Quanti sono i poveri in Italia e in Europa?16 min read

17 Ottobre 2016 Economia Politica -

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Sociologo

Quanti sono i poveri in Italia e in Europa?16 min read

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Quanti sono i poveri in Italia e in Europa? Dati 2013

La questione sarebbe meglio posta così: qual è la percentuale di popolazione che è a rischio di povertà in Italia e in Europa? Scegliamo infatti la forma di misurazione della povertà che va sotto il nome di “persone a rischio di povertà e esclusione sociale”.

Secondo questa modalità di misurazione della povertà, i poveri in Italia sono il 28.4% della popolazione. È un dato che ha raggiunto il suo minimo storico (nell’ultimo decennio) nel 2010, quando era al 24.5%. C’è poi stato un balzo delle persone a rischio povertà nel 2011 (28.2%) e 2012 (29.9%, massimo storico). Quindi sì, sembra che la crisi abbia aumentato il rischio di povertà per la popolazione italiana.

I poveri sono distribuiti in maniera diseguale sul territorio nazionale. Al sud si toccano le percentuali più alte (55.3% Sicilia, 49.2% Basilicata, 49.0% Campania), al nord quelle più basse (12.3% provincia di Bolzano, 15.4% provincia di Trento, 16.1% Veneto).

Come siamo messi rispetto al resto d’Europa? Malino. Solo Bulgaria, Romania, Grecia, Lettonia e Lituania presentano una percentuale di cittadini a rischio di povertà più alta di noi, mentre il record positivo spetta alla Repubblica Ceca (14.6%), seguita da Olanda (15.9%) e Svezia (16.4%).

Tutti gli Stati europei eccetto Austria, Polonia e Romania presentano un trend negativo tra il 2009 e il 2013. Quindi sì, la crisi si è fatta sentire in tutta Europa, aumentando il rischio di povertà.

Quanti sono i poveri in Italia e in Europa: la povertà monetaria 2013

La soglia di povertà per un individuo singolo in Italia nel 2013 è di 9.440 €, soglia che cambia in base alle differenti tipologie di nuclei familiari.

Considerando solo la povertà monetaria il tasso di persone a rischio povertà è del 19.1% della popolazione nel 2013, anche se ci sono già le prime stime sul 2014 che lo danno in risalita al 19.6%. Storicamente il 19.6% è il tasso di povertà monetaria massimo toccato in Italia nell’ultimo decennio, nel 2011, probabilmente come effetto della crisi (era il 18.2% nel 2010).

La media europea è del 16.6%, quindi ci siamo sopra e non di poco. È una classifica dove ci precedono Grecia (23.1%), Romania, Bulgaria, Lituania, Spagna e Lettonia. I paesi più virtuosi sono Repubblica Ceca (8.6%), Olanda e Danimarca.

Quanti sono i poveri in Italia e in Europa: la grave deprivazione materiale 2013

Eurostat considera in stato di grave deprivazione materiale il 12.4% della popolazione italiana. Anche questo dato è in crescita nel periodo della crisi (era il 6.9% nel 2010!), e presenta una notevole differenziazione territoriale. Al sud la situazione è spesso drammatica (28.6% in Sicilia, 25.7% in Puglia, 21.6% in Campania), mentre va meglio al centro e soprattutto al nord (3.2% in provincia di Bolzano, 4.1% in Veneto, 4.9% in Piemonte).

Nel resto d’Europa la situazione va generalmente meglio. In Svezia i “gravemente deprivati” quasi non esistono (1.4% della popolazione), mentre la maggior parte dei paesi oscilla tra il 4% e l’8%. Maglia nera di questa triste classifica è decisamente la Bulgaria (al 43.0%), seguita da Romania, Lettonia, Grecia, Cipro, Lituania. Poi arriviamo noi.

Quanti sono i poveri in Italia e in Europa: la bassa intensità lavorativa 2013

L’ultimo indicatore del famoso dato delle persone a rischio di povertà e esclusione sociale si chiama “persone che vivono in nuclei familiari a bassa intensità lavorativa”. Dal nome sembra una roba complicatissima. Proviamo a spiegarla.

L’intensità lavorativa è il rapporto tra il numero totale dei mesi che tutti i membri del nucleo familiare preso in considerazione hanno lavorato in un anno e il numero totale dei mesi che gli stessi membri dello stesso nucleo familiare avrebbero potuto lavorare durante lo stesso anno. Per calcolare questo dato si considerano solamente le persone in età lavorativa, ossia quelle tra i 18 e i 59 anni, senza considerare gli studenti.

Se il rapporto descritto sopra dà un numero inferiore a 0.20, il nucleo familiare è considerato “a bassa intensità lavorativa”, il che è visto come un indicatore di povertà. In sostanza per una persona sola la bassa intensità lavorativa coincide con l’aver lavorato meno di due mesi e mezzo l’anno.

Secondo Eurostat l’11.0% della popolazione italiana vive in nuclei familiari a bassa intensità lavorativa. Il dato è in crescita costante a partire dal 2009, quando era l’8.8%, e le prime stime sul 2014 lo danno in ulteriore aumento al 12.0%.

In questo caso però ci allineiamo alla media europea (11.1%) e facciamo meglio di paesi come il Belgio (14.0%), il Regno Unito (13.2%), addirittura la Danimarca (12.9%). Maglia nera di questa classifica è l’Irlanda, dove il 23.9% della popolazione vive in nuclei familiari a bassa intensità lavorativa, seguita da Grecia (18.2%) e Spagna (15.7%). I paesi più virtuosi sono la sorprendente Romania (6.4%), il Lussemburgo (6.6%) e la Repubblica Ceca (6.9%).

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Sociologo, lavora come progettista e project manager per Sineglossa. Per Le Nius è responsabile editoriale, autore e formatore. Crede nell'amore e ha una vera passione per i treni. fabio@lenius.it
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