Milano-Napoli andata e ritorno3 min read

11 Febbraio 2014 Educazione -

Milano-Napoli andata e ritorno3 min read

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Milano-NapoliPrimo. Ci sono ragazzini di quindici anni a Scampia che non sono mai usciti dal quartiere, non hanno mai visto Piazza Plebiscito (Metropolitana L1, sali a Piscinola e scendi a Università, sono quindici fermate a un euro e trenta), ma non mi viene da dire che è colpa loro.

Secondo. è tre volte più probabile che un bambino nato a Milano riesca a frequentare un asilo nido rispetto ad un bambino nato a Napoli. Diversi studi hanno dimostrato che i bambini che frequentano il nido saranno adulti migliori ma, come buona parte dei miei coetanei, io al nido non ci sono andato, quindi vorrei poter obiettare. Invece guarda un po’, scelgo di dire che oggi ci si preoccupa poco dei bambini. E deve essere chiaro che la scarsa lungimiranza rispetto alle nuove generazioni la troviamo a Napoli così come a Milano e in buona parte del nostro Paese: secondo la Report Card 11 dell’Unicef dal titolo Il benessere dei bambini nei paesi ricchi, l’Italia si trova al 22° posto su 29 paesi economicamente avanzati, in termini di possibilità, diritti, spazi e cure offerti ai più piccoli.

Terzo. Ho scoperto che ci sono milanesi tutti fieri della M5LillaFiammante che ignorano che anche a Napoli c’è la metropolitana. Li invito ufficialmente a fare una passeggiata per Scampia, prendendo un Frecciarossa Milano-Napoli, un paio di salti e una giravolta a mezzogiorno si troverebbero a Scampia. È un viaggio semplice, non più pericoloso di un sabato all’Auchan e non sarebbe difficile incappare in una delle tante organizzazioni che colorano Scampia con proposte educative per quei bambini di cui sopra, con grande fatica ed enorme entusiasmo. L’esperienza di un incontro sarebbe grande.

Quarto. Il punto è che nutro per queste organizzazioni una profonda stima, per la perseveranza con cui partecipano a bandi improbabili, piegando le proprie necessità a linee di intervento decise da altri, che siano fondazioni, istituzioni o aziende.

Quinto. Siamo perennemente orientati a pensare che gli squilibri economici e sociali si possano risolvere con i finanziamenti. Siccome i Comuni sono alla canna del gas, ci ripetiamo che la situazione di crisi economica attuale è aggravata da uno scarso investimento da parte pubblica sui servizi sociali rivolti a famiglie e persone meno abbienti. Tutto vero, ma non basta redistribuire le risorse per generare sviluppo sociale. Ho usato due paroline magiche: redistribuire e generare, la prima è sterile, la seconda è ricca di partecipazione. Mi viene in mente una citazione che ho sentito di recente: “Le quantità si contendono lo spazio. Le qualità si completano a vicenda”. Lo sviluppo sociale non è un gioco a somma zero, dove basta spostare pesi e risorse da una parte all’altra per risolvere problemi. Non a caso oggi si parla di welfare generativo, in contrapposizione al concetto redistributivo.

Ultimo. Oggi ho incontrato un responsabile di una cooperativa che mi ha giustamente spiegato che se dai 500 euro al mese ad un adulto disoccupato e con problematiche di tipo sociale, quasi certamente l’anno successivo sarà ancora disoccupato e con qualche problema in più. Se lo stesso importo lo utilizzi per la borsa lavoro di un tirocinio e un accompagnamento costante durante l’inserimento lavorativo, le chance di successo sono sicuramente più elevate. Così allo stesso modo se eroghi un bonus di 1.000 euro ad una famiglia alla nascita di un figlio hai semplicemente spostato risorse da un capitolo all’altro ma non hai generato nulla di buono. La chiave è spostare l’attenzione dal concetto di costo a quello di investimento, lo dice bene la Fondazione Emanuela Zancan nel Rapporto 2013 Rigenerare capacità e risorse. Un concetto banale? No se l’investimento lo intendiamo non solo monetario ma umano, relazionale, che valorizza le capacità della persona di essere protagonista del proprio futuro e magari di contribuire anche a quello degli altri. Non è una prospettiva del tutto nuova per chi oggi si occupa di interventi in campo sociale o educativo, le organizzazioni non profit ragionano attorno a questi temi da anni. Dovremmo essere in grado di ascoltarle di più, di prendere quel benedetto Milano-Napoli e andare ad incontrarle.

Immagine | Elena Gatti Photography

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Vive a Milano, si occupa di progetti per l'infanzia in Italia, è appassionato di economia civile, cucinare lo rilassa e non scriverà mai di calcio. Finora ha avuto la fortuna di viaggiare molto, crede sia un grande privilegio. Da quasi dieci anni la mattina scrive i suoi sogni su un quaderno.
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