Il Pimpa, clown tornato in Siria con una missione4 min read
Reading Time: 4 minutesGrazie al sostegno della Russia, l’esercito di Assad ha riconquistato gran parte del territorio siriano, Israele ha ritirato i Caschi Bianchi e 11 milioni di abitanti sono sfollati, di cui 5 fuori dal paese. E sembra incredibile ma le cose potrebbero ancora peggiorare per i cittadini.
In questo momento storico intervistiamo Marco Rodari, il Pimpa, clown che continua la sua missione (un Bimbo a cui hai regalato la Meraviglia, sarà portatore sano di Pace), anche e soprattutto per i bambini che si trovano in condizioni più complicate, come quelli di Aleppo. E come quelli in ospedale ad Aleppo.
Intervista al Pimpa clown di pace
Ciao Marco, dove sei ora?
Ora sono ad Aleppo e sono alla fine del mio viaggio in Siria che mi ha visto partire con i miei incontri con i bimbi da Damasco, fare poi alcune piccole “escursioni” sulla via di Aleppo e terminare, appunto, ad Aleppo.
Come sono andate queste settimane?
Quest’anno ho avuto la possibilità di lavorare molto di più (segno che la situazione, per i bimbi, sta “migliorando”). Oltre agli spettacoli, di cui davvero ho perso il conto del numero, sono riuscito finalmente ad entrare in un paio di ospedali e a cominciare la scuola di magia – clown con alcuni ragazzi del posto.
A 7 anni dalla primavera siriana, che Siria hai ritrovato?
Finalmente i bimbi possono ricominciare a giocare, ad andare a scuola con meno preoccupazioni e con la speranza di poter trascorrere un anno scolastico senza problemi estremi, anche se, ad esempio, questo riprendere a pieno l’attività scolastica porta ad avere le scuole con 70 alunni per classe! Comunque meglio così, almeno ricominciano le relazioni tra i bimbi con la speranza che si possa in futuro migliorare dal punto di vista della “qualità del servizio”.
Sei un clown che intrattiene i suoi piccoli spettatori con tanti giochi di prestigio: la tua abilità consiste anche nel guidare l’attenzione del pubblico verso un gesto che lo colga poi di sorpresa. Qual è stato l’episodio che ha stupito di più te in Siria, invece?
Non so se si può parlare di stupore, ma nello spostamento tra uno spettacolo e l’altro mi è capitato di passare davanti ad uno stadio di Aleppo e così, parlando, ho detto al driver che quando visito una grande città amo andare a vederne lo stadio (Barcellona, Madrid,…).
L’ho detto davvero scherzando, ma subito si sono fermati e con mio grande stupore, dopo un breve colloquio con i militari, ho potuto visitare lo stadio Olimpico più grande del Medio Oriente, 80000 posti a sedere. Ovviamente allo stupore si legava, da grande amante “malato” del calcio, l’amarezza nel vederlo distrutto e utilizzato come postazione bellica.
La Onlus che hai fondato si chiama “Per far sorridere il cielo”. Ma quando sorride il cielo?
Ogniqualvolta sorride un bimbo, o anche ogniqualvolta un bimbo si meraviglia, si stupisce, resta a bocca aperta.
“Per far sorridere il cielo” conta di volontari e operatori locali, di Gaza, Bagdad, Alessandria d’Egitto. Come funziona?
L’obiettivo maggiore resta quello del provare a seminare l’arte dell’essere clown nei ragazzi che hanno vissuto le guerre, questo perché è molto difficile dare un senso alla propria vita o, come preferisco dire, trovare una cosa bella da fare nella vita, dopo che la guerra ti ha portato via tutto.
Questo però è fortunatamente sempre successo e continua a succedere: solitamente i ragazzi all’inizio mi seguono nei miei spettacoli anche solo per curiosità o per dare una mano, e poi se hanno tanta passione ed un briciolo di talento allora si passa ad una formazione, in seguito alla quale cominciano a condividere il palco con me sino ad arrangiarsi da soli e a superare il maestro.
Natali, Pasque, estati: sono anni che incontri migliaia di bambini, in quanti hanno visto un tuo spettacolo?
Solitamente in uno spettacolo ci sono dai 500 ai 1000 bimbi (portata di una scuola qui in Medio Oriente) e quando le condizioni lo permettono riesco a fare anche 3-4 spettacoli in una giornata. Calcolando che vivo il Medio Oriente per 5 – 6 mesi l’anno, fate voi i conti… Diciamo centomila!
Centomila bambini, wow. E gli altri sei, sette mesi, quando sei in Italia, cosa fa il Pimpa?
Il Pimpa fa il clown, con il medesimo intento: le condizioni sono ovviamente diverse, ma il sorriso di un bimbo ha, banalmente e ovviamente, lo stesso valore e la stessa importanza ovunque si generi.
Te lo chiedo a bruciapelo. Siamo una società funzionale, ogni azione ha un effetto, uno scopo, un motivo. Spesso più di uno. C’è mai stato un momento in cui ti ha sfiorato lo sconfortante pensiero che ciò che fai non serva?
Ogniqualvolta ho visto morire un bimbo per colpa dei grandi.
Prima un libro, poi un documentario, diversi passaggi in televisione, in radio, sulle riviste, perfino una TED talk: perché il Pimpa è così richiesto, anche mediaticamente?
Forse perché ho avuto la sfortuna di vivere delle guerre.
Anche sui social network sei molto attivo: com’è il tuo rapporto con loro?
A pelle sono poco social perché io vivo solo di contatti reali che posso toccare. Ma i social sono uno strumento davvero importante per poter lanciare lontano un semplice messaggio: resiste un flebilissimo raggio di sole anche in guerra, nonostante tutto.
E i prossimi bambini che farai ridere dove saranno?
Non ne ho idea, perché il bello è che non sai mai se e quale sarà il prossimo bimbo a ridere!