Perché il 2 giugno è festa nazionale?5 min read

24 Maggio 2017 Politica Politica interna -

Perché il 2 giugno è festa nazionale?5 min read

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Bandiera della Repubblica Italiana - 2 giugno festa della Repubblica italiana
@asdrubale

Il 2 giugno è una festa nazionale civile, istituita per celebrare la nascita della Repubblica italiana, dall’esito del referendum istituzionale del 2 giugno 1946. La percentuale di votanti fu del 89,08 % e 12.7 milioni di elettori si espressero a favore della nuova forma istituzionale contro 10.7 milioni che votarono per mantenere la monarchia. Per la prima volta nella storia d’Italia furono ammesse al voto le donne.

La svolta di Salerno

Nel 1944 gli alleati si apprestavano a liberare Roma occupata dai tedeschi. Tra gli antifascisti, provenienti dai diversi partiti e riuniti nel CLN, erano in molti che ispirati da idee socialiste, mazziniane e risorgimentali, intendevano modificare l’assetto istituzionale, instaurando una Repubblica. Il partito comunista, fin dalla nascita deciso a portare avanti la rivoluzione proletaria e per costituzione stessa restio a partecipare a qualsiasi progetto di governo “borghese”, restava un ostacolo a questa eventualità.

Il passo decisivo verso un cambio di prospettiva avvenne con la “svolta di Salerno” (qui trovate un bel documentario di Rai Storia che ne parla in 44 minuti).

Togliatti sbarcò a Napoli nel marzo 1944 e con il benestare dell’Unione Sovietica, propose, attraverso la mediazione di Enrico de Nicola, un patto tra le forze antifasciste, gli alleati e la monarchia stessa. I comunisti, uscendo dalla loro storica posizione antigovernativa, proposero una tregua tra le diverse anime del CLN e rinviarono il problema istituzionale alla fine della guerra di liberazione chiedendo al Re libere elezioni per un’assemblea costituente e un referendum istituzionale.

Il sovrano cedette i poteri al figlio Umberto in veste di Luogotenente e affidò il nuovo Governo al CLN stesso, comunisti compresi. Il primo Governo post fascista (Badoglio II), nacque a Salerno il 22 Aprile 1944 ed il precedente accordo tra la Corona e il CLN fu formalizzato nel decreto legge luogotenenziale n. 151/1944.

Le colpe della Monarchia: il fascismo, la Germania, la fuga

La Monarchia italiana fu per la maggior parte della propria esistenza “liberale”. Lo Statuto Albertino era una Costituzione flessibile, e concedeva, in linea con le altre monarchie parlamentari dell’epoca, piena libertà politica ai cittadini del Regno che ne avessero diritto. A parte le naturali tendenze repubblicane di partiti come quello socialista, d’Azione, repubblicano, l’opinione pubblica italiana prima e la storiografia dopo non perdonarono alla corona tre gravi responsabilità morali e politiche:

• La prima colpa imputata al Re non fu tanto quella di aver affidato il Governo a Mussolini, circostanza legittima secondo la legge e suffragata poi dal consenso oceanico, ma l’immobilismo di fronte alla progressiva erosione dello Stato liberale e la trasformazione in Stato autoritario. Ogni aspetto della cultura italiana, dai costumi alla terminologia, dal saluto fino all’educazione, venne trasformato dal Regime. Le più gravi menomazioni furono provocate dalle leggi razziali del ’38, osteggiate in privato dal Re ma avvallate per opportunità e debolezza politica, che presero alla sprovvista gran parte della popolazione italiana e della corona. Mussolini stesso in quattro anni aveva completamente cambiato opinione al riguardo e i provvedimenti non mancarono di creare imbarazzo e contrasti con l’ambiente monarchico quando colpirono funzionari di corte e decorati di guerra di origine ebraica.

