Come sta cambiando il matrimonio in Italia e in Europa34 min read

24 Febbraio 2023 Società -

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Sociologo

Come sta cambiando il matrimonio in Italia e in Europa34 min read

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Il matrimonio è un istituto giuridico che, stando all’etimologia del termine, indica l’unione di un uomo e una donna a fini civili e/o religiosi che assumono reciprocamente diritti e doveri. Dal punto di vista etimologico, l’enfasi è posta sui fini procreativi dell’unione e sul compito di madre più che su quello di moglie (matris = madre, monium = dovere, compito).

Insomma, i tradizionalisti possono attingere soddisfatti al banchetto dell’etimologia. Parliamo però di un termine originato nel contesto del diritto romano, che istituzionalizzava una situazione sociale che relegava la donna al ruolo appunto di madre, per affidare all’uomo il compito del padre (patrimonium), quello cioè di provvedere al sostentamento della famiglia.

Sono passati circa duemila anni. Da allora il matrimonio ha mutato continuamente forma, importanza, modalità, effetti riflettendo i cambiamenti sociali e gli interessi dei diversi poteri politici e religiosi.

Le più recenti battaglie si combattono attorno al sesso dei contraenti il matrimonio, che ormai in 34 paesi del mondo (più un’altra decina se consideriamo anche le unioni civili) non devono essere necessariamente un uomo e una donna, e sui diritti da riconoscere alle coppie che scelgono di costituire una famiglia pur non contraendo matrimonio.

Una cosa è certa: il matrimonio è in crisi. Lo sentiamo ripetere da anni. Ma è davvero così? Quanti sono i matrimoni in Italia e in Europa? Stanno davvero diminuendo? È vero che nascono sempre più figli fuori dal matrimonio? E che i matrimoni durano poco?

Quanti sono i matrimoni in Italia e in Europa

matrimoni italia 2020

L’anno con più matrimoni celebrati in Italia è il 1963, con 420 mila matrimoni. Nel 2020 sono 97 mila, meno di un quarto. Certo, il 2020 è un anno speciale, c’è di mezzo la pandemia che, tra le altre cose, ha rimandato le nozze di molte persone. La tendenza però è inesorabile: nel 2019 i matrimoni celebrati erano stati 184 mila, un dato comunque in calo, anche se non così drastico.

Un altro dato: negli anni sessanta (1960-69) si celebrarono 4 milioni di matrimoni; negli anni settanta 3,7 milioni; negli anni ottanta 3 milioni; negli anni novanta 2,9 milioni; negli anni duemila 2,5 milioni. Negli anni dieci 2,1 milioni.

E come va nel resto d’Europa? Per un confronto con gli altri paesi europei dobbiamo fare ricorso a un altro indicatore: il tasso di nuzialità (crude marriage rate, nel linguaggio internazionale), che è il rapporto tra numero di matrimoni contratti durante l’anno e la popolazione del paese, e si esprime per mille abitanti.

Per l’Italia quindi 97 mila matrimoni in rapporto a circa 60 milioni di abitanti risulta in un tasso di nuzialità di 1,6 matrimoni ogni mille abitanti. Il grafico riporta un confronto tra alcuni paesi europei.

nuzialita europa 2020

 

L’Italia è dunque lo stato con il più basso tasso di nuzialità d’Europa. Siamo abituati a stare in fondo alle classifiche, ma questo dato forse sorprende un po’, se ci immaginiamo il matrimonio come un’istituzione conservatrice di matrice religiosa.

In alto alla classifica troviamo, oltre ad alcuni paesi dell’est Europa su cui spicca l’Ungheria, che ha addirittura incrementato il suo tasso di nuzialità nel 2020, anche alcuni paesi del centro-nord Europa che leghiamo nel nostro immaginario a società più progressiste e secolarizzate dalla nostra.

La questione infatti è che il matrimonio non è un’istituzione religiosa.

