Sanremo 2017: qualcosa di nuovo si è visto3 min read

12 Febbraio 2017 Cultura -

Sanremo 2017: qualcosa di nuovo si è visto3 min read

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Sanremo 2017: qualcosa di nuovo c'è stato
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Il Festival è finito e a Sanremo si grida al complotto. Quello che, per la sottoscritta, è da considerarsi come il podio meno peggio degli ultimi anni ha turbato cuori e menti. Cosa sia successo lo sappiamo benissimo: Ermal Meta è arrivato terzo con un brano scritto e arrangiato in prima persona, Fiorella Mannoia, con una canzone oggettivamente forte e perfettamente adatta a lei, si è fermata al secondo posto e Francesco Gabbani ha vinto.

La sua vittoria, però, sembra essere molto di più che un semplice trionfo: Gabbani ha tolto di mezzo gli antichi retaggi del Festival, dai monumenti vocali di Albano ai luoghi comuni di Gigi D’Alessio e alle rime cuore-amore che a Sanremo vanno sempre alla grande. Sarà che è un vento nuovo quello che soffia su Sanremo, ma pare che questo vento abbia fatto danni, creato inquietudine e sbigottimento. Cioè? Gabbani è un terrorista? La sua è una canzone omofoba e sessista? No, il problema è che da questo trionfo sono stati malamente esclusi Gigi D’Alessio, Albano e Ron perché, dicono, la gara non fosse abbastanza equilibrata, perché la giuria di esperti in realtà era composta da incompetenti, perché i radical chic fanno razzismo col televoto e con i passaggi in radio.

O forse perché, nell’edizione più tradizionalista degli ultimi anni (presentata e diretta artisticamente dal conduttore più amato tra gli over 60 e la regina indiscussa del sabato sera sotto le coperte), noiosa quanto basta ma sempre incredibilmente acclamata e supportata, si è riusciti, in piccola parte, ad operare una trasformazione del pubblico che altri non sono riusciti a fare: non ha vinto la solita canzone d’amore ma una canzone simpatica e anche un piuttosto “paracula”.

Sul podio ci sono tre canzoni interessanti e piacenti, super scaricate e ascoltate e che tutti, anche chi non bazzica tra le file del Festival, ritengono belle: una sensazione che non si provava da anni. Ermal Meta vince il premio della Critica Mia Martini, la Mannoia ne esce da gran signora con il premio della Sala Stampa, confermandosi una delle artiste più valide del nostro panorama musicale.

A vincere, poi, è stata, a mio parere, quella che delle tre meritava meno, scanzonata ma ben scritta, assillante ma intelligente. Gabbani ha dato prova di essere sul pezzo, con un brano dinamico la cui singolarità, rispetto all’atmosfera seriosa e sentimental-nostalgica imperante nel Festival, deve aver senza orientato in suo favore un pubblico votante tendenzialmente giovane. Occidentali’s Karma è uno di quei brani che a Sanremo ci sono sempre stati, sempre tanto ascoltati e venduti, che hanno portato fortuna a chi li ha scritti e a chi li ha ascoltati, ma che si dava per scontato non avrebbero mai vinto perché “poco sanremesi”.

Rivoluzione? Più o meno. Gabbani non è il nuovo Battiato, è simpatico, ha un ritornello che funziona maledettamente e ti entra fastidiosamente e contagiosamente in testa. Ora tutti ballano con la scimmia e si interrogano sui libri di zoologia (come ‘La scimmia nuda’ di Morris) piuttosto che cercare su Google il nome del fidanzato di Michele Bravi, se Albano sta con Loredana o con Romina e quanti anni abbiano i numerosi figli di Gigi D’Alessio. Insomma, una parvenza di novità c’è stata. C’è chi pensa che sia tutta una beffa, e che ci sia presi giochi della vera arte. Ma sul podio non ci sono mine vaganti di X-Factor o Amici e quasi tutte le migliori canzoni in gara hanno occupato la parte alta della classifica, il che significa che il pubblico votante ha dato prova di consapevolezza e cognizione di causa. Siamo ancora mooolto lontani dalla svolta a cui si grida oggi e che tanto teme Gigi D’Alessio, quella che a Sanremo porterebbe una fretta grossa di cantautorato che vive lontana da questo mondo, giovani non più tanto giovani e con un sacco di esperienza alle spalle. Per quella, comunque, non basterebbero nemmeno Carlo Conti e Maria De Filippi. Forse servirebbe Manuel Agnelli.

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Da biologa pentita, procedo in direzione contraria al buon senso e mi rifugio a Milano per studiare Scienze della Comunicazione, dopo anni di vagabondaggi alla ricerca della pace interiore. Così, la riscopro nella Tequila, nei concerti al Magnolia, nelle canzoni coi finali tristi, nelle newsletter di Rockit e nelle pagine del Rolling Stone. Adoro ossessivamente X-Factor e odio il fatto che Sanremo coincida con la sessione invernale.
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