Renzi sta privatizzando l’acqua?7 min read

2 Maggio 2016 Politica Politica interna -

Renzi sta privatizzando l’acqua?7 min read

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renzi sta privatizzando l'acqua?
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Lo scorso 21 Aprile la Camera dei Deputati ha approvato un disegno di legge che, a conti fatti, potrebbe snaturare l’esito del referendum del 2011 aprendo le porte alla gestione privata dell’acqua pubblica. Subito si sono sollevate forti polemiche dalle opposizioni, ma il Governo continua a ribadire che l’acqua è e sempre rimarrà un bene pubblico. Cerchiamo di capire assieme come stanno realmente le cose.

Il ddl Daga

Iniziativa popolare. La storia del disegno di legge incriminato inizia nel 2007, quando viene presentato per la prima volta in Parlamento grazie ad una Legge d’Iniziativa Popolare promossa dai Comitati per l’acqua pubblica. Nel corso di questa legislatura, un intergruppo parlamentare formato da deputati PD, Sel e M5S ha ripreso ed aggiornato quella stessa proposta di legge presentandola nuovamente come ddl Daga, da Federica Daga la parlamentare Cinque stelle prima firmataria del testo. Questa nuova versione nata sull’esperienza del referendum sull’acqua pubblica, prevedeva diversi obiettivi quali:

  • il riconoscimento dell’acqua come diritto umano universale;
  • la tutela del patrimonio idrico come bene pubblico inalienabile;
  • assicurare la gestione del patrimonio idrico da parte di enti pubblici pienamente controllati dallo Stato tenendolo fuori dalle regole di mercato;
  • promuovere l’uso responsabile delle risorse idriche nel campo agricolo, in quello alimentare, della salute e dell’energia;garantire a tutti i cittadini una fornitura d’acqua minima di 50 litri al giorno a persona anche in caso di morosità sulla bolletta;

Mancano le coperture finanziarie? L’ostacolo più grande per l’attuazione di questa proposta di legge era legato alle coperture finanziarie che avrebbero dovuto essere impiegate per garantire la completa gestione pubblica dell’acqua: le indicazioni di finanziamento date nell’articolo 12 del ddl sono state giudicate inadeguate dal Servizio Studi della Camera che ha evidenziato la necessità di trovare dei correttivi “coerenti con i principi di contabilità pubblica”. L’Italia soffre un tasso di dispersione delle risorse idriche del 37% e necessita di massicci investimenti per gli impianti di depurazione e fognature: l’Autorità dell’energia ha stimato che sia necessario l’impiego di ben 65 miliardi di euro in 30 anni per creare e mantenere nuove strutture per la gestione e distribuzione dell’acqua. Vista le difficoltà di investimento coi fondi pubblici legate al patto di stabilità ed agli accordi con l’Unione Europea, l’apertura al settore privato rappresenta per alcuni osservatori l’unica possibilità per permettere gli interventi necessari allo sviluppo del settore idrico in Italia.

Le modifiche al Ddl Daga

Profitto sulle forniture. È verosimile pensare che l’intenzione dell’attuale Governo sia quella di provare a concentrare la fornitura dei servizi pubblici locali nelle mani delle grandi multiutility che operano sul territorio nazionale (Acea ed Hera, solo per fare due esempi). Punto cruciale per l’attuazione di questa soluzione è dare la possibilità alle ditte private o agli enti pubblici di lucrare sul servizio di fornitura, reintroducendo la voce di remunerazione dell’investimento nella bolletta dell’acqua. Renzi lo scrisse su Facebook già ai tempi del referendum del 2011:

Referendum. Vado a votare sì all’acqua pubblica, dico sì per bloccare il nucleare di Scajola e Romani, dico sì perché non voglio legittimi impedimenti. Dico no al quesito sulla remunerazione dell’investimento: è una norma del governo Prodi nel 1996, ministro Di Pietro. Senza questa norma si bloccherebbero gli investimenti per acqua e depurazione. Tre sì e un no.

Emendamenti Pd. Proprio in quest’ottica, i deputati Enrico Borghi e Piergiorgio Carrescia del PD hanno presentato, durante la fase di discussione del testo in esame, due emendamenti per aprire la possibilità alle aziende private di gestire l’erogazione del servizio. La proposta di modifica, per voce della sottosegretaria Silvia Velo, ha accolto l’appoggio del Governo ed è stata infine confermata dalla maggioranza della Camera nella votazione in Aula dello scorso 21 Aprile.

