Perché così tanti egiziani partono dall’Egitto?6 min read

2 Febbraio 2022 Migrazioni -

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Giornalista

Perché così tanti egiziani partono dall’Egitto?6 min read

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L’Egitto è un paese purtroppo ben conosciuto in Italia per le vicende dell’assassinio di Giulio Regeni e della lunga prigionia solo recentemente interrotta di Patrick Zaki.

È un paese da cui proviene anche un crescente numero di persone: nel 2021 sono sbarcati in Italia 7.800 egiziani, che lo rendono il secondo flusso migratorio nazionale dopo quello originato dalla vicina Tunisia.

Come mai questo flusso? Perché gli egiziani scappano dall’Egitto?

Breve storia recente dell’Egitto

L’Egitto è un nazione millenaria, ma quello che qui ci interessa non è il leggendario impero dei faraoni, ma la concreta “creatura” statuale nata il 14 settembre 1936 dal lungo parto del colonialismo britannico.

Questo stato nonostante le dimensioni notevoli date da un’estensione di 1.010.000 chilometri quadrati (più di tre volte la superficie italiana) e da una popolazione di quasi 104 milioni di abitanti, è sempre stato piuttosto gracile economicamente, dando vita a una contraddizione che ha attraversato i decenni fino a noi: un colosso politico che si regge sulle esili gambe di un nano economico.

La contraddizione, infine esplosa nel XXI secolo con la Rivoluzione di Piazza Tahrir del 25 gennaio 2011 con la quale è stato abbattuto il regime di Hosni Mubarak, si è poi prolungata attraverso un tormentato decennio che ha visto alternarsi elezioni democratiche e un colpo di stato, consolidatosi nel regime autoritario del generale Abdel Fattah al-Sisi.

Da cosa scappano gli egiziani

Le egiziane e gli egiziani che sono emigrati dal loro paese nel 2021 scappano quindi dall’oppressione politica del regime militare, ma anche dal basso livello di vita e dalle incerte prospettive di sviluppo economico.

Secondo il rapporto 2020-2021 di Amnesty International, sono migliaia le persone arbitrariamente detenute sulla base di procedimenti giudiziari gravemente iniqui e sono centinaia gli episodi di sparizione forzata e tortura.

Dal punto di vista economico, in realtà,i dati ci dicono che nell’anno fiscale 2020-21 l’Egitto è cresciuto del 3,3%; un risultato positivo che segue quello ancor più positivo dell’esercizio precedente attestatosi al 3,6%. Lo stesso tasso ufficiale di disoccupazione nel paese non è molto elevato: 7,9% nel 2020 secondo i dati del Capmas, l’istituto egiziano ufficiale di statistica. Basti pensare che la media dell’Unione Europea nello stesso periodo è stata del 7,2%. L’Egitto è anche tra i maggiori produttori mondiali di gas naturale e petrolio.

Tuttavia, non bisogna dimenticare che tra le principale risorse del paese c’è il suo patrimonio storico-culturale e il turismo che è stato duramente colpito dalla pandemia : nel 2019 i turisti che avevano visitato l’Egitto erano stati oltre 13 milioni, mentre nei primi cinque mesi del 2021 la cifra si è attestata a circa 2 milioni secondo i dati del Ministero del turismo egiziano riportati dal nostro governo qui, mentre le previsioni più rosee prevedevano al massimo 8 milioni di visitatori entro il 2021.

A cosa si deve perciò la crescita dell’economia egiziana? La risposta non può non includere un fattore extra-economico: ovvero la rilevanza politica del paese per l’Occidente e in particolare per gli Stati Uniti e i suoi alleati nell’ottica del contenimento dell’estremismo fondamentalista islamico e dell’Iran sciita.

La crescita del gigante nordafricano si deve in effetti anche al credito di cui il paese (ed evidentemente il regime) gode presso il Fondo Monetario Internazionale. Il Fmi ha concesso al Cairo un prestito di 5,2 miliardi di dollari alla metà del 2020. Ma questo credito ha comunque un suo prezzo molto salato che potrebbero finire per pagare le cittadine e i cittadini egiziani.

Di qui le preoccupazioni degli egiziani e la probabile fonte dei flussi migratori. Del resto delle sorti dell’economia egiziana dinanzi alla sfida della pandemia è preoccupata anche la Banca Mondiale che riconosce implicitamente che la tenuta del paese dipende molto dalle relativamente ampie riserve monetarie di origine straniera e che il Covid-19 costituisce un’ipoteca sul settore privato e sulla sua vitalità.

