Come cambiano i decreti sicurezza6 min read

6 Ottobre 2020 Politica Politiche migratorie -

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Sociologo

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Da quando si è insediato, il governo Conte II – ala PD, soprattutto – ha promesso di modificare i decreti sicurezza voluti dal precedente governo (che poi era sempre di Conte) e in particolare da Salvini. Alla fine, dopo più di un anno di governo, le modifiche sono arrivate nel Consiglio dei Ministri del 5 ottobre.

Il primo decreto Sicurezza e immigrazione, o decreto Salvini, è diventato legge a dicembre 2018, e ha iniziato a dispiegare i suoi effetti nel corso del 2019: decine di migliaia di persone private della protezione umanitaria, esclusione dei richiedenti asilo dal sistema di accoglienza e dalla residenza anagrafica, aumento del numero di persone irregolari. Ne abbiamo scritto qui.

Nel secondo decreto di luglio 2019, detto Decreto sicurezza bis, si era sancita la possibilità di chiudere l’accesso alle acque territoriali per le navi che trasportano migranti da parte del ministro dell’interno, con relative sanzioni fino a un milione di euro per le navi che dovessero violare tale divieto, sanzioni che possono comprendere anche l’arresto del comandante e il sequestro della nave. Ne abbiamo scritto qui.

Già al momento di firmare i due decreti, il presidente della Repubblica Mattarella aveva fatto delle osservazioni, sottolineando in particolare come le sanzioni previste per le navi fossero spropositate e come comunque andasse sempre tutelato il soccorso in mare come regolato dalle normative internazionali.

La ministra dell’interno Lamorgese, in realtà, aveva già pronti i testi con le modifiche da mesi, ma ha dovuto negoziare con la maggioranza, in particolare con un Movimento 5 Stelle (ma anche il presidente Conte) messo in imbarazzo dal fatto che quei decreti li aveva votati con il governo precedente.

Ecco le principali modifiche ai decreti sicurezza introdotte dal governo. Attenzione: si tratta di modifiche, non certo di abolizione dei decreti sicurezza.

Le principali modifiche ai decreti sicurezza

modifiche decreti sicurezza
Foto: Ministero dell’Interno

Riforma del sistema di accoglienza

Una delle conseguenze del decreto sicurezza è stata la riforma del sistema di accoglienza dei migranti, con l’esclusione dei richiedenti asilo dalla seconda accoglienza (sistema Sprar, ribattezzato Siproimi dal decreto – è tutto spiegato qui).

Dopo l’intervento di Salvini, i richiedenti asilo non potevano quindi più accedere ai servizi di integrazione e supporto forniti all’interno dello Sprar, e ricevevano soltanto vitto e alloggio in grandi strutture gestite da organizzazioni poco interessate alla qualità e molto al business.

Le risorse assegnate per la gestione dei servizi accoglienza sono state notevolmente ridotte dal decreto Salvini, passando da 35 euro al giorno a persona a 19/21 euro, ed escludendo così le organizzazioni non profit più serie, esperte e interessate alla qualità dei servizi, che hanno rinunciato a partecipare ai bandi.

Tutto ciò ha favorito la concentrazione dei migranti in grandi strutture di accoglienza, modalità che già aveva mostrato tutte le sue lacune e che ora diventa ancora più problematica con il covid-19, dove abbiamo assistito alla diffusione del virus favorita proprio da questi grandi centri.

Il nuovo decreto riforma questo sistema, creando il “Sistema di accoglienza e integrazione” (forse dopo Sprar e Siproimi dovremo parlare di Sai). Il sistema dovrebbe comunque prevedere percorsi separati per richiedenti asilo e titolari di protezione internazionale, incrementando però le risorse disponibili, promuovendo l’accoglienza diffusa in strutture più piccole e potenziando i servizi per l’integrazione.

Estendere i casi in cui concedere un permesso speciale

Il primo decreto sicurezza aveva abrogato la protezione umanitaria, un permesso di soggiorno rilasciato quando non sussistevano i requisiti per l’asilo politico né quelli per la protezione sussidiaria (tutto spiegato nel dettaglio qui).

Avevano diritto a tale permesso coloro che adducevano in modo giustificato seri motivi di carattere umanitario per restare in Italia, quali ad esempio: motivi di salute o di età, il rischio di trovarsi in situazioni di grave violenza o instabilità politica, o in mezzo a carestie o altri disastri ambientali.

