Referendum Lombardia e Veneto | Cosa bisogna sapere6 min read
Reading Time: 5 minutesIl prossimo 22 ottobre in Lombardia e Veneto i cittadini saranno chiamati a esprimersi sull’autonomia delle regioni attraverso un referendum consultivo. Le urne saranno aperte dalle 7 alle 23.
Entrambi i quesiti referendari rispettano i criteri dell’articolo 116 della Costituzione italiana, che dopo la riforma del 2001 prevede al comma 3: “Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia […] possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei principi di cui all’articolo 119. La legge è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, sulla base di intesa fra lo Stato e la regione interessata”.
I referendum servono, quindi, alle regioni interessate come richiamo alla volontà popolare nel corso delle trattative con lo Stato centrale per ottenere maggiore autonomia. Ma le consultazioni in Veneto e Lombardia, pur avendo lo stesso fine, hanno presentano delle differenze importanti nella loro forma.
Pocket Nius: da sapere in breve
1. Il 22 ottobre in Lombardia e Veneto ci sarà il referendum consultivo sull’autonomia. Si vota dalle 7 alle 23.
2. Il referendum non ha efficacia immediata, ma serve alle regioni come strumento politico per strappare più concessioni dallo Stato centrale nelle trattative.
3. Il referendum in Lombardia prevede l’utilizzo del voto elettronico tramite tablet, che da soli sono costati 24 milioni di euro.
4. I rappresentanti di tutti i principali partiti a livello locale sono in buona parte favorevoli alle consultazioni sull’autonomia, ma i vertici nazionali rimangono scettici sull’effettiva utilità del referendum.
5. I sondaggi pubblicati finora indicano che l’affluenza per entrambe le consultazioni non supererà il 50%.
Il referendum in Lombardia
La Regione Lombardia ha indetto il referendum dopo l’approvazione di una mozione votata in Consiglio regionale con maggioranza qualificata. Il referendum non richiederà quindi un quorum per essere considerato valido.
Il quesito sulla scheda lombarda chiede ai cittadini se il governo regionale è legittimato a:
intraprendere le iniziative istituzionali necessarie per richiedere allo Stato l’attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, con le relative risorse, ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 116, terzo comma.
Nel caso di esito positivo, i vertici della Regione Lombardia avvierebbero una trattativa con lo Stato centrale per ottenere la gestione di quante più materie di competenza “concorrente” possibili dalla lista prevista dall’articolo 117 della Costituzione.
Per quanto riguarda il punto di vista economico, una maggiore autonomia della Lombardia avrebbe un impatto pesante sull’economia della Regione: è la regione più popolosa (con 10 milioni di abitanti) e da sola produce il 20% del Pil nazionale, con un gettito fiscale che quest’anno toccherà i 56 miliardi di euro. Secondo quanto dichiarato da Gianni Fava, assessore regionale all’agricoltura: “Con il referendum vogliamo lasciare in Lombardia almeno 24 miliardi di quei 56 miliardi”.
Una grossa novità introdotta con il referendum lombardo per l’autonomia riguarda il voto digitale: il decreto di voto stabilisce che le consultazioni avverranno con l’utilizzo del voto elettronico, attraverso i 24mila tablet che la regione Lombardia ha acquistato e messo a disposizione nei circa ottomila seggi. Dopo il referendum, i tablet verranno messi a disposizione delle scuole del territorio.
Il Presidente della Regione, Roberto Maroni, ha così spiegato la scelta del voto digitale:
“Ho deciso che il voto sarà elettronico nel 100 per cento dei seggi: quindi non ci sarà carta, né matite copiative, che spero metteremo in archivio per sempre. Lo schermo riprodurrà il quesito e tre caselle con ‘Si’, ‘No’ e ‘Bianca’. Toccando una delle tre caselle comparirà la croce – con la possibilità di cambiare idea e toccare un’altra casella – poi la scritta ‘Vota’, premendo la quale sarà come aver depositato la scheda nell’urna. È previsto un sistema di sicurezza, che garantisce l’anonimato: non viene registrato il minuto in cui una persona vota, in modo che non si sappia come ha votato chi lo ha fatto in un determinato minuto”.
