SEGA Overworks: lost in translation4 min read

14 Marzo 2014 Giochi -

SEGA Overworks: lost in translation4 min read

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Overworks logoTra i tanti team di sviluppo interni che hanno contribuito a creare il patrimonio iconografico di SEGA, Overworks è uno di quelli citati più raramente, adombrato dalla cara memoria di studi prestigiosi come AM1, AM2 e Sonic Team e sfavorito da una serie continua di cambi di nome che non ha reso semplicissimo seguirne le vicende negli anni. Dell’arcipelago SEGA Overworks fu l’isola più schiettamente nipponica e hardcore ma la sua produzione incluse titoli di un successo tale che la stragrande maggioranza di chi sta leggendo queste righe avrà giocato almeno una volta.

Nato come Team Shinobi nel 1987, lo studio è il responsabile praticamente univoco del successo inarrestabile della compagnia nel settore arcade e della costituzione di quel sega-feel tanto impalpabile quanto riconoscibile, con lo sviluppo delle versioni da sala di Shinobi (1987), Altered Beast (1988) e Golden Axe (1989).

Overworks PhantasySul versante della produzioni per home console, il team Shinobi in quegli anni è alacremente impegnato alla lavorazione di quella destinata a diventare una delle più note saghe di JRPG per console degli anni ’80 e ’90: Phantasy Star. Sviluppato sotto la guida di una game designer donna, Rieko Kodama, tuttora in ispiratissima attività (suo quel 7th Dragon Sword per PSP capace di posizionarsi al primo posto delle classifiche di vendita giapponesi per 2 settimane di seguito ben dopo l’uscita di 3DS e PlayStation Vita), Phantasy Star è un gioco con tratti fortemente distintivi.

Dal consolidamento di un immaginario nipponico in cui fantasy e sci-fi si fondono in un’estetica anime, alla narrazione di eventi drammatici e l’istituzione di un universo consistente, Phantasy Star ebbe un’influenza enorme sulla trasformazione del genere JRPG negli anni della sua epoca d’oro e in particolare sulla saga di Final Fantasy, che assorbì numerosi elementi dalla serie SEGA tra la terza e la quarta incarnazione.

Overworks Sega

Negli anni ’90, con il nome di AM7 prima e VOW Enterteinment dopo, il team lancia un titolo destinato a comparire in migliaia di sale in tutto il mondo: The House of the Death, oggi uno degli IP (intellectual property) più vivi e sfruttati da SEGA con numerosi spin-off, tra cui lo spassosissimo Typing of the Death, nel quale per combattere gli zombi bisogna digitare correttamente le parole a schermo.

Assunto il nome con cui è principalmente ricordato, il team Overworks regala a SEGA un enorme successo con la serie di Sakura Taisen, ibrido tra dating-sim e strategico a turni la cui incredibile popolarità sul suolo nipponico è difficilmente immaginabile: dal videogioco sono stati tratti manga, serie animate e musical. In Occidente, forse per gli aspetti romantici di dating-sim, il gioco è sempre stato considerato di “nicchia” e un solo capitolo, l’ultimo, è stato adattato per il nostro mercato e non da SEGA bensì da Nippon Ichi, casa che da tempo ha reclamato con merito le propaggini otaku del mercato statunitense ed europeo.

Overworks SkiesTornati sotto la guida di Rieko Kodama, gli Overworks sviluppano per Dreamcast uno dei titoli ai quali i fan sono maggiormente affezionati: Skies of Arcadia, RPG ambientato nel mondo dei pirati dell’aria e delle loro navi volanti. Classico nell’esecuzione generale, il titolo si contraddistingue per l’enorme libertà di esplorazione, il buon sistema di combattimento, un cast di personaggi ben tratteggiati a cui è facilissimo affezionarsi e una storia ben ideata e narrata. Insomma: se Phantasy Star aveva sovvertito il paradigma del genere, Skies of Arcadia lo rispetta e lo applica alla perfezione, guadagnandosi un posto tra i capolavori del genere.

In seguito alla ristrutturazione di SEGA, Overworks – e in particolare il gruppo di lavoro di Sakura Taisen – è l’aggregante attorno al quale si costituisce il team che lavora a Valkyria Chronicles, uno dei primissimi titoli di impostazione RPG ad essere pubblicato per Playstation 3. Ambientato in un’Europa alternativa agli inizi del 900, il titolo presenta un innovativo sistema di combattimento strategico che lo rende quasi “un FPS a turni” e racconta una storia davvero ben sceneggiata con carisma grazie al CANVAS engine, un motore grafico che trasforma lo schermo del televisore in un quadro ad acquerelli vivente.

Il titolo è stato un successo di critica al quale purtroppo non è corrisposto un successo di pubblico adeguato, complice anche un entry price di PS3 davvero proibitivo ai tempi ma è tuttora citato come uno dei migliori, se non il migliore, JRPG di questa generazione. La bontà della storia scritta da Terada per l’occasione, che intreccia il mito delle Valchirie a tematiche forti come la segregazione razziale, ha fatto sì che venissero tratti romanzi, manga e serie animate dal videogioco, nonostante la sua popolarità non eccessiva.

Per chi volesse cimentarsi con l’eredità di Overworks, Valkyria Chronicles è un ottimo punto di partenza: è un titolo ancora contemporaneo, validissimo e rintracciabile a basso prezzo con cui passare ore indimenticabili mentre speriamo che una SEGA sempre più smembrata corra il rischio di affidare a questo team incredibile un nuovo progetto il più presto possibile.

Overworks Valkirya

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Mercante di parole giramondo. Mentre si dedicava allo studio delle humanae litterae nascosto dentro una giara di rupie, è naufragato sulle coste dell’arcipelago giapponese dov’è scampato alla morte venendo colpito in testa da un funghetto 1UP. Ha divorziato dai carboidrati complessi e benché si possa pensare che sia pigro, tecnicamente è solo impostato in modalità risparmio energetico perché mangia solo cibo ipocalorico.
1 Commenti
  1. Stefano

    Overworks, Smilebit, AM2, Sonic Team, United Game Artists....se ripenso ai geni che c'erano in Sega ai tempi mi viene da piangere.

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