Il ritorno dell’eroina11 min read

11 Gennaio 2018 Dipendenze -

Il ritorno dell’eroina11 min read

Reading Time: 8 minutes

Di Alberto Genovese, Laboratorio Dipende, Cooperativa Sociale IRS L’Aurora

Nell’indifferenza generale l’eroina continua imperterrita a mietere vittime. Forse parlare ancora di questa sostanza nel terzo millennio diventa talmente imbarazzante che nessuno ha davvero voglia di farlo. Sembrava una questione chiusa, un’emergenza definitivamente archiviata. Altri stupefacenti, di più facile reperibilità e di maggior appeal, come la cocaina e le droghe sintetiche, occupano da tempo il grande mercato della droga.

Il problema eroina è stato però liquidato con troppa fretta e senza essere stato sufficientemente indagato, visto che la droga regina degli anni settanta e ottanta si sta ripresentando con tutta la sua carica di distruttività e di morte.

Pocket Nius: da sapere in breve

1. Il consumo di eroina è in ripresa in molte zone del mondo, dagli Stati Uniti all’Italia.

  1. Nel 2016 in Italia 266 persone sono morte di eroina, un dato in aumento e che preoccupa soprattutto per la giovane età dei consumatori.

  2. L’Africa sta emergendo come mercato della droga, con un crescente consumo interno e il consolidamento di un’industria in grado di ricoprire un ruolo crescente nel traffico globale.

  3. Gli Stati Uniti sono però il paese dove questo ritorno dell’eroina si è manifestato circa dieci anni fa, con un numero di morti in aumento del 250% tra il 2012 e il 2016. Un simile aumento è dovuto anche al sempre più largo uso di farmaci oppiacei prescritti come antidolorifici anche ai bambini, che generano però dipendenza.

  4. Per affrontare il problema ci vorrebbero più risorse, più servizi e più volontà politica. Gli interessi in gioco sono però enormi e i progressi fatti a livello internazionale insignificanti. L’intervento tende ad essere farmacologico, mentre pochi spazi restano per una cura integrale della persona, con i suoi disagi e fragilità.

il ritorno dell'eroina
Photo by allisonturrell on Visualhunt / CC BY-NC-ND

I dati e le notizie di cronaca sono allarmanti. Nel 2016 i morti di eroina in Italia sono stati 266, in aumento considerevole rispetto agli anni precedenti, coinvolgendo anche città minori come Perugia, Modena e Ferrara. Solamente a Mestre, la mia città di origine, si segnalano dieci ragazzi deceduti nell’arco dell’estate 2017.

Una strage silenziosa che coinvolge sempre più persone e città, soprattutto del centro e nord Italia. Ragazzi spesso giovanissimi trovati accasciati nei parchi o nei bagni delle stazioni, molti dei quali semplici consumatori occasionali ignari della pericolosità della sostanza.

Una sostanza che, secondo il Sistema nazionale di allerta precoce del Dipartimento per le politiche antidroga, può raggiungere un principio di purezza fino al 40%, contro il 2/3% della normale eroina da strada.

Questa nuova eroina, più potente ed economica rispetto a quella degli anni settanta, rappresenta un grosso business che vede contrapporsi sul mercato mafie rivali internazionali sempre più spietate.

Il ritorno dell’eroina: l’Africa

L’Afghanistan continua a detenere il primato del più grande paese produttore di oppio al mondo, ma oggi l’Africa è sempre più centrale nel traffico globale di droga. Il continente nero si sta trasformando in un enorme bazar della droga a cielo aperto, come riportato dagli ultimi report dell’Unodc, l’ufficio dell’Onu per il controllo della droga e la prevenzione del crimine.

Un’industria solida e strutturata, in grado di cambiare rotte, corrieri e destinazioni nel tempo di un sms o di una mail. Broker, trafficanti, colonnelli e jihadisti che hanno il potere di controllare le principali linee commerciali, caricando anonimi container o riempendo le stive delle navi. O, molto più semplicemente, facendo inghiottire ovuli di eroina a uomini disperati che vagano alla deriva tra l’Africa e l’Europa.

Una tragedia che inevitabilmente coinvolge anche la gioventù africana. Il consumo interno di stupefacenti sta infatti trascinando in un vortice infernale interi paesi producendo gravi ricadute a livello sanitario (HIV in primis), sociale e culturale, come indicato dal Rapporto annuale dell’Organo internazionale per il controllo degli stupefacenti. In Kenya, ad esempio, l’eroina costituisce una vera e propria piaga nazionale che colpisce non solo la popolazione povera e analfabeta, ma anche i figli della ricca borghesia.

