Puntodock, la soluzione è collettiva: Storie di giovani7 min read

4 Settembre 2014 Giovani -

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Sociologo

Puntodock, la soluzione è collettiva: Storie di giovani7 min read

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puntodockAbbiamo cominciato da sud, dai “riattivatori” di Pop Hub, di base a Bari. Risaliamo ora la costa adriatica e sbarchiamo ad Ancona, per la nostra seconda clip di Storie di Giovani, raccontando Puntodock, una cooperativa di giovani “generatori di soluzioni collettive”.

Che linguaggio, questi giovani innovativi di cui stiamo intercettando le storie. Riattivare la città, generare soluzioni collettive e chissà quali altri nuovi modi di descrivere quello che si fa incontreremo. È uno degli aspetti affascinanti della nostra rubrica, un viaggio non solo nelle storie di giovani protagonisti del cambiamento sociale ma anche nei loro linguaggi, con cui spesso sfidano l’esistente, che si perpetua anche attraverso stratagemmi linguistici.

Puntodock, dunque. Ancona, il gomito d’Italia. È da questa città d’oriente che arriva la storia narrata da Tommaso, trentenne presidente di Puntodock, che con un gruppo di altri giovani ha fondato la cooperativa quattro anni fa. Ecco il suo racconto.

Storie di Giovani: Puntodock Ancona

Tommaso, chi sono i protagonisti di Puntodock?

Per il momento il cuore pulsante di Puntodock è composto da quattro soci lavoratori (solo uno supera i 30 anni, ma non dirò chi…): Cristiana, la nostra Social media manager preferita, Carmelo che si occupa di progettazione, Francesco che sviluppa i nostri servizi e si relaziona coi clienti, ed io che progetto e gestisco i processi partecipativi.

Come siete arrivati a costituire Puntodock?

È stata una scintilla, una splendida casualità che ha unito percorsi diversi e uno stesso desiderio di crearsi un lavoro a partire dalle proprie inclinazioni. Era il 2010, a Londra, una settimana prima che eruttasse il vulcano islandese Eyjafjöll, e stavamo frequentando un Master internazionale. Le condizioni astrali c’erano tutte.

Cristiana ha cominciato a fare proseliti tra alcuni della nostra classe e con un “perché non ci vediamo per capire se possiamo fare qualcosa insieme?” è iniziata l’avventura Puntodock. Così, in sette persone che abitavano e lavoravano tra Bologna, Genova, Milano, Roma e Ancona, abbiamo cominciato a riunirci, in giro per l’Italia nei fine settimana e online di notte, costruendo i primi modelli, riempiendo business plan, analizzando target e territori. All’epoca lavoravamo tutti, chi in azienda chi nel non profit, e l’idea di fondo che fin da subito ha animato il gruppo era che volevamo inventarci un lavoro, insieme.

Il tema che volevamo trattare era chiaro: vedevamo tante persone e tante organizzazioni tentare progetti, ma con una scarsa capacità di collaborare. Volevamo permettere alle persone di cooperare, sia all’interno delle organizzazioni, sia nei progetti con partner diversi, sia nel rapporto tra cittadini e Pubbliche Amministrazioni. I nostri servizi sarebbero stati strumenti e modalità di lavoro. Dato che parlavamo di cooperazione abbiamo costituito una cooperativa, ovvero un’azienda in cui le decisioni vengono prese da tutti i soci, in cui gli stessi soci lavoratori eleggono il Consiglio di amministrazione, che investe i propri utili nelle sue attività, che ha l’obiettivo di creare lavoro e utilità sociale.

“Generatori di soluzioni collettive”, così Puntodock si presenta al pubblico. Vediamo come ce lo spieghi…

Appunto. Perché serve generare soluzioni collettive? Per rispondere a problemi sempre più complessi. Poniamoci una domanda, anzi, la domanda sulla quale siamo cresciuti: decisioni che riguardano un’intera comunità possono essere prese da poche persone? La nostra risposta è no. In questa prospettiva risulta necessario costruire processi decisionali aperti, partecipati e collaborativi. Questa filosofia la traduciamo nei lavori che facciamo con imprese, Pubbliche Amministrazioni ed organizzazioni del Terzo settore, affinché riescano ad elaborare piani di azione e scenari di cambiamento condivisi.

Le nostre consulenze, gli strumenti che usiamo e le formazioni che facciamo in tutta la penisola riguardano la coprogettazione delle politiche pubbliche, facendo lavorare insieme funzionari pubblici e cittadini su tematiche specifiche, interventi di sviluppo locale, il supporto nella scrittura di progetti, la realizzazione di processi collaborativi per la gestione di imprese e organizzazioni a mission sociale.

Raccontaci uno dei vostri progetti…

Cominciano ad essere tanti, e Cristiana lo sa bene perché in questi giorni ha dovuto rivedere il portfolio per il nuovo sito web. Vi racconto di Let’s Gov, progetto realizzato con la Regione Umbria, sulle Politiche giovanili regionali.