Quanti sono i matrimoni religiosi in Italia e in Europa

Se andiamo a scomporre ulteriormente il quadro, notiamo infatti che in Italia solo il 29% dei matrimoni del 2020 si è svolto con rito religioso. Attenzione però perché questo dato è particolarmente falsato dalla pandemia, che ha evidentemente suggerito il rinvio soprattutto dei matrimoni religiosi. Negli anni precedenti la percentuale si divideva più o meno al 50% tra matrimoni civili e religiosi.

Resta comunque il fatto che la percentuale di matrimoni religiosi era al 70% fino al 2004 e al 60% fino 2012 e, nonostante il drastico calo del 2020, risulta ancora più alta di altri paesi europei.

 

matrimoni religiosi 2020

Nel Regno Unito i matrimoni religiosi sono il 19%, in Francia il 15%, in Spagna il 10%, in Germania addirittura il 3%. Tutti dati influenzati negativamente dalla pandemia, ma che c’è da scommettere non risaliranno così tanto neanche dopo il 2021.

In Italia quindi ci si sposa poco, ma ci si sposa (ancora, un po’) religioso. Le differenze regionali però sono molto ampie. In alcune regioni del centro-nord – Valle d’Aosta, Liguria, Provincia di Bolzano, Emilia Romagna, Toscana, Friuli Venezia Giulia – i matrimoni religiosi sono meno del 20%, mentre in molte regioni del sud (Sardegna, Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Puglia) la percentuale ha comunque superato il 60% nonostante l’anno di crisi.

Primi e secondi matrimoni in Italia e in Europa

Un indicatore di cambiamento sociale è anche il numero di secondi matrimoni, conseguenza della crescita di divorzi e separazioni che analizzeremo in seguito. I dati Eurostat riportano in realtà il dato opposto, ossia la percentuale di primi matrimoni rispetto al totale dei matrimoni celebrati in un anno.

Il dato sembra essere molto falsato dalla pandemia, che ha probabilmente influito negativamente soprattutto sui primi matrimoni, almeno nei paesi più tradizionalisti. I paesi mediterranei e dell’est Europa, che solitamente hanno percentuali oltre l’80% di primi matrimoni, sono finiti agli ultimi posti con percentuali tra il 20 e il 40%. Rimangono invece più elevate le percentuali di paesi del centro-nord, che invece solitamente sono in fondo alla classifica. Vistosa eccezione è l’Ungheria, in cui nel 2020 l’85% dei maschi e il 94% delle femmine erano al primo matrimonio.

Fatta eccezione di nuovo per l’Ungheria, dove dal 2016 è in crescita, è una percentuale in diminuzione ovunque. Pensate ad esempio che in Italia nel 1990 il 95% degli sposi maschi era al primo matrimonio contro il 22% del 2020 (dato influenzato dalla pandemia, ma che comunque era al 44% nel 2019), e percentuali molto simili si riscontrano anche per le femmine.

Quando ci si sposa in Italia e in Europa

Altro indicatore determinante per cogliere il cambiamento dell’istituto del matrimonio in Italia e in Europa è l’età media a cui ci si sposa.

 

età matrimonio 2020

L’Italia è quindi tra i paesi dove ci si sposa più tardi in Europa. I paesi dove ci si sposa prima sono quelli dell’Est Europa. Questi dati fanno riferimento alla popolazione femminile. Per ottenere i valori dei maschi dovete aggiungere in media due-tre anni.

Il cambiamento nel tempo anche di questo indicatore è evidente. I primi dati messi a disposizione da Eurostat rispetto all’età media del primo matrimonio per le donne e gli uomini europei fanno riferimento al 1990. Prendiamo quindi come riferimento il periodo 1990-2020 e analizziamo il fenomeno in termini storici. In Italia, ad esempio, la situazione è questa.

età matrimonio italia 2020

 

Nell’arco di 30 anni l’età media delle donne al primo matrimonio è aumentata di 7,7 anni e quella degli uomini di 7,5.