In questo contesto chi ci guadagna, come sempre, sono i grandi narcotrafficanti internazionali, i potenti signori della droga che viaggiano indisturbati dentro i fuoristrada blindati che sfrecciano tra la polvere delle città africane. Un sistema politico corrotto e violento fornisce poi la necessaria copertura alle organizzazioni criminali che sfruttano l’endemica povertà della stragrande maggioranza della popolazione.

Il ritorno dell’eroina: Stati Uniti

Dall’altra parte dell’oceano, negli Stati Uniti, le cose non vanno molto meglio. Il numero dei consumatori di eroina negli ultimi cinque anni è triplicato, generando un’emergenza che sembra quasi piovuta dal cielo.

I dati forniti dalla DEA, l’agenzia statunitense di contrasto alla droga, sono spietati: in appena quattro anni (2012-2016), i morti sono aumentati da poco più di tremila a oltre diecimila per un dato percentuale, inquietante, che risulta pari al 250%.

Come capita spesso, negli Stati Uniti i fenomeni sociali avvengono almeno dieci anni prima rispetto all’Europa e con caratteristiche più marcate e tipiche di quel mondo e di quella cultura.

In questo caso le organizzazioni criminali assumono il volto pulito delle potentissime industrie farmaceutiche che hanno spinto per anni il consumo di micidiali antidolorifici come il Fentanyl o l’OxyContin, oppiacei usati per lenire i dolori dei malati di cancro ma, all’occorrenza, ideali per togliere qualsiasi fastidio e creare uno stato di artificiale benessere.

In una popolazione depressa e impoverita dall’ultima grande crisi economica gli antidolorifici prescritti senza difficoltà hanno subito fatto presa, producendo un esercito di intossicati e la morte per overdose di centinaia di persone, come indicato nei report della DEA.

Complice un sistema consumistico spregiudicato che invade anche lo spazio della salute, facendo sì che gli americani detengano il triste primato della popolazione che assume più farmaci al mondo, disoccupati, casalinghe e giovani (compresi bambini di appena dodici anni), sono stati le prime vittime di un fenomeno che via via assumeva i contorni di un’epidemia.

Quando ci si è resi conto di quello che stava accadendo e si è iniziato a contrastare il flagello della “ricetta facile e a buon mercato”, era troppo tardi. Una parte di quella popolazione divenuta farmacodipendente si è rivolta direttamente al mercato nero dell’eroina.

Ne è risultato, come rilevato dal National Center for Health Statistics americano, un aumento esponenziale delle persone intossicate (fino al 770%), con pronti soccorsi intasati e quotidiane morti da overdose. Un vero e proprio disastro che negli Stati Uniti ha provocato più vittime rispetto a quelle da incidenti stradali e colpi di arma da fuoco

Prescrizione legale di farmaci oppioidi e dipendenza da eroina illegale risultano perciò due fenomeni strettamente correlati: mercato di Stato e mercato criminale stretti in un unico abbraccio mortale.

Alle grandi industrie farmaceutiche americane sono subentrati poi i cartelli messicani della droga, offrendo una valida alternativa ai classici antidolorifici: il black tar, catrame nero. Si tratta di un’eroina poco raffinata ricavata dai papaveri da oppio che crescono rigogliosi sulle montagne della Sierra Madre in Messico. E proprio come il catrame, il black tar ha imbrattato velocemente città e paesi diventando un’emergenza nazionale.

A differenza degli anni settanta, quando l’eroina colpiva maggiormente la popolazione povera di colore, oggi prende più di mira i bianchi. Secondo Sam Quinones autore di Dreamland: the True Tale of America’s Opioid Epidemic, questo accade perché i bianchi usufruiscono maggiormente dell’accesso alle cure mediche e sanitarie a pagamento. Ciò significa che è più probabile che un bianco si rechi da un medico rispetto ad un nero, aumentando quindi la probabilità che ritorni a casa con degli antidolorifici oppioidi e rimanendone presto intossicato.

Una brutta gatta da pelare per le autorità americane che hanno impiegato molto tempo per cercare di arginare il fenomeno. Dopo anni di tolleranza zero della polizia nei confronti dei tossicodipendenti, oggi si assiste al primato delle politiche di riduzione del danno e delle nuove tecniche riabilitative.

La Harm Reduction Coalition americana ha lanciato centinaia di “programmi per la prevenzione delle overdose da oppioidi” che forniscono innanzitutto il prezioso naloxone salvavita ai tossicodipendenti e ai loro familiari. Alcuni Stati hanno inoltre promulgato un’apposita legge che autorizza qualsiasi cittadino – anche se non è né medico né infermiere – ad effettuare in situazioni di emergenza un’iniezione di questo antagonista degli oppioidi.

Perfino il Presidente Trump è stato costretto a prendere atto della grave calamità, dichiarando che “Il problema degli oppiacei è un’emergenza nazionale, lo dico in maniera chiara. Spenderemo molto tempo, molti sforzi e molto denaro per affrontare la crisi”.