• Un’altra gravissima responsabilità del Re fu l’approvazione del Patto d’acciaio. L’alleanza con Hitler sancì definitivamente la debolezza del sovrano di fronte a Mussolini. La famiglia reale detestava Hitler e la cultura nazista, così come la maggior parte degli italiani nutriva antipatie verso i tedeschi e non dimenticava il vecchio nemico della grande guerra. Lo stesso Mussolini quattro anni prima non aveva esitato a definire il popolo tedesco

gente che ignorava la scrittura nello stesso tempo in cui Roma aveva Cesare.

• La più grande macchia sulla figura storica di Vittorio Emanuele III rimase e rimane tutt’ora la fuga a Brindisi, dopo l’armistizio del settembre 43’. L’Italia era divisa in due, gli alleati a sud e i nazisti a nord, e mentre la Wehrmacht scendeva lungo lo stivale per occupare Roma, la Corte insieme a Badoglio e ai vertici militari decise di trasferirsi allo scopo di “garantire la continuità dello Stato”. Tutti oggi sono concordi nel ritenere che un Re e un Primo Ministro in mani naziste avrebbe significato la dissoluzione giuridica dello Stato Italiano, ma nessuno vietò a Vittorio Emanuele di restare nella capitale con i vertici militari per opporre una difesa simbolica e di inviare Badoglio e il Luogotenente Umberto nel sud liberato. Ciò non avvenne e l’esercito regio, privo di comando e di direttive, venne travolto in due giorni fino alla completa resa. Nonostante la dichiarazione di “città aperta”, per la popolazione e i prigionieri di guerra l’occupazione nazista di Roma fu durissima e l’eccidio delle Fosse Ardeatine ne è l’episodio più tragico. L’abbandono completo della Capitale al nemico sarà forse l’evento che più di tutti segnerà definitivamente le sorti della Monarchia Italiana.

L’analisi del voto: nord e sud

I voti validi in favore della soluzione repubblicana furono circa due milioni più di quelli per la monarchia.

    • Nulli: 1.498.136 voti
    • Monarchia: 10.719.284 voti (45,7%)
    • Repubblica: 12.717.923 voti (54,3%)

I ricorsi della parte soccombente furono respinti e le voci di presunti brogli non furono mai confermate. Umberto, diventato re in maggio, nonostante la sua opposizione alla decisione della Corte di Cassazione di rinviare il giudizio definitivo su contestazioni, proteste e reclami e voti nulli, accettò il verdetto e scelse l’esilio affermando che

la Repubblica può reggere col 51%, la Monarchia no

Il dato più evidente e curioso del referendum istituzionale fu la divisione territoriale tra Repubblica -che vinse in ogni regione centro settentrionale- e Monarchia -prima scelta in tutte le regioni centro meridionali. Le ragioni sono storico culturali. Il sud Italia non aveva conosciuto la dominazione nazista e, lontano dai principali avvenimenti bellici della seconda Guerra Mondiale grazie alla veloce liberazione alleata, non aveva la giusta percezione della responsabilità del Re negli ultimi avvenimenti.

Il sud Italia vantava poi una tradizione monarchica millenaria che affondava le radici nel medioevo e non aveva conosciuto l’età storica “comunale”. La popolazione meridionale era da secoli stratificata in ceti sociali e i nobili e baroni con i propri privilegi rappresentavano ancora una forza consistente. Differentemente il Nord, con l’esperienza Comunale prima e degli Stati preunitari dopo, aveva una popolazione meno stratificata in ceti e la presenza di una forte borghesia in ascesa e risentiva meno dell’influenza monarchica. È curiosa la vittoria repubblicana nel Piemonte sabaudo ed evidente la inconsistenza della accuse che ancora oggi i meridionalisti muovono alla repubblica italiana, colpevole a loro giudizio di un ‘invasione“ da nord a sud.

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Pugliese, classe 91’, ho studiato lettere e filosofia a Bari e studio storia a Milano. Da piccolo ero un cultore dell’Epica e dei nomi dei pianeti del Sistema solare, ma soprattutto dei film Disney, ed anche adesso se vedo Bambi o il Re Leone piango. Sono interista, socialista, liberale e agnostico (una vitaccia). Oggi divido il mio tempo tra le passate di pomodoro pugliesi e la mia passione più grande, la politica.
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