Un cambiamento notevole, figlio dei cambiamenti sociali ed economici che hanno mutato i percorsi di transizione all’età adulta dei giovani, con percorsi formativi più lunghi e ingressi molto precari e graduali nel mondo del lavoro, ma anche con scelte che sono ora molto più accettate socialmente, come quella di non sposarsi oppure di dedicare più tempo anche ad esperienze di piacere e crescita personale.

Un cambiamento che attraversa trasversalmente tutti i paesi europei, anche se in misura diversa. Possiamo quindi affermare che è vero, ci si sposa sempre più tardi. E i figli? Il matrimonio è (ancora) vissuto come un passo preliminare alla procreazione?

Figli dentro e fuori dal matrimonio in Italia e in Europa

Come abbiamo visto all’inizio, l’etimologia della parola matrimonio mette l’accento sui fini procreativi dell’unione, e d’altra parte sia nel rito religioso che in quello civile il riferimento alla prole è evidente.

Tuttavia, anche qui, un conto è la carta e un conto sono i comportamenti sociali. Comportamenti che, anzitutto, va detto, vanno nella direzione di una diminuzione dei figli, per una serie di cause sociali ed economiche tra cui, e per fortuna, una accresciuta libertà di scelta di persone e coppie.

Ciò premesso, consideriamo l’indicatore del numero di figli che nascono fuori dal matrimonio come un indicatore del cambiamento di quest’ultimo e della società. Si tratta di un dato che è in netta crescita ovunque, mostrando come matrimonio e procreazione non siano più necessariamente conseguenti.

bambini fuori matrimonio 2020

 

In Italia il 34% delle nascite è avvenuta fuori dal matrimonio nel 2018. Nel 1970 questo dato era al 2%. Un mutamento straordinario, che pure ci lascia ancora agli ultimi posti fra i paesi europei dietro a Grecia – dove solo il 13,8% delle nascite avviene fuori dal matrimonio – Croazia, Polonia, Lituania, Ungheria, Romania e, sorpresa, Germania.

bambini nati fuori matrimonio europa 2020

Il paese europeo con il più alto tasso di nascite fuori dal matrimonio è la Francia, dove sei bambini su dieci nascono da coppie non sposate, seguita da Bulgaria, Portogallo, Slovenia, Svezia, Danimarca, Olanda.

Sorprende in questa classifica trovare alle posizioni più alte anche paesi mediterranei e dell’est Europa, solitamente considerati più tradizionalisti. Evidentemente, certi collegamenti non vanno dati per scontati.

Il dato che accomuna tutti i paesi è che la percentuale di bambini che nascono fuori dal matrimonio è in crescita ovunque tranne, al solito, in Ungheria, dove è passata dal 48% del 2015 al 30% del 2020.

Questi dati derivano ovviamente dal fatto che ci si sposa di meno preferendo forme di convivenza non regolate, ma anche dal fatto che il matrimonio sta diventando sempre più una scelta legata alle dinamiche di coppia più che una tappa propedeutica alla procreazione. In un numero crescente di casi il matrimonio diventa una tappa successiva, maturata anche anni dopo la nascita di uno o più figli.

Quanti sono divorzi e separazioni in Italia e in Europa?

L’ultimo indicatore che consideriamo è naturalmente il numero di divorzi e separazioni che, visto il quadro dipinto finora, supponiamo essere in crescita un po’ ovunque. È così? Ni.

Nel 2020 ci sono stati 66.662 divorzi e 79.917 separazioni. Entrambi i dati sono in calo rispetto al 2019, probabilmente per effetto della pandemia. Le separazioni si mantengono ormai da almeno dieci anni intorno alle 80-100 mila unità annue.