Quante volte vi è capitato di poter interagire con Assessori, dirigenti e funzionari regionali per confrontarvi su una tematica che vi sta a cuore, per poi tirarne fuori leggi che rispondano ai bisogni effettivi delle persone? In Umbria è successo: 200 giovani e 20 Amministratori pubblici sono stati i protagonisti di un processo partecipativo che si è concentrato su quattro tematiche relative al mondo giovanile: verso l’autonomia (istruzione, formazione, lavoro e abitazione), cittadini attivi e consapevoli (partecipazione, inclusione e legalità), protagonismo nella comunità e nel territorio (tempo libero, aggregazione, cultura e creatività), questione di stile (benessere, salute e stili di vita).

Abbiamo disegnato il processo in modo che i giovani ed i funzionari potessero dialogare in un confronto orizzontale. Ne sono uscite delle proposte che sono state trasformate in progetti, descrivendone i risultati attesi e le attività principali, dando loro una cornice temporale ed economica, evidenziando le modalità di coinvolgimento dei portatori di interesse. Il processo ha innescato un rapporto di fiducia tra beneficiari e Amministratori, fornendo un metodo di lavoro che alcune Commissioni stanno portando avanti: Let’s Gov è stato il primo tassello nella formulazione delle nuove Politiche giovanili della Regione Umbria.

…e un aneddoto simpatico che ti è capitato in questa avventura di Puntodock.

Quando ti trovi in treno con il metaplan (una struttura mobile in alluminio e feltro per attaccare cartoncini) e una borsa piena di pennarelli, cartoncini, scotch carta, campana segnatempo e collaspray, è impossibile evitare di suscitare la curiosità delle persone. A quel punto non riesco a trattenermi e propongo ai curiosi di tirare a indovinare a cosa servano tutti quegli oggetti. Le ipotesi migliori sono state “maestro geometra per le scuole”, “animatore”, “artista”, fino ad un eccezionale “professionista dell’aquilone”. Nessuno sbaglia, perché ognuno coglie alcuni aspetti del meraviglioso mestiere del facilitatore.

puntodockLa sede di Puntodock è ad Ancona. Cosa (non) offre il territorio a una realtà giovane e innovativa come la vostra?

La prima cosa che mi viene in mente è che gran parte dei nostri lavori li facciamo fuori: Emilia Romagna, Lazio, Toscana e Umbria. Molti interlocutori nella nostra regione sono interessati e curiosi, ma non sempre colgono il carattere strategico di ciò che proponiamo. Ci rendiamo conto che cambiare modello produttivo e decisionale sia un’evoluzione che ha bisogno di tempo, ma date anche le ristrettezze economiche in cui versano sia il settore privato sia quello pubblico, ci aspettiamo che nei prossimi mesi, per i dirigenti di organizzazioni e per i funzionari pubblici, mettersi in discussione diventerà una necessità e non più un desiderio.

Cerchiamo con energia di sfatare il mito del profeta in patria, realizzando anche iniziative divulgative, educative e formative sulla cultura partecipativa, i modelli collaborativi, l’impatto sociale, la coprogettazione, cioè quei temi che secondo noi offrono una via d’uscita alla situazione stagnante attuale. Per non sentirci soli, quest’anno abbiamo dato inizio alla campagna #NuoviModelli da copertina marchigiana, con altri giovani imprenditori, per mostrare e dimostrare sia alle persone sia alla politica che l’economia si risolleva solo se parliamo un nuovo linguaggio, fatto di condivisione, innovazione, imprenditorialità, valore sociale, nuovi spazi e nuove relazioni.
La comunità dei NuoviModelli sta già lavorando per un evento aperto nel prossimo autunno, state pronti.

In sostanza, Puntodock “vi dà da lavorare”? Quali prospettive avete per il futuro?

Già ora stiamo lavorando affinché servizi come i nostri diventino la norma: attuare processi decisionali collettivi nei servizi pubblici, nelle aziende e nelle organizzazioni del Terzo settore è la nostra rivoluzione, perché ne vediamo ogni giorno l’efficacia e l’utilità, sia per i singoli che per le comunità. Da un anno ormai scriviamo sul nostro sito articoli che raccontano i lavori e le tematiche che trattiamo, con un doppio scopo: farle comprendere anche ai non addetti ai lavori e mostrare come teoria e prassi possano esistere sullo stesso piano.

Dal vostro punto di vista, cosa può/deve fare un giovane oggi per “trovare lavoro”?

Il lavoro non è un elemento che c’è o non c’è. Il mantra mediatico attuale è “il lavoro non c’è”, intendendo che ieri c’era, ma oggi non c’è. L’errore di fondo è che il lavoro non è un oggetto da trovare, ma un concetto, una grandezza fisica, un trasferimento di energia tra due sistemi. Il lavoro non si trova, si crea. Per questo motivo ai nostri coetanei, ma anche a chi si trova nella situazione di non lavorare e ha bisogno di un sistema di sostentamento, l’unico consiglio che mi sento di dare è di investire su se stessi: capite cosa vi piace, cosa vi caratterizza, approfonditelo e “lavorateci”.

Vuoi lasciare qualche messaggio particolare ai vostri coetanei che ci leggono?

Riflettete su voi stessi, trovate qualcosa che per voi sia davvero importante e coinvolgete altre persone. Se cambiare la realtà con altri è difficile, farlo da soli è impossibile.

Avete una Storia di Giovani da segnalare? Scrivete a societa@lenius.it

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Sociologo, lavora come progettista e project manager per Sineglossa. Per Le Nius è responsabile editoriale, autore e formatore. Crede nell'amore e ha una vera passione per i treni. fabio@lenius.it
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