Il referendum in Veneto
La Regione Veneto ha invece indetto il referendum con legge regionale, vale a dire approvata da maggioranza semplice. Questo comporta che dovrà raggiungere il quorum del 50% degli aventi diritto al voto per essere ritenuto valido, nonostante si tratti di un referendum consultivo.
Il quesito è più corto rispetto a quello lombardo, ma ha lo stesso significato e obiettivo:
Vuoi che alla Regione Veneto siano attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia?
Anche in questo caso, con la vittoria del “Sì” i vertici regionali del Veneto aprirebbero un tavolo delle trattative con il Parlamento per discutere sull’attribuzione di nuove materie di competenza “concorrente”.
In nessuno dei due casi si arriverebbe quindi ad una vera e propria “scissione” con lo Stato italiano e neanche al riconoscimento dello status di “Regione a Statuto Speciale”, per la quale sarebbe necessaria la modifica dell’articolo 116 della Costituzione.
Accoglienza e reazioni
I due referendum hanno generato diverse polemiche relative ai costi e alla loro effettiva utilità: secondo i primi dati, il referendum veneto sta costando 14 milioni di euro, mentre per quello lombardo sono già stati spesi più di 24 milioni di euro solo per l’acquisto dei tablet per il voto elettronico.
Inoltre, data la natura consultiva, l’esito dei referendum non è vincolante e sembra difficile che Roma sia predisposta a garantire più autonomia a due delle più ricche regioni italiane principalmente per ragioni politico-economiche.
Particolarmente critico sul referendum lombardo è stato Giorgio Gori, sindaco di Bergamo quota Pd e possibile sfidante di Maroni per le prossime elezioni regionali, che su Facebook ha pesantemente attaccato il governatore e la Lega malgrado sia favorevole all’autonomia:
Anche Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia e alleata della Lega, ha sollevato perplessità sull’effettiva utilità del referendum e ha dichiarando che lei stessa non si recherebbe alle urne poiché si tratta di un “referendum solo propagandistico”.
Non mancano divisioni interne anche al Partito Democratico riguardo la consultazione: se gli amministratori locali come Gori o Sala, attuale sindaco di Milano, hanno espresso il proprio voto favorevole, i vertici nazionali del Pd hanno preso le distanze dai propri rappresentanti locali.
Apparentemente compatto invece il Movimento 5 Stelle schierato per il fronte del Si. Due referendum che uniscono gli avversari a livello locale, ma che dividono parte degli schieramenti su scala nazionale.
Ma i cittadini da che parte stanno?
I sondaggi
Secondo le ultime rilevazioni di Lorien Consulting, in Veneto si stima un’affluenza massima vicina al 42%. Ben distante dal quorum richiesto per la validità del referendum. In Lombardia, invece, i sondaggi prevedono un’affluenza vicina al 45%.
Tra coloro che si sono dichiarati intenzionati a votare nelle due consultazioni, il 69% si dichiara favorevole all’autonomia, mentre il 31% si dice contrario.
Ancora più precisi i sondaggi Swg pubblicati lo scorso 27 settembre sul Corriere: il 56% dei veneti e il 51% dei lombardi ritiene giusto il referendum, ma solo il 45% dei veneti e il 41% dei lombardi considera utile la consultazione. Inoltre, il 56% degli intervistati del nord ovest e il 52% del nord est ritiene che il voto sarà una spesa inutile.
5 link per saperne di +
1. Il + lombardo
Il sito Varese News mette in fila tutto ciò che c’è da sapere sul referendum in Lombardia.
2. Il + veneto
Il sito Vicenza Today fa la stessa cosa ma sul referendum in Veneto.
3. Il + scomodo
Paolo Balduzzi su lavoce.info spiega come, più che un referendum, servirebbe un serio negoziato.
4. Il + comparativo
Il Post si chiede se ci siano similitudini tra il referendum in Catalogna e il referendum in Lombardia e Veneto.
5. Il + storico
La Treccani ci ricorda del tempo in cui il Lombardo-Veneto fu un regno, almeno formalmente.