Protesta contro il regime in Egitto di al Sisi
@Charlie Owen

Dove scappano gli egiziani

Secondo le statistiche ufficiali egiziane sui flussi migratori relativi al 2018, citate da Limes, all’estero ci sarebbero oltre 10,2 milioni di egiziane ed egiziani, così suddivisi: circa 7 milioni nei diversi paesi arabi; 1,8 milioni tra Nord e Sud America; 1 milione in Europa; 311.000 tra Asia e Australia; 45.000 in Africa.

Si tratterebbe, pertanto, di una popolazione pari a circa il 10% di quella residente in patria.

Nel nostro paese, stando ai dati del Ministero del Lavoro relativi al 2020, la comunità egiziana consterebbe 141.452 cittadine/i regolarmente soggiornanti, di cui il 33,2% donne e il 66,8% uomini. Si tratta quindi dell’ottava comunità straniera per numero di presenze, caratterizzata da un forte squilibrio di genere a favore degli uomini ed un’età media di 28,3 anni, piuttosto bassa anche per la popolazione straniera residente in Italia e con una distribuzione territoriale dell’81% nel nord della nostra penisola.

Le motivazioni della presenza egiziana vengono ricondotti soprattutto a quelli familiari per il 46,7% e poi al lavoro per il 29,4%. Le lavoratrici e i lavoratori egiziani sono prevalentemente impegnati nel settore industriale per il 39%, commercio e ristorazione 31% e trasporti e servizi alle imprese per il 23%. La percentuale di lavoratori manuali tra qualificati e non arriva complessivamente al 67%.

Cosa rimane in Egitto

Nel frattempo cosa accade a chi ha deciso di rimanere in Egitto per vivere e lavorare?

Dal punto di vista economico abbiamo visto che i numeri del paese sembrano buoni, ma quello che preoccupa la popolazione sono le prospettive che a ben vedere non paiono così solide.

Il Fmi per concedere i suoi prestiti chiede in cambio una politica di taglio ai sussidi (vitali per gran parte del popolo egiziano) e di apertura agli investimenti privati. Ora per rilanciare la produzione interna e migliorare il cronico deficit della bilancia commerciale, atteso all’89,5% del Pil secondo le stime del governo per la legge di bilancio del 2021-22, il regime di Al-Sisi deve rastrellare risorse e potrebbe farlo, tagliando i sussidi che tengono in vita milioni di egiziane ed egiziani.

Quello che temono i più poveri nel paese è il taglio delle sovvenzioni che calmierano da anni il prezzo del pane: questo provvedimento storicamente è foriero di instabilità sociale e disordini che il governo militare ovviamente teme.

In ottobre per fronteggiare l’aumento delle spese sociali cresciute fino a 20 miliardi di dollari era comunque prevista l’abrogazione delle sovvenzioni per acqua ed energia elettrica e la riduzione di oltre il 40% dei quelle per i carburanti: misure di indubbio impatto sociale.

Inoltre, c’è da considerare che in alcune aree del paese come il Sinai e le zone desertiche occidentali la sicurezza non è ancora del tutto assicurata per la presenza di un’insorgenza fondamentalista islamica armata.

Perché gli egiziani scappano: conclusioni

Come abbiamo visto l’Egitto di Al-Sisi è considerato un allievo modello delle ricette economiche liberiste del Fondo monetario internazionale. Il credito economico internazionale e l’appoggio politico occidentale sono di certo un buon viatico per il futuro del regime militare, nonostante l’evidente aspetto critico del mancato rispetto dei diritti umani denunciato da Ong e media internazionali come Amnesty International che di per sé alimenta la fuga dei giovani intellettuali e delle donne in cerca di libertà di espressione.

Tuttavia, la tenuta dell’assetto politico attuale del paese nordafricano è legato anche ad alcune incognite politiche come l’instabilità regionale data dalla situazione libica, la guerra civile in Etiopia, i rapporti con il Sudan e la politica estera aggressiva e filoislamista della Turchia di Erdogan: senza dimenticare una possibile ripresa del radicalismo islamico da collegare proprio a all’instabilità regionale, oltre che alle tensioni sociali interne.

Queste ultime sono da considerare strutturali in un paese come l’Egitto che ha storicamente carenze nell’apparato produttivo e che oltre tutto viene penalizzato attualmente dalla pandemia nel settore turistico: al momento solo il 23% della popolazione egiziana risulta aver completato il ciclo vaccinale contro il covid-19. Non dimentichiamo che Amnesty denuncia come proprio al diffondersi della pandemia sia legato il licenziamento di migliaia di lavoratori del settore privato oppure la riduzione del loro salario o la costrizione a lavorare senza Dispositivi di protezione individuale.

Su questa base cresce la spinta ad emigrare in cerca di un futuro migliore e più libero.

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Quello che più mi piace è la parola scritta, il contrasto tra il nero del testo e il bianco della pagina. In sintesi sono un giornalista: amo scrivere, amo raccontare.
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