Quante persone migranti sono arrivate nel 2020?67 min read

12 Gennaio 2021 Dati migrazioni -

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Sociologo

Quante persone migranti sono arrivate nel 2020?67 min read

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Nel 2020 in Italia sono arrivate via mare poco più di trentamila persone, un numero in crescita rispetto al 2019 e al 2018 ma decisamente contenuto rispetto agli anni precedenti.

Sono state le partenze dalla Tunisia a giocare la parte più importante, visto che dalla Libia le partenze sono rese molto complicate e pericolose dagli accordi siglati dall’Italia. 708 sono le persone morte in mare tentando di raggiungere il nostro paese, secondo i conteggi ufficiali.

Allargando lo sguardo, secondo i dati di Unhcr (l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati), in Europa sono entrate attraverso la porta del Mediterraneo circa 95 mila persone, un dato in continuo calo negli ultimi anni. Drastica la riduzione degli arrivi in Grecia, dopo che la Turchia ha ripreso a controllare seriamente le partenze. In ripresa significativa invece gli ingressi in Spagna, con un ruolo importante giocato dalla rotta per le Isole Canarie.

Vediamo ora più in dettaglio questi numeri e le principali questioni aperte a livello di politiche migratorie in Italia e in Europa.

Migranti 2020: i numeri in Italia

Nel 2020 sono sbarcate in Italia 34.133 persone, un incremento del 197% rispetto al 2019, quando arrivarono 11.471 persone.

arrivi 2020 in italia

Tra i paesi di provenienza nel 2020 sono arrivate persone da Tunisia (12,8 mila persone, 38% del totale) seguite da Bangladesh (4 mila persone, 12%), Costa d’Avorio, Algeria, Pakistan, Egitto, Sudan, Marocco, Afghanistan, Iran.

Il 2020 ha segnato un grande movimento sulla rotta dalla Tunisia. In grande crescita anche gli arrivi di persone da Bangladesh, Egitto e Afghanistan, questi ultimi forse da collegare anche alla chiusura della frontiera turco-greca che potrebbe averli portati a tentare la rotta del Mediterraneo centrale.

In netto calo rispetto agli anni scorsi gli arrivi di persone da Eritrea, Nigeria, Senegal e altri paesi dell’Africa subsahariana.

Quanto al genere e all’età delle persone sbarcate, il 76% delle persone arrivate sulle coste italiane è di sesso maschile, le donne sono il 6%, i minori il 18% – in buona parte minori non accompagnati.

Rispetto agli anni scorsi, nonostante l’incremento rispetto a 2018 e 2019, siamo comunque molto lontani dai numeri degli anni 2014-2017, quando sbarcavano sulle coste italiane 120-180 mila persone l’anno.

arrivi via mare in italia

Migranti 2020: i numeri in Europa

Se consideriamo gli arrivi in tutta l’area del Mediterraneo, nel 2020 sono arrivati via Mediterraneo in Europa 94.847 migranti, nel 2019 furono 123 mila, un calo del 23%.

arrivi in europa 2020

La Spagna è il paese europeo con il maggior numero di arrivi del 2020, 41.861 persone contro le 32,5 mila del 2019. Gli arrivi nel paese hanno avuto un’escalation a partire da settembre, con il picco di quasi 10 mila arrivi a novembre, poi ridotti a 5 mila a dicembre, comunque ai livelli del 2018, anno record. La maggior parte degli ingressi avviene nelle isole Canarie e riguarda persone provenienti dal Maghreb (soprattutto Algeria e Marocco) e dell’Africa subsahariana (Mali, Guinea, Costa d’Avorio, Senegal).

La Grecia registra 15.533 arrivi nel 2020, di cui 9,5 via mare e seimila via terra attraverso il delta del fiume Evros tra Turchia e Grecia. Rispetto al 2019, quando arrivarono 74,5 mila persone, si registra un netto calo. Gli arrivi hanno subito una brusca frenata da aprile, dopo che la Turchia ha ripreso a vigilare sulle partenze. In Grecia arrivano soprattutto afghani e siriani.