Il ritorno dell’eroina: le politiche italiane e internazionali

Nonostante i dati allarmanti riportati all’inizio dell’articolo e il diffondersi della criminalità organizzata legata al narcotraffico, un inquietante silenzio avvolge la questione tossicodipendenza in Italia.

Le Regioni si muovono in maniera confusa e disarticolata, strette tra l’orientamento politico degli amministratori di turno e i sempre più consistenti tagli alla sanità. A livello nazionale siamo da anni in attesa che venga convocata la Conferenza nazionale sulle dipendenze, prevista dal Testo Unico sulle sostanze stupefacenti.

I Serd – servizi pubblici per le dipendenze – in cronica carenza di personale, sono spesso ingolfati di compiti amministrativi e limitati nelle loro attività dal tempo dedicato alla distribuzione del metadone. E anche le comunità terapeutiche faticano a rinnovarsi e a implementare modelli di trattamento meno rigidi e più rispondenti alla flessibilità del fenomeno.

Ma anche quando ci affacciamo sulla scena politica internazionale, le cose non vanno meglio. Dopo gli anni e i milioni di dollari persi nelle grandi campagne guerrafondaie finalizzate a distruggere le piantagioni di oppio in estremo oriente, l’unico risultato concreto è stato quello di aumentare tensioni e povertà tra le popolazioni agricole locali.

La generica risoluzione, approvata dall’ultima sessione speciale dell’Onu sulle droghe, non offre certo grandi prospettive nella lotta agli stupefacenti. Si tratta infatti di uno sterile documento che non propone nessun tipo di intervento, ma segnala una situazione di stallo tra paesi orientati al proibizionismo e paesi che adottano strategie più punitive.

Emerge dunque un quadro complesso, dove i molti interessi in gioco contribuiscono ad aggrovigliare la matassa. I fiumi di denaro che girano attorno all’industria dell’eroina fanno troppa gola per poter pensare a delle politiche più incisive e lungimiranti.

Il ritorno dell’eroina: una spiegazione sociale

Non è solo una questione di soldi, tuttavia. Da sempre attorno allo smercio dell’oppio e dei suoi derivati si gioca una più grande partita. Evitando facili letture dal sapore ideologico, è importante rilevare come la diffusione massiccia di sostanze stupefacenti sia stata spesso strumentale al controllo sociale e all’esercizio del potere.

Quando si parla della tossicodipendenza come di un problema ad “eziologia multifattoriale con sensibili variazioni da individuo a individuo” (Goldman e Khoury, 2007), bisognerebbe sottolineare che nell’eziologia rientra anche il nostro modello sociale.

Un modello basato su una competizione arrogante e sfrenata, che mette ai margini coloro che non riescono a stare al passo o che si trovano in una situazione di difficoltà. Dinamiche che tendono a ridurre a patologia e a trasformare in malattia atteggiamenti e comportamenti che non rispondono a standard predefiniti.

Stati costitutivi e simbolici dell’esperienza umana, come la tristezza, l’insoddisfazione e il disagio, rischiano di non trovare spazi di accoglienza e di ascolto. Visti come ostacoli in un percorso che non li contempla, diventano presto oggetto di terapie farmacologiche finalizzate alla mera neutralizzazione del sintomo.

Di tutto questo risente lo stesso trattamento della tossicodipendenza, che sembra indirizzarsi sempre più sotto l’ombrello di una psichiatria più propensa a contenere il disagio piuttosto che interpretarlo.

La “malattia del cervello, curabile ma non guaribile” (Volkow e Goldstein, 2002), come taluni hanno etichettato la tossicodipendenza, rischia di diventare esclusivo dominio di un sapere che, contemporaneamente, come sosteneva Michel Foucault, esercita anche il suo potere.

Ma l’uso di stupefacenti, prima che nel cervello, affonda le sue radici in una società che teme il dolore, visto unicamente come fattore destabilizzante. All’apice dello sviluppo tecno-scientifico, gli sguardi smarriti che continuiamo ad incrociare ogni giorno sono la spia del grande disorientamento che circola nel mondo.

E chissà se, alla luce di questo scenario, potrebbe avere un senso riscoprire le comunità. Nonostante i limiti imposti da accreditamenti e regolamenti sempre più stretti, questi spazi rimangono importanti per la loro funzione di accoglienza del dolore e di ascolto della diversità.

Luoghi dove il disagio, l’insoddisfazione e l’inquietudine non sono considerati oggetti di trattamento, ma aspetti imprescindibili e non negoziabili della nostra vita.


5 link per saperne di +

1. Il + televisivo

Uno speciale di Sky Tg24 riassume le dinamiche di produzione, prezzo e consumo dell’eroina e approfondisce tre situazioni-limite in Italia, a Rogoredo (Milano), Roma e Bergamo.

