L’ondata di migranti che mette in ridicolo l’Europa6 min read

5 Ottobre 2015 Europa Migrazioni -

L’ondata di migranti che mette in ridicolo l’Europa6 min read

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L'ondata di migranti che mette in ridicolo l'Europa
@european parliament

Vertici UE sull’ondata migratoria: del nulla, o quasi

A metà ottobre sarà di nuovo vertice UE. A metà settembre è stato l’ultimo. Il tema, nemmeno a dirlo, la crisi dei migranti, o dei rifugiati, a seconda delle diverse accezioni e, perfino, discriminazioni anche lessicali. Nell’ultima tornata, i Capi di Stato e di Governo dell’Unione europea hanno fatto notte fonda per trovare un qualche tipo di accordo da dare in pasto all’opinione pubblica la mattina seguente. Ciò di cui si discuteva, dopo un’estate caldissima e un settembre infuocato sul fronte delle migrazioni verso l’Europa, era il tema della ripartizione dei rifugiati, secondo – oppure no – il sistema delle quote proposto dalla Commissione europea.

Le ondate di persone che scappano dalle atrocità della guerra in Siria, con una determinazione e un coraggio impressionanti, hanno infatti da tempo finito di essere una questione solo mediterranea. Alle immagini di Lampedusa, Kos e a al corpicino di Ailan sul litorale turco, ormai da tempo si sono aggiunte le colonne di indomiti che a piedi risalgono dalla Grecia verso il nord Europa, attraversando tutto quello che gli si para davanti. Senza sosta. Con risolutezza.

Improvvisamente, quindi, l’Europa si è svegliata, maturando – si fa per dire – la consapevolezza che la crisi è grande e riguarda tutti, non solo i paesi mediterranei. Le reazioni sono state molteplici e scomposte. Orban, in Ungheria, quasi sembrava non crederci, ecco un’occasione per alzare dei muri e mostrare il lato più xenofobo di un governo che da del tu al fascismo. La Germania, invece, ha sorpreso aprendo le frontiere e annunciando programmi di accoglienza fino a poco tempo fa inimmaginabili. Altri, come la Danimarca, hanno di recente chiarito che loro si tengono stretti il piccolo mondo nordico di semi-perfezione di cui vanno fieri, chiudendo le frontiere. Con il vertice di metà settembre, tutti riuniti, i leader europei hanno cercato di trovare una risposta comune. Non riuscendoci, se non trovando un mini accordo per la creazione degli hot-spot, qualche elargizione maggiore ai programmi di sostegno in loco e poco più. A cosa si può guardare, dunque, in questo quadro desolato?

Si può guardare a loro. Loro sono quelli che spesso, e non a torto, vengono definiti “disperati”. Senza dubbio, il termine rende l’idea. Tuttavia, osservando le masse di persone nelle stazioni, o per le strade d’Europa, in cammino incessante, viene da chiedersi se non sia più giusto, e più degno, chiamarli invece gli “speranzosi”. Trovano il mare agitato, aspettano e riprovano il giorno dopo. Trovano i confini chiusi e i manganelli. Non si fermano. E se un confine viene chiuso, allora vuol dire che faranno il giro largo, fino a trovare un passaggio. I profughi che bussano alle nostre porte e percorrono le nostre strade non sono un popolo romantico di eroi, né un’accozzaglia di delinquenti. Sono persone come tutti, ma dotate di una determinazione e di una speranza superiore a quello che possiamo immaginare. Speranza per la quale sono anche pronti a morire.

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Il balbettio dei governi, la solidarietà dei cittadini

E noi? Noi siamo quelli che non sappiamo cosa fare, ma che in alcuni casi, siamo anche capaci di andarli a prendere in auto al confine, di assisterli, di aiutarli in questo viaggio. Le immagini degli applausi dei cittadini tedeschi all’arrivo dei siriani nelle loro città, sono uno schiaffo violento ai balbettii dei governi europei. Certo che questo non può risolvere la questione. Ma qual è la questione? La questione vera è che, come il colonialismo dovrebbe avere insegnato con una certa evidenza, i problemi che causi sull’uscio di casa tua, prima o poi ti seguono in casa. E allora, le cose sono due: o tenti di risolverli all’origine, oppure ne sopporti le conseguenze dopo. In altre parole, è certamente complesso accogliere, dare asilo, sfamare; ma oltre ad essere un dovere morale ed obbligo legale, è persino un’ovvietà.