Vanno poi considerati anche i 2,3 mila arrivi registrati a Malta e i 1.000 registrati a Cipro.

Rispetto agli anni passati, questo è il trend degli arrivi via Mediterraneo in Europa, che sono in continuo calo da quattro anni.

arrivi migranti europa

Migranti 2020: questioni aperte

Le questioni aperte rispetto alla gestione dei flussi di migranti in Italia e in Europa sono molte, commentiamo qui le principali.

Le politiche europee sull’immigrazione nel 2020

La nuova Commissione Europea guidata da Ursula von der Leyen sembra essere partita forte sul tema migrazioni, anche se a dirla tutta al momento non si è verificato nulla di concreto.

A settembre la presidente aveva presentato il Patto sulla migrazione e l’asilo, seguito poi dal Piano di azione per l’integrazione e l’inclusione 2021-2027. Ne abbiamo parlato qui. Il grosso limite di queste iniziative, che mirano a rafforzare una linea comune europea finora praticamente inesistente, è nella loro attuazione.

Il Piano di azione per l’integrazione fornisce delle linee guida comuni agli Stati membri ma non è vincolante, perché sui temi di cui si occupa la competenza è dei governi nazionali.

Potenzialmente più incisivo potrebbe essere il Patto sulla migrazione e l’asilo, che punta a una gestione comune dei migranti in arrivo in Europa attraverso un rafforzamento dei controlli alle frontiere, un miglioramento dei programmi di rimpatrio e un meccanismo di solidarietà interna per la distribuzione dei migranti tra i paesi UE.

Quanto il patto inciderà concretamente nella gestione dei flussi migratori lo vedremo nel 2021 e forse anche dopo. A partire dalle proposte presenti, spetta ora agli Stati membri trattare per raggiungere un accordo sull’implementazione concreta delle misure, e solo dopo queste trattative si capirà se la Commissione Von der Leyen sarà riuscita a imporre una linea comune o se prevarranno gli interessi nazionali.

Morti in mare e criminalizzazione del soccorso

Come anticipato, nel 2020 sono morte 708 persone sulla rotta del Mediterraneo centrale e 1.116 in totale includendo anche le persone morte sulle altre rotte mediterranee. Un conteggio certamente sottostimato e che sarebbe molto più alto se non fosse per l’operato delle navi umanitarie delle ong. Sono ad esempio 169 le persone messe in salvo il 31 dicembre 2020 dalla nave Open Arms, tra cui 46 minorenni e 12 donne.

Eppure queste operazioni sono palesemente ostacolate dalle autorità italiane. Nicolò Arpinati su Dinamo Press ha messo in fila tutti i procedimenti che hanno coinvolto e bloccato navi umanitarie dal 2017 al 2020, chiedendosi la fatidica domanda: quante vite avrebbero potuto salvare queste navi?

In pratica il governo italiano non vuole ammettere con esplicite iniziative legislative che si vuole ostacolare il soccorso in mare, così si passa all’azione sul piano amministrativo: si trovano cioè motivazioni e cavilli burocratici, spesso assurdi e pretestuosi, per impedire alle navi di svolgere la loro missione.

Nel solo 2020 sono state bloccate nei porti italiani le navi Alan Kurdi, Aita Mari, Sea Watch 3, Ocean Viking, Sea Watch 4, Mare Jonio.

Se consideriamo anche gli anni precedenti, dal 2017 i procedimenti avviati dagli Stati europei contro le navi umanitarie sono oltre 40. Nessuno di questi ha raccolto prove sufficienti per far partire un processo.

Una stagione, quella della criminalizzazione del soccorso in mare, avviata in Italia da Minniti con il codice di condotta delle Ong del 2017, rafforzata poi da Salvini e mai