Per quanto riguarda i divorzi, furono 18 mila nel 1971, primo anno in cui si poteva divorziare. La cifra si è poi stabilizzata intorno alle 10-15 mila unità all’anno per i successivi 15 anni. Il vero boom è iniziato a metà degli anni ottanta, con una crescita di divorzi proseguita fino ad oggi, anche se il dato negli ultimi anni segna un calo dopo il picco di 99 mila divorzi nel 2016.

In pratica, per ogni 100 matrimoni ci sono circa 68 divorzi. Erano 2,9 ogni 100 nel 1975, 20 ogni 100 solo nel 2007. Per un confronto con gli altri paesi europei dobbiamo fare ricorso a un altro indicatore: se per i matrimoni avevamo utilizzato il tasso di nuzialità, dobbiamo usare qui quello che possiamo chiamare tasso di divorzialità, ossia il rapporto tra numero di divorzi avvenuti durante l’anno e popolazione del paese, che si esprime per mille abitanti.

Per l’Italia quindi 66 mila divorzi in rapporto a circa 60 milioni di abitanti risulta in un tasso di 1,1 divorzi ogni mille abitanti, il più basso dell’Unione Europea. I paesi del centro-nord Europa presentano i dati più alti, dati che in ogni caso sono in crescita ovunque, almeno fino al 2010. Da lì in poi in molti paesi il dato è stabile o in leggera flessione.

E le unioni civili?

Chiudiamo questa lunga carrellata dedicata ai cambiamenti del matrimonio in Italia e in Europa con i dati sulle unioni civili in Italia. Le unioni civili sono state introdotte nel 2016 dalla cosiddetta legge Cirinnà. Nel periodo compreso tra luglio 2016 e il 31 dicembre 2020 sono state costituite in totale 13.356 unioni civili, di cui il 66% tra uomini (8,8 mila unioni) e il 33% (4,5 mila) tra donne.

 

unioni civili 2020

Come quello dei matrimoni, anche il dato delle unioni civili è in calo nel 2020 a causa della pandemia, anche se a dire la verità lo era già negli anni precedenti dopo il boom del 2016/2017 quando sono state istituite.

Per quanto riguarda il 2020, a livello regionale il Lazio è la regione con il maggior numero di unioni civili in rapporto agli abitanti (4,5 per centomila abitanti), seguita da Toscana, Lombardia, Emilia Romagna e Liguria. Agli ultimi posti Calabria e Basilicata con un tasso inferiore allo 0,5 per centomila abitanti.

In conclusione: il matrimonio è cambiato

Cosa dedurre da tutti questi dati? Una cosa sicuramente: l’istituto del matrimonio è molto cambiato. In generale, ci si sposa sempre meno, sempre meno con il rito religioso, e sempre più tardi. Ma il passaggio cruciale mi pare un altro.

In termini molto generali, e almeno in Italia, dal dopoguerra in poi il matrimonio era considerato un passaggio quasi obbligato e propedeutico al fare figli. Dagli anni ottanta le cose hanno iniziato a cambiare: molte coppie non si sposano, altre si sposano ma non hanno figli, altre hanno figli e poi si sposano, altre si separano, con molta più accettazione sociale di prima.

Salta in sostanza il passaggio lineare matrimonio – procreazione e si aprono traiettorie di vita molto più diversificate, come succede peraltro in molti altri aspetti della vita, come lo studio e il lavoro. Qualcuno la chiamerebbe postmodernità.

Questo mutamento, che è un mutamento profondo delle relazioni sociali, investe molti contesti occidentali, anche se non tutti allo stesso modo. Nei paesi del nord Europa, ad esempio, il matrimonio è sempre stato qualcosa di diverso, legato più alle scelte individuali che ad un passaggio socialmente regolato preliminare all’avere figli.

Questa narrazione è inevitabilmente grossolana e merita di essere letta nelle sue sfumature e nelle sue eccezioni, che abbiamo visto non essere poche. Mette in evidenza però come lo stesso istituto, nel tempo e nello spazio, possa assumere significati molto diversi tra loro ed è la bellezza, quasi magica, di quell’insieme di relazioni, norme e comportamenti che chiamiamo società.