Dal pubblico al privato. In particolare, il testo originale prevedeva che l’affidamento del servizio idrico integrativo dovesse essere assegnato “in via prioritaria” ad enti pubblici. Ma, al contrario, il testo emendato definitivo recita:

“Il servizio idrico integrativo sia considerato un servizio pubblico locale di interesse economico generale assicurato alla collettività, che può essere affidato anche in via diretta a società interamente pubbliche in possesso dei requisiti prescritti dall’ordinamento europeo per la gestione in house, comunque partecipate da tutti gli enti locali ricadenti nell’Ato (Ambito territoriale ottimale)”

Trova le differenze. Il disegno di legge che ora dovrà essere sottoposto alla votazione in Senato è molto diverso nello spirito dal primo testo del ddl Daga e lo è ancor di più dall’originale proposta legislativa del 2007, ma ne conserva comunque alcuni aspetti:

  • la gestione del servizio idrico non è più esclusiva pubblica ed assume rilevanza economica, permettendo ai gestori di poter registrare utili dalla loro attività di fornitura;
  • la disciplina delle concessioni per il prelievo differente all’uso potabile viene rimandata ad uno specifico decreto legislativo da adottare entro l’anno (nel testo originale l’autorità competente aveva potere decisionale assoluto sulla revoca ed il rinnovo);
  • la bolletta dell’acqua dovrà evidenziare diversi parametri legati al servizio quali qualità dell’acqua, percentuale media della perdita idrica e i dati relativi all’investimento sulla rete di infrastrutture;
  • rimane la garanzia di fornitura dei 50 litri giornalieri a persona anche in caso di morosità e viene mantenuta obbligatoria l’adozione di contatori per ogni abitazione;
  • su ogni bottiglia di acqua minerale in plastica verrà attivato un contributo i un centesimo che andrà a sostegno dei progetti per l’accesso all’acqua potabile per i Paesi poveri promossi dal Fondo nazionale di solidarietà internazionale.

Secondo il testo di legge l’acqua rimane un “bene pubblico” e l’apertura alla privatizzazione riguarda, di fatto, unicamente la gestione e l’erogazione del servizio idrico.

Privatizzare l’acqua: cosa dice il referendum del 2011

Bene pubblico senza scopo di lucro. Il quesito referendario del 2011 chiedeva l’abrogazione di una norma che prevedeva l’obbligo per gli enti locali di indire delle gare d’appalto per l’assegnazione della gestione di alcuni servizi pubblici locali essenziali, fra cui anche l’acqua. Queste gare avrebbero dovuto essere aperte a soggetti pubblici, privati o misti pubblico-privati. La campagna d’informazione dei comitati per il “Si” non si era però focalizzata sul contestare le modalità di assegnazione del servizio, quanto piuttosto sui soggetti a cui poterlo affidare. Secondo i comitati, i servizi legati all’erogazione dell’acqua dovevano essere esclusiva pubblica e senza scopo di lucro, al fine di garantire a tutti i cittadini il pieno godimento del bene pubblico. In molti vedono la scelta di 27 milioni di italiani che hanno votato per l’abrogazione della norma sugli appalti come un chiaro messaggio alle istituzioni: l’acqua è un bene pubblico e deve essere gestito dallo Stato.

Mancano gli investimenti. A seguito del referendum, però, non vi sono stati grossi investimenti per la pubblicizzazione del settore idrico e gli enti locali, seguendo la normativa comunitaria vigente, hanno comunque provveduto a rivolgersi a realtà private o parzialmente pubbliche per garantire la fornitura del servizio idrico sul territorio. Il ddl Daga avrebbe dovuto tracciare una prima linea d’intervento dopo il vuoto normativo ed i mancati investimenti post-referendum. Vista l’apparente impossibilità di trovare fonti di finanziamento adeguate per attuare la statalizzare della gestione dell’acqua, il Governo è quindi intervenuto attraverso i deputati della maggioranza per rispondere alle mancanze normative. L’iniziativa dell’esecutivo non è stata apprezzata da molti cittadini che hanno visto tradite le loro aspettative dopo il risultato del referendum.

Renzi sta privatizzando l’acqua pubblica?

Le reazioni politiche. Il Movimento 5 Stelle sta puntando il dito contro quello che viene ritenuto il voltafaccia di Renzi, visto che nel 2011 l’allora sindaco di Firenze aveva espresso la sua posizione in favore dell’acqua pubblica. Anche Pippo Civati, segretario di Possibile, commenta con toni polemici il voto della Camera:

La proposta di legge in discussione in aula per “la gestione pubblica delle acque” così com’è tradisce l’esito del referendum del 2011, il più partecipato degli ultimi 15 anni, l’unico ad aver raggiunto il quorum.

L’accusa di Civati fa eco alla percezione di molti altri osservatori che vedono accantonata la vittoria del “Si” di cinque anni fa in favore degli obiettivi del Governo. Il ministro per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione Marianna Madia proprio lo scorso 21 Aprile ha dichiarato:

Finché c’è questo governo nessuno sentirà parlare di privatizzazione dell’acqua. […] Il decreto sui servizi pubblici rispetta l’esito del referendum.

Il Governo è convinto di agire nei confini tracciati dai risultati del referendum del 2011, ma molti cittadini non ne sono convinti e non si fidano. Secondo il testo del ddl, che deve essere ancora discusso in Senato, l’acqua è e rimane un bene pubblico. Al di là delle parole, però, bisognerebbe chiedere a questo governo come un bene pubblico possa essere considerato tale e godere delle stesse tutele se viene gestito ed erogato da imprese private.

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Fiorentino di nascita, Web Marketing Specialist per diletto e Nerd di professione. Si nutre di cultura pop e vive la sua vita perennemente in direzione ostinata e contraria. Per Le Nius supporta l'area editoriale, in ambito politica, e l'area social. matteo@lenius.it
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