In quale altro modo, infatti, si può agire? Tanti auguri a chi alza l’ennesimo muro. Sarà spazzato via, come ogni altro muro nella storia, prima o poi. L’accoglienza e l’integrazione sono l’unica risposta possibile, costi quel che costi. Perché se qualcuno pensa che i bombardamenti a caso di questi giorni in Siria (russi, francesi, americani, inglesi, egiziani, sauditi etc.) possano risolvere le questioni di quel Paese martoriato – e magari convincere qualche profugo a restare – saremmo felici di stringergli la mano per l’ottimismo.

Le cose sono talmente evidenti, che l’imbarazzo dei Governi è palpabile. L’unica cosa buona che ci si porta via dall’ultimo vertice europeo è che il concetto di asilo dell’accordo di Dublino (si chiede asilo solo nel paese in cui si approda) è ormai superato dai fatti, ossia dal concetto della ripartizione delle quote dei migranti, proposto dalla Commissione, l’unico organismo davvero europeo in tutta questa situazione. Tutto il resto, però, è molto più che desolante. La Commissione europea ha fatto proposte ambiziose e la maggior parte degli Stati membri le ha rispedite al mittente. Perché gli Stati hanno creato un’Unione in cui la Commissione europea ha il potere di imporre obblighi di bilancio ai paesi membri, ma non ha nessun potere – e le si può ridere in faccia – in tema di immigrazione? Per interesse, è ovvio. E così in quest’Unione zoppa, centinaia di migliaia di speranzosi sanno che possono entrare in Germania, ma che per farlo non possono passare dall’Ungheria. Se non fosse una tragedia, sarebbe una barzelletta. Ma attenzione a dare colpa all’Europa, se con questa parola si intende l’Unione europea. Perché essa non può nulla, o quasi. Sono gli Stati che la compongono a volere che sia così, a non consentirle alcun potere di manovra comune di vera sostanza. Altrimenti sarebbero “costretti” alla solidarietà fra loro. Non sia mai.

Una cosa, tuttavia, è molto positiva. E bisogna ringraziarne i migranti, i rifugiati, i profughi. Anzi, gli speranzosi, i coraggiosi, i determinati. Ci mettono in ridicolo. Mostrano le debolezze di un sistema incapace di tenere fede ai propri ideali, sempre che siano veri. Sbertucciano la idiozia di un continente piccolo e frammentato che, al primo stormir di foglie, invece che reagire unito, è tutto un brulicare di proposte di Stati che suggeriscono niente po po di meno che: la sospensione degli accordi di Schengen. Magnifico. Tutti per i fatti propri, arroccati, chiusi. Che grande conquista di civiltà. I profughi, invece, indicano con evidenza che la risposta a questi drammatici momenti è sempre e solo una: solidarietà e unità. Questi indomiti che, pensa che matti, preferiscono scappare di casa piuttosto che morire ammazzati in una guerra, mettono in ridicolo un’Europa a cui per fare passi decisivi verso unità e solidarietà funziona quasi solo la pistola puntata alla tempia. Ad esempio con l’ultima guerra mondiale.

Si potrebbe evitare di arrivare a tali abissi prima di poter cambiare rotta. Ma quando nell’Unione europea si consente “diritto di cittadinanza” a chi erige muri col filo spinato e fa picchiare i rifugiati dalla polizia di confine (sì, l’Ungheria), quando non si mettono in comune le risorse e le abilità per far fronte alle necessità e i paesi vengono lasciati soli, e ancora più soli i migranti, allora il nostro sconforto è grande.

Non tanto grande, tuttavia, da contagiare chi lotta per migliorare la propria condizione, chi scavalca inutili confini e muri di filo spinato. Anche solo per questo insegnamento, grazie, e benvenuti.

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Milano, Dublino, Londra e Bruxelles. Specializzato in diritto bancario, dei mercati finanziari e dell'Unione europea, collaboro con le facoltà di Economia e Diritto di alcune università europee.
1 Commenti
  1. Fabio Colombo

    Complimenti. Articolo di rara ispirazione, nei contenuti e nelle forme.

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