, con la fortuna di vivere del mio lavoro.
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