2. Il + riduttivo

Il sito dell’Itardd – Rete Italiana Riduzione del Danno spiega cosa si intende per politiche di riduzione del danno, evidenziandone i vantaggi rispetto ad una politica punitiva.

3. Il + nazionale

Da questa pagina del Dipartimento per le politiche antidroga è possibile scarica la Relazione annuale al Parlamento 2017 sullo stato delle tossicodipendenze in Italia.

4. Il + americano

60 reporter, fotografi e videomaker hanno passato una settimana a Cincinnati, Ohio, documentando l’epidemia di eroina che attraversa la città in un’inchiesta pubblicata da Usa Today.

5. Il + african

Un approfondimento del sito Daily Beast sul traffico di eroina tra Africa e Europa e Africa e Stati Uniti.

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3 Commenti
  1. fulvio

    Si palesa sull'argomento un vistosissimo corto circuito nella percezione italiana del problema droghe. Ultimamente va molto di moda demonizzare la cannabis come se fosse la causa di tutti i mali del mondo ma: di eroina si preferisce non parlarne in quanto si ha la percezione che gli eroinomani siano pochissimi (FALSO) di extasi non se ne parla perché è la droga delle discoteche quindi si pensa confinata a quel mondo (FALSO) di cocaina non se ne parla forse perché i consumatori non sono quasi mai i poveracci eppure il livello di inquinamento del Po da cataboliti della cocaina è altissimo. Purtroppo è passata l'idea che il drogato si fa le canne quindi guerra serrata alla cannabis e totale disattenzione sul resto. Questo porterà inevitabilmente all'aumento dei "drogati veri" a causa dell'insoddisfazione costante creata dal sembrare sempre inadeguati sia nel mondo del lavoro che nella vita quotidiana. Occorrerebbe una più capillare educazione sull'argomento e sicuramente un "rallentamento" delle performance richieste nella vita quotidiana. Bisogna inoltre considerare che i social non aiutano. A fronte di pochi influencer di successo (che non so come definire e sopratutto no so come definire chi pende dalle loro labbra) quanti sono solo una bufala sul WEB, magari predicano una cosa e ne fanno totalmente un'altra. Se in passato siamo stati "fregati" dall'eroina sia per ignoranza che per difficoltà nell'inserimento in un sistema sociale che andava in un'altra direzione rispetto ai sogni della contestazione giovanile, ora che dovremmo avere tutti gli strumenti per non ricascarci...........siamo da capo! Si era passati dal pace amore e libertà degli anni '60 sino alla metà degli anni'70 al sesso droga e rock'n roll dei primi anni '80 e da li non ci si è più mossi. Anzi nel tempo la cosa è andata ingigantendosi nel silenzio assoluto. E' ovvio che se il mercato richiede......spuntano i fornitori! A questo va aggiunto quello che la gente considera normale l' ALCOOL che farà danni quanto e più dell'eroina. Non credo che si possa affrontare il problema solo con la repressione semmai con un lavoro di concerto tra famigli scuola e istituzioni varie comprendendo nel "pacchetto repressione" anche tutto ciò che dal WEB crea quelle fonti di disagio che vengono lenite nel consumo di droghe e una forte limitazione all'abuso di alcolici. Magari depenalizzare la cannabis? Rispetto all'alcool.........stesso effetto e meno rischi e se con dietro una normativa intelligente (vedi olanda)..............non sarei contrario.

  2. il solito

    Siamo una specie animale, ma non siamo gli unici in natura, che si droga consapevole di quello che fa.......al nostro livello ci sono solo i felini. E' qualcosa che ormai è stato accertato anche dall'archeologia: ci siamo sempre drogati sin da quando esistiamo. Diventa quindi difficile contrastare il fenomeno che, sotto sotto, è parte integrante del nostro patrimonio culturale globale. Ho lavorato in una zona in cui l'alcolismo è una piaga sociale e da allora sono fortemente favorevole alla liberalizzazione della marijuana (solo quella e niente altro). Purtroppo la voglia di evadere, di staccare col mondo c'è sempre ed ho l'impressione che sia eroina che metamfetamine che alcool siano un ripiego. Eroina e pasticche varie perché sono "invisibili" o poco cercate e l'alcool perché è "normale"..............cocaina a parte in quella sono coinvolti anche i piani alti per cui è tabù. E se si proponesse un'alternativa a relativamente basso rischio? Io credo che nel fondamentale studio costi/benefici i benefici prevarrebbero

  3. Pierberardo lucini

    L articolo affronta in maniera completa un fenomeno complesso in maniera dettagliata e consapevole, si percepisce la voglia di non minimizzare il problema, ma sete di risoluzione.

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