Il decreto Salvini ha introdotto, al posto della protezione umanitaria, la possibilità di concedere un permesso di soggiorno temporaneo per casi speciali, quali: cure mediche, calamità, vittime di violenza domestica, sfruttamento lavorativo.

Come era prevedibile, c’è stato un tracollo nei numeri: nel 2018 la protezione umanitaria è stata concessa al 21% dei richiedenti asilo, nel 2019 i permessi speciali sono stati concessi al 2% circa dei richiedenti asilo.

Con il nuovo decreto non viene reintrodotta la protezione umanitaria ma un’estensione dei casi a cui è possibile concedere un permesso speciale, includendo situazioni di vulnerabilità anche meno specifiche, rendendo anche tale permesso convertibile in permesso di soggiorno per motivi di lavoro.

Questo per ragioni umanitarie ma anche molto pratiche: meno permessi di questo tipo si danno più aumentano gli irregolari e più si mettono ostacoli sulla strada dell’integrazione.

irregolari in italia
Fonte: ISPI

Ammorbidire le sanzioni alle navi che violano il divieto di accesso

In linea con quanto rilevato dal presidente Mattarella, è stato modificato anche il Decreto sicurezza bis per rendere più morbide e proporzionate le sanzioni alle navi che violano il divieto di ingresso alle acque territoriali. Attenzione: divieto di ingresso che rimane prerogativa del governo imporre “per ragioni di ordine sicurezza pubbliche”.

Le sanzioni vengono ridotte nelle cifre, scendendo da un tetto di un milione a un tetto di 50 mila euro, e nella gradualità: il sequestro dell’imbarcazione scatterà solo in caso di reiterazione della violazione.

Rimane tuttavia la necessità stringente di coordinarsi con le autorità nelle operazioni di salvataggio, il che apre delle questioni nei casi in cui le navi delle Ong intervengono proprio perché lo Stato decide di non intervenire. In questi casi si prevede una possibile reclusione fino a due anni; cosa succederà in questi casi? Le Ong potranno agire solo con l’autorizzazione del centro di coordinamento statale?

Consentire ai richiedenti asilo di ottenere la residenza anagrafica

Il primo decreto sicurezza aveva stabilito che il permesso di soggiorno per richiesta di asilo non potesse costituire titolo per l’iscrizione anagrafica, con una serie di conseguenze nefaste per i richiedenti asilo, visto che essa è necessaria per accedere a servizi quali l’inserimento dei figli negli asili, l’accesso all’edilizia pubblica, l’iscrizione al servizio sanitario nazionale, la stipula di contratti di locazione.

La norma è stata fin da subito oggetto di ampio dibattito tra i giuristi, e alcune amministrazioni comunali si sono rifiutate di applicarla. Ora tale possibilità è stata ripristinata, e i richiedenti asilo possono ottenere una carta di identità valida per tre anni.

Riaccorciare i tempi per la gestione delle procedure di riconoscimento della cittadinanza

Nel primo decreto sicurezza Salvini, per non farsi mancare niente, aveva esteso da 24 a 48 mesi il termine per la conclusione dei procedimenti di riconoscimento della cittadinanza sia per matrimonio che per naturalizzazione dalla data di presentazione dell’istanza da parte del richiedente.

In pratica la persona straniera che vuole diventare cittadina italiana, dopo aver atteso almeno 10 anni di residenza continuativa in Italia deve attendere altri 4 anni perché la sua procedura ottenga una risposta (qui è spiegato come funziona la cittadinanza in Italia).

Il nuovo decreto prevede tra le modifiche ai decreti sicurezza l’abbassamento a 36 mesi del termine per la conclusione della procedura, che non è stato quindi riportato a 24 mesi come sembrava all’inizio.

Ridurre i tempi di trattenimento nei Cpr

Attualmente gli stranieri possono essere trattenuti nei Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr), ex Cie, in attesa di essere rimpatriati, per un massimo di 180 giorni. Tale tetto viene ridotto a 90 giorni.

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Sociologo, lavora come progettista e project manager per Sineglossa. Per Le Nius è responsabile editoriale, autore e formatore. Crede nell'amore e ha una vera passione per i treni. fabio@lenius.it
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