Ronnie-Totti-Sheva: quando il calcio è arte3 min read

30 Settembre 2014 Uncategorized -

Ronnie-Totti-Sheva: quando il calcio è arte3 min read

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C’è una settimana che ha cambiato la storia recente del calcio, e l’abbiamo appena superata. Forse non ci avete fatto caso, oppure non avete abbastanza amici su facebook che hanno celebrato gli eventi, ma dal 22 al 29 settembre sono nati tre tra i più grandi calciatori dell’era moderna (più un quarto che si chiama Michael Ballack).

Siamo nell’anno 1976, in Serie A il Torino è campione in carica, ha vinto da pochi mesi il suo settimo e ultimo scudetto e inizia la stagione in cui avrebbe perso l’ottavo chiudendo a un punto dall’odiata Juventus. È l’anno del mondiale di ciclismo ad Ostuni, dell’ultima coppa Davis vinta dall’Italia, della fondazione di Repubblica (il quotidiano) e del primo ministro donna (Tina Anselmi).

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Il 22 settembre di quell’anno, a Rio de Janeiro, Nélio Nazário de Lima e Sônia dos Santos Barata danno alla luce il loro terzogenito, Luís, che viene chiamato Ronaldo in onore del medico che l’ha fatto nascere. Come molti giovani brasiliani Luís Nazário de Lima inizia a giocare a calcio in un fazzoletto di terra polveroso e irregolare. Comincia col futsal, con una prima esperienza da portiere, poi il Sao Cristovao, con cui inizia a segnare gol a grappoli. Quando nel 1993 Jairzinho lo consiglia al Cruzeiro, nasce la leggenda del “Fenomeno”, uno che con la maglia della Raposa segnò 56 gol in 54 partite, prima di arrivare in Europa e diventare un mito. “Come si può fermarlo?” chiesero a Miguel Angel Lotina, tecnico del Logrones a cui il Fenomeno aveva segnato una doppietta: “Io un’idea ce l’avrei. Sparargli” rispose.

Sempre nel settembre del ‘76, ma qualche giorno più tardi, nella caotica Roma, nasce Francesco Totti. Papà Enzo è un operaio – “quando giocavo io, chi perdeva pagava il gelato. Ho fatto felice mezza Trastevere” -, mamma Fiorella casalinga. Francesco dimostra da subito di avere più talento del padre: a 10 anni è già della Lodigiani, fucina di talenti del calcio capitolino. Nel 1989 c’è già un accordo tra la società e Lazio, che vuole prendere il più grande talento delle giovanili romane. Si inserisce la Roma, l’accordo salta, Totti diventa giallorosso, e sarà così per sempre. Esordisce in Serie A nel marzo del ’93, a 16 anni. A settembre dell’anno successivo fa il suo primo gol, al 30’ di una gara con il Foggia: “Era la prima partita del torneo. Mio zio mi promise una mountain bike, la desideravo e forse l’avrei potuta comprare senza aspettare la rete. Ma ho rincorso quel gol pensando alla bicicletta”. Solo in Serie A ne seguiranno altre 234, and counting.

29 settembre, sempre del magico anno ’76. Siamo in un luogo sperduto dell’Unione Sovietica, Dvirkivschyna, in Ucraina, a circa 100 km da Kiev: è qui che nasce Andriy Shevchenko. Ha 9 anni quando viene notato da un osservatore della Dinamo Kiev mentre gioca nelle squadra di un’associazione di quartiere. Poco dopo, in seguito al disastro atomico di Chernobyl, come molti giovani dell’epoca va a vivere sulla costa per sfuggire alle conseguenze della catastrofe nucleare. Tornato a Kiev, torna a giocare per le giovanili delle Dinamo, a 14 anni è miglior giocatore della “Coppa Ian Rush”. A premiarlo è proprio l’attaccante gallese. Andriy cresce nella Dinamo B, poi lo scopre l’Europa grazie al lavoro agli ordini di Valery Lobanovsky. Il “colonnello” sceglieva i suoi uomini mettendoli alla prova con macchinari che sembravano gli antenati degli attuali strumenti elettronici. “E se Shevchenko fosse stato più lento del dovuto con il suo joystick?” gli chiesero un giorno. “Allora non sarebbe stato Shevchenko“ rispose.

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Statistico atipico, ha curato la sezione Sport e amministrato i profili social di Le Nius. Formatore nei corsi di scrittura per il web e comunicazione social, ha fondato e conduce il podcast sul calcio Vox2Box e fa SEO a Storeis. Una volta ha intervistato Ruud Gullit, ma forse lui non si ricorda.
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