Matrimonio in Italia: per approfondire

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Sociologo, lavora come progettista e project manager per Sineglossa. Per Le Nius è responsabile editoriale, autore e formatore. Crede nell'amore e ha una vera passione per i treni. fabio@lenius.it
4 Commenti
  1. Luciano

    mahhhh.....matrimonio non c'è fretta o non interessa? Statistiche, numeri, saranno certamente importanti, credo che lo siano più per un'impresa, per le classifiche - spero nella Juve, sopratutto in Champion's -, meno per il modo di definire la vita e tutto quanto contribuisce a portare avanti in nostro essere uomo , donna, comunità ampia di persone o comunità famigliare o gruppo...... Credo sia più importante capire se per voi giovani è ancora necessaria l'unione matrimoniale, e quali siano, oltre ai classici problemi economici e di lavoro, le cause che vi hanno allontanati in buona parte dal matrimonio. Confesso che credo profondamente nel matrimonio sia religioso che civile, ognuno ha poi le proprie idee se l'unione o il matrimonio svolgono ruoli diversi e determinanti nell’ accogliere una nuova vita e nell'educazione alla vita. Quanto sia importante star vicino ai propri anziani (famiglia allargata o gruppo informale?) che vivono così a lungo e che spesso più che di cure hanno necessità di sentirsi amati ed attivi, risorse importanti nei confronti dei nipoti. E' importante conoscere i numeri, ma i numeri devono parlare di persone e non di statistiche e classifiche.

  2. Fabio Colombo

    Sono d'accordissimo. Questo è il grande limite dei dati, che dietro ai dati ci sono storie e nessun dato, anche il più preciso, riuscirà mai a contenere una storia. Quello che stiamo cercando di fare su Le Niùs è alternare dati e storie, anzi raccontare storie senza dimenticarci che comunque anche una lettura statistica può aiutarci a descrivere lo scenario in cui ci muoviamo e i cambiamenti che stanno avvenendo. Spetta a noi, poi, interrogarci sui dati e chiederci quali vicende, scelte, motivazioni ci sono dentro i numeri. Naturalmente possiamo farlo, anzi, mi sa che lo faremo.

  3. Luciano

    Direi che ci troviamo 'numericamente' d'accordo......oltretutto per anni ho seguito per la regione Marche il dossier statistico Caritas sull'immigrazione....nel 2005, mi sembra, ho deciso di fare in regione una piccola pubblicazione statistica che si intitolava: I NUMERI PARLANO DI PERSONE

  4. giorgio

    Interessante ma non sono menzionati motivi economici e fiscali che sono alla base della scelta,un po' come ignorare un elefante nella stanza: spiegherebbero almeno certe differenze macroscopiche rispetto ad altri Paesi europei. Ad esempio perche' in Ungheria ci si sposa cosi' tanto ? non c' entra nulla il costume o la mentalita' ma gli imponenti incentivi governativi che spingono a questa scelta.Non si fa menzione di un' altro aspetto essenziale: e' semplice il divorzio o e' una costosa e tortuosa vicenda burocratica?gli obblighi di mantenimento ci sono in caso di divorzio o ciascuno deve semplicemente provvedere a se stesso ? possono questi pagamenti essere cosi' onerosi da minare la qualita' della vita del ex coniuge pagante? in caso di non versamento degli alimenti possono esserci conseguenze penali? (leggevo oggi con sgomento e incredulita' dell' arresto di un cittadino che da alcuni anni non pagava il dovuto all' ex moglie). https://www.reuters.com/article/us-hungary-marriages-idUSKBN1Y01XG https://www.studiocataldi.it/amp/news.asp?id=30137-assegno-divorzio-come-funziona-in-europa#par5

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