No quorum. È presto per cantare vittoria3 min read

18 Aprile 2016 Politica Politica interna -

No quorum. È presto per cantare vittoria3 min read

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Chi ha vinto, chi ha perso. Ha ragione Matteo Renzi. Il referendum lo ha perso prima di tutto chi lo ha proposto, ovvero chi ha pensato di andare avanti, nonostante la conversione in legge delle altre istanze referendarie, su un tema tanto complicato e così poco sentito dalla maggioranza degli Italiani. Raggiungere il quorum era, sin dall’inizio, un’impresa impossibile e su questo ha giocato il premier, invitando all’astensione ed impegnandosi per essa. La partita però era ed è ben diversa da quella sulla scadenza delle concessioni delle piattaforme petrolifere: non è infatti semplice capire quanta gente Matteo Renzi abbia effettivamente convinto a rimanere a casa astenendosi dalla consultazione e quanta abbia invece deciso di non votare per abitudine, per disaffezione, per la complessità del quesito o semplicemente perché tentata da una bella giornata di sole.

15 milioni di sì. Dall’altro lato però di sicuro ci sono quindici milioni di persone che nonostante la disaffezione, la complessità del quesito e la bella giornata di sole e forse in parte per abitudine hanno preso dal cassetto la loro scheda elettorale, hanno percorso la distanza che li separava dal loro seggio e hanno messo una bella ics sulla loro scheda elettorale. Hanno cioè fatto il contrario di quello che il premier chiedeva loro. E questo per Matteo Renzi, a sei mesi dal referendum confermativo sulla riforma Boschi, è un problema.

Il prossimo referendum. Si dirà che in questo caso il gotha renziano non si è giocato la partita della vita, come invece farà ad ottobre, ma le reazioni scomposte del post referendum, fra ciaoni e grandi sfottò social, oltre che la tensione mostrata da Renzi nel discorso dopo il voto, sembrano indicare il contrario. Festeggiare unendosi alla massa del non voto è semplice, più difficile sarà portare la gente al seggio.

Le opposizioni a Renzi. C’è da aggiungere che anche l’impegno dei partiti di opposizione in termini di risorse e propaganda su questo referendum, a parte forse Sinistra Italiana, non si può dire sia stato intenso, a ottobre saranno probabilmente più motivati nel tentare la spallata al governo in carica. Il Movimento 5 Stelle di certo dovrà cambiare strategia, difficile sarà condurre una battaglia contro un referendum che di fatto ripropone le istanze prime del movimento, a cominciare dalla riduzione del numero dei parlamentari, e proporre oggi, come fa Grillo la riduzione del quorum (già contenuta del ddl Boschi) non sembra particolarmente saggio.

A chi parlò il premier. Tutto questo ovviamente Matteo Renzi lo sa. E ieri sera è stato ben attento a stilettare tutti, presidenti di regione, giornalisti e perfino i social network, tranne che, direttamente, gli elettori. Sa bene infatti che questi quindici milioni di elettori sono quelli che a votare, nel bene o nel male, ci vanno sempre e che con ogni probabilità decideranno gli esiti di buona parte dei ballottaggi di giugno oltre che del referendum di ottobre. Il compito del premier adesso non è quindi solo quello di convincere i suoi ad andare a votare ma anche di far cambiare idea ad un buon numero di quelli che si sono recati al seggio ieri. Ha sei mesi di tempo e alle amministrative di giugno avremo già un primo cruciale test in itinere per misurare il successo dei suoi sforzi.

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Quest'anno ho fatto il blogger, il copywriter, il cameriere, l'indoratore, il web designer, il dottorando in storia, il carpentiere, il bibliotecario. L'anno prossimo vorrei fare l'astronauta, il rapinatore, il cardiochirurgo, l'apicoltore, il ballerino e il giocatore di poker prof.
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