Perché stanno arrivando così tanti migranti in Europa?7 min read

8 Settembre 2015 Migrazioni Politica -

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Sociologo

Perché stanno arrivando così tanti migranti in Europa?7 min read

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perché stanno arrivando così tanti migranti in Europa
@DFID

Mai così tanti migranti sono arrivati sulle coste dell’Europa del sud come nel 2015. Qui abbiamo raccontato un quadro della situazione: quanti sono gli arrivi, i paesi di provenienza, le rotte e i principali paesi di destinazione. Ma non basta per capire. Per capire bisogna chiedersi perché, perché stanno arrivando così tanti migranti in Europa nel 2015?

Ovviamente le motivazioni sono tante e non sono mai univoche. Proviamo ad evidenziarne tre, che stanno giocando un ruolo importante nell’ingrossare le fila degli arrivi nel 2015. Una ha che fare con i paesi di partenza, una con quelli di transito, e una con quelli di arrivo.

La situazione nei paesi di partenza

I principali paesi di provenienza dei migranti sbarcati in Europa nel 2015 sono Siria, Afghanistan, Eritrea, Nigeria e Somalia. Vediamo brevemente cosa sta succedendo in questi paesi e perché sono così tanti i migranti che li lasciano.

Siria. È la situazione più evidente. La Siria è sconvolta da quattro anni da una confusissima guerra civile da cui, semplicemente, la gente scappa. Dall’inizio del conflitto nel 2011 sono morte più di 200 mila persone, e 11 milioni di persone sono state costrette a lasciare le loro case. Di queste, circa 7 milioni si trovano ancora in Siria, mentre 4 milioni hanno lasciato il paese. La grande maggioranza di questi esuli si trova in Turchia (2 milioni di persone), Libano (1 milione) e Giordania (600 mila). Gli altri sono sparsi tra Iraq ed Egitto, oppure sono in viaggio per l’Europa. Finora nel 2015 ne sono arrivati 126 mila, il 43% del totale degli arrivi nel 2015.

Afghanistan. Il paese, tutt’altro che stabilizzato dopo la guerra avviata nel 2001, è entrato in una nuova profonda crisi nel 2014. L’instabilità politica seguita alle incerte elezioni di giugno 2014 ha dato nuova linfa ai talebani, che hanno incrementato gli attacchi alla popolazione civile (+24% rispetto al 2013). A questo si aggiungono i cronici problemi del paese: abusi delle forze di sicurezza (che comprendono il massiccio ricorso alla tortura), minacce alla libertà di espressione, negazione dei diritti delle donne. Oltre 700 mila afghani sono profughi all’interno del loro paese, circa 2,5 milioni hanno lasciato il paese, di cui la grande maggioranza vive in Iran e Pakistan. Sono 35 mila gli afghani sbarcati in Europa (praticamente tutti in Grecia) nel 2015.

Eritrea, Nigeria e Somalia. Questi tre paesi non presentano situazioni eccezionali nel 2015 rispetto agli anni precedenti. L’Eritrea è alle prese da 20 anni con la dittatura di Isaias Afewerki, che obbliga tutti, uomini e donne, a un servizio militare obbligatorio e praticamente perenne, utilizza sistematicamente la tortura, le carcerazioni arbitrarie, le sparizioni e gli assassini di stato. La Nigeria fronteggia dal 2002 l’ingombrante presenza del gruppo islamista radicale Boko Haram, attivo soprattutto nel nord del paese, con sequestri, attentati e veri e propri atti di guerra. La Somalia è alle prese con una guerra civile praticamente ininterrotta dal 1991, che ha favorito lo sviluppo di un forte gruppo islamista, Al-Shabab, che è arrivato a controllare ampie porzioni di territorio, rendendosi protagonista di numerosi attentati, ed è uno dei paesi più poveri del mondo: l’81% dei suoi abitanti è considerato in situazione di povertà.

Nel 2015 sono arrivati in Europa circa 29 mila eritrei, 15 mila nigeriani e 9 mila somali, quasi tutti in Italia. Più che a motivi interni quindi il massiccio arrivo di migranti da questi tre paesi sembra dovuto all’efficienza raggiunta dal traffico di esseri umani, come vedremo meglio più avanti.

Mentre siriani e afghani arrivano soprattutto in Grecia e da lì proseguono seguendo la rotta balcanica, in Italia, oltre a eritrei, nigeriani e somali arrivano persone anche da molti altri paesi africani, anche se in numero minore: Sudan, Gambia, Senegal, Ghana, Mali. Le motivazioni sono sempre quelle: instabilità interna ai limiti della guerra civile, presenza di gruppi islamisti radicali, estrema povertà.

Quello che succede nei paesi di transito

Al di là delle specifiche condizioni dei paesi di partenza, ad influire sull’effettivo numero di migranti che arrivano sulle coste europee è anche quello che succede nei paesi di transito, dove alcune condizioni possono rendere più facile, o più difficile, l’accesso alle coste europee.

Ci riferiamo principalmente a Libia, Sudan e Turchia, snodi cruciali per i flussi migratori verso l’Europa. Questi paesi sanno di svolgere un ruolo strategico che all’Europa sta molto a cuore, e utilizzano questa loro posizione in maniera strumentale per negoziare accordi favorevoli con l’Europa o con singoli paesi europei. Come? Aprendo o chiudendo i rubinetti delle partenze.

Era una strategia spesso utilizzata da Gheddafi, che dava l’ordine di far partire i barconi quando voleva ottenere qualcosa dall’Europa e di fermarli quando lo otteneva. È una strategia che tuttora la sgangherata Libia tenta di portare avanti, e che anche la Turchia sta imparando a seguire.

Negli ultimi tempi poi sta emergendo il Sudan come luogo cruciale per la gestione del traffico di migranti provenienti dal Corno d’Africa, in particolare da Eritrea e Somalia. A Khartoum si concentrano una serie di servizi per i migranti, tra cui molte agenzie che offrono viaggi in Libia dove hanno già accordi con gli scafisti per il proseguimento del viaggio verso l’Europa. I migranti acquistano un pacchetto completo, al costo base di duemila euro.

Una simile organizzazione sta accorciando i tempi degli spostamenti e rendendo più facile (se così si può dire) i viaggi per un numero crescente di persone. Si riesce ad arrivare dal Sudan alle coste italiane in un paio di settimane, per un viaggio che fino a qualche tempo fa richiedeva mesi se non anni, perché bisognava attraversare tutto il Sudan e ci si ritrovava poi nel caos della Libia, nei famigerati centri di smistamento, come quello di Kufra, dove si restava rinchiusi anche per mesi subendo stupri, violenze, estorsioni.

Questo non significa che il viaggio è migliore, è solo più corto e efficiente. Le jeep che viaggiano nel deserto continuano ad essere stracolme e pericolosissime, i barconi vetusti e insicuri, gli scafisti spietati e pronti a sparare su chi si ribella o a rinchiudere i migranti nella stiva per ottenere più soldi.

Le condizioni attese nei paesi di arrivo

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@Takver

Un altro fattore che spinge i migranti a muoversi e ad andare da una parte piuttosto che da un’altra è quello che li aspetta nei paesi di arrivo. Ci riferiamo a condizioni economiche, politiche e sociali.

Dal punto di vista economico è ovvio che i migranti si muovono per andare dove ci sono più opportunità lavorative e di avere un reddito per mantenersi e mandare i soldi ai propri familiari rimasti nel paese di origine. Per questo nei periodi di crisi, e nei territori in crisi, si assiste anche ad una regressione del fenomeno. Al netto di questi recenti afflussi di migranti comunque per lo più in transito, in molte zone d’Italia colpite dalla crisi il numero di stranieri residenti sta diminuendo.

A livello politico, i migranti si muovono se intravvedono possibilità di ottenere una qualche forma di protezione politica, che garantisca loro la possibilità di restare nei paesi di arrivo. Il caso più eclatante è quello di questi giorni relativo ai siriani, che verranno accolti indiscriminatamente dalla Germania. È chiaro che questo è un elemento che sta portando moltissimi siriani a dirigersi verso quel paese.

Il muro in costruzione sul confine con la Serbia e le politiche annunciate dal premier Orban sono invece chiaramente dei fattori che influiranno negativamente sui flussi in arrivo in Ungheria, paese che finora nel 2015 ha ricevuto moltissime domande di asilo, ma che è visto più come un luogo di transito sulla strada verso Austria e Germania.

La Svezia è un altro paese che, oltre ad essere ricco, è storicamente molto accogliente con i richiedenti asilo, ed infatti ospita grosse comunità di immigrati siriani, iracheni, somali, eritrei. Chi proviene da questi paesi ha dunque un’elevata probabilità di ricevere lo status di rifugiato in Svezia, e vale dunque la pena affrontare un viaggio lungo e rischioso per una così alta ricompensa.

Qui si inserisce il famoso dibattito sulla distinzione (a mio avviso forzata e demagogica) tra rifugiati e migranti economici, che abbiamo trattato ampiamente qui.

Ovviamente non ci sono solo motivazioni politiche ed economiche a muovere le persone. Un ruolo molto importante è spesso giocato dalle reti familiari e sociali eventualmente già presenti nei paesi di arrivo, così come dalle scelte dei singoli, che spesso tendiamo a dipingere semplicemente come dei disperati, ma che in realtà mantengono un’elevata capacità di indirizzare la propria vita, nonostante tutto.

Ma quanti sono gli immigrati in Italia e in Europa?

E quanti sono invece i rifugiati?

Le parole delle migrazioni: cosa intendiamo per migranti, rifugiati, richiedenti asilo, immigrati, profughi?

Qual è la differenza tra rifugiati e migranti economici?

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Sociologo, lavora come progettista e project manager per Sineglossa. Per Le Nius è responsabile editoriale, autore e formatore. Crede nell'amore e ha una vera passione per i treni. fabio@lenius.it
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