La crisi del Qatar e l’ipocrisia di sauditi e americani10 min read

13 Giugno 2017 Mondo -

La crisi del Qatar e l’ipocrisia di sauditi e americani10 min read

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L'emiro del Qatar Sheikh Tamin bin Hamad al Thani
@businessinsider.com

Lo scorso 5 giugno l’Arabia Saudita e molti altri Paesi arabo-sunniti hanno deciso di chiudere i propri rapporti col Qatar, accusandolo di sostenere in segreto diverse formazioni terroristiche. Su Twitter Trump si è schierato a favore dell’iniziativa, confermando il coinvolgimento degli Usa nella questione.

L’interesse degli Stati Uniti e i veri motivi di questa nuova profonda crisi in Medio-Oriente vanno ricercati nella storia recente del ricco Paese arabo e dei suoi rapporti con le altre realtà sunnite.

L’isolamento del Qatar in breve

Era ormai diverso tempo che l’Arabia Saudita muoveva pesanti accuse al Qatar. Malgrado la loro appartenenza sunnita, i sovrani qatarioti in più occasioni hanno dimostrato di non essere ostili all’Iran, principale nemico del blocco dei Paesi sunniti del Medio Oriente. In molti hanno inoltre accusato il Qatar di non fare niente di concreto per contrastare formazioni terroristiche sciite attive nella Penisola Araba. Ad avvallare le antipatie saudite nei confronti del Qatar ha giocato un ruolo importante anche al Jazeera, principale emittente di lingua araba che ha la sua sede proprio in Qatar: il network non ha mai celato la sua simpatia nei confronti di Fratelli Musulmani, movimento radicale musulmano da sempre in contrasto con le monarchie arabo-sunnite della Penisola.

Apparentemente, il livello di tolleranza ha superato il limite solo dopo le dichiarazioni che la Qatar News Agency, agenzia statale qatariota, ha attribuito all’emiro del Qatar Sheikh Tamin bin Hamad al Thani:

Non c’è saggezza nel nutrire l’ostilità nei confronti dell’Iran.

Sempre secondo la News Agency, queste parole farebbe seguito ad altre dichiarazioni in cui l’emiro condanna l’inclusione degli Hezbollah libanesi e di Hamas nella lista delle organizzazioni terroristiche: secondo al Thani sono dei “gruppi di resistenza” e non “gruppi terroristici”. Poco dopo l’uscita della notizia, l’agenzia statale si è affrettata a smentire quanto diffuso tramite i suoi canali, scaricando la paternità di quelle interviste fasulle a degli hacker che avevano violato il loro sistema informatico.

L’Arabia Saudita, tuttavia, non ha “voluto” credere alle giustificazioni dell’emittente e ha approfittato dell’occasione per completare l’isolamento del Qatar. La controversa presa di posizione dei sauditi è stata seguita da altri Stati arabi di appartenenza sunnita: gli Emirati Arabi, lo Yemen, il Bahrein, le Maldive e anche il governo della Libia Orientale, sostenuto da Egitto ed Emirati ma non riconosciuto dall’Onu. Il personale diplomatico dei Paesi coinvolti verrà ritirato e le forze armate qatariote saranno espulse dalla coalizione araba che sta combattendo in Yemen contro i ribelli Houthi.

Immediate le reazioni delle varie compagnie aeree che operano nella regione: Etihad, la compagnia di bandiera degli Emirati Arabi, è stata la prima a sospendere i voli per il Qatar, seguita da Emirates, Flydubai ed Egypt Air. Allo stesso modo, Qatar Airways ha annunciato la sospensione delle tratte per l’Arabia Saudita. Ai cittadini qatarioti presenti all’estero, sono state comunque concesse due settimane di tempo per rientrare in patria prima della completa chiusura delle frontiere. Anche l’accesso al sito di al Jazeera è stato bloccato nel blocco dei Paesi isolazionisti.

Il ruolo degli Usa nella crisi del Qatar

Dietro alla decisione dell’Arabia Saudita sembra esserci anche l’influenza degli USA. Secondo molti, al vertice tenutosi a Riad fra Trump e gli emiri di Arabia Saudita ed Emirati Arabi, il Presidente degli Stati Uniti avrebbe spinto affinché i Paesi Arabi alleati isolassero il Qatar e gli altri Stati non apertamente schierati contro il terrorismo e i nemici dell’America. Le rassicurazioni offerte da Trump potrebbero essere state l’incoraggiamento necessario convincere la coalizione araba al passo decisivo.

Secondo Robert Malley, coordinatore dei rapporti col Medio Oriente sotto l’amministrazione Obama:

Chiaramente, l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi sapevano di avere qualcuno alla Casa Bianca che avrebbe coperto loro le spalle. Questo mette il Qatar in una posizione difficile: perseguire un radicale cambiamento nella politica o finire nell’isolamento più profondo.

Quest’ultima ipotesi sarebbe confermata dai tweet pubblicati da Trump dopo l’annuncio dell’isolamento. Di fatto il Presidente americano ha pubblicamente accusato un Paese alleato degli Stati Uniti di sostenere le formazioni terroristiche. I collaboratori della Casa Bianca hanno da subito cercato di minimizzare le parole del Presidente, evidenziando che la politica estera degli Stati Uniti non contempla la rottura dei rapporti fra i Paesi arabi sunniti suoi alleati. Ma c’è un altro fattore di rischio da non sottovalutare. Il Qatar ospita una grande base militare americana e la svolta assunta dalla diplomazia potrebbe compromettere la posizione dei soldati stanziati sul territorio. Il Segretario di Stato Americano, Rex Tillerson, si è affrettato a specificare che la presa di posizione dell’Arabia Saudita non avrà effetti diretti alla lotta al terrorismo e alla guerra contro lo Stato Islamico. Rimangono comunque diversi dubbi sul peso che la base americana ricoprirà nelle prossime settimane nella crisi scoppiata nel Golfo.

Conseguenze della crisi qatariota

L’intento dei Paesi arabo-sunniti e degli Usa è quello di convincere il Qatar ad allinearsi alle loro posizioni anti sciite. L’isolamento è l’ultima carta diplomatica per convincere i sovrani qatarioti.

Nelle prossime settimane è probabile che scendano in campo diversi mediatori per cercare di appianare il solco creatosi nel Medio Oriente. Già nel lunedì nero dell’isolamento, il ministro degli esteri dell’Oman si è recato in Qatar proprio sotto la richiesta del governo qatariota. Anche il Kuwait, che già nel 2014 aveva mediato una crisi simile, non si è apertamente schierato e sembra stia cominciando a muovere la propria macchina diplomatica. A farsi avanti come mediatore è stato anche Erdogan, che monitora preoccupato l’evolversi della situazione.

Il sultano turco si è apertamente opposto all’isolamento del Qatar, garantendo l’estraneità dei sovrani sauditi alle accuse di sostegno al terrorismo. Il conflitto di interessi di Erdogan è però sotto l’occhio di tutti: la Turchia ha sempre appoggiato in maniera poco velata gli interessi dei Fratelli Musulmani e ha favorito in diverse occasioni le formazioni terroriste sunnite che operano nella regione, Isis inclusa.

Il caos scaturito dall’isolamento del Qatar potrebbe portare a sviluppi inediti nello scenario Medio-Orientale, poiché prima d’ora non vi era stata una spaccatura così profonda all’interno dello stesso schieramento sunnita. Alcuni ritengono che questo possa rappresentare il primo passo per la definitiva sconfitta del terrorismo islamico, ma è ancora presto per sbilanciarsi su queste conclusioni, tenendo presente che il principale accusatore, l’Arabia Saudita, è pienamente coinvolta nella nascita dello Stato Islamico e non ha alcuna credibilità in questo tipo di “moralizzazione”, specialmente in fatto di democrazia. Per capire come stanno le cose è molto più utile, per dirla all’americana, seguire l’odore dei soldi, che sia moneta o interesse strategico nel mantenere un pezzo di mondo arabo ostaggio delle sue paure.

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Fiorentino di nascita, Web Marketing Specialist per diletto e Nerd di professione. Si nutre di cultura pop e vive la sua vita perennemente in direzione ostinata e contraria. Per Le Nius supporta l'area editoriale, in ambito politica, e l'area social. matteo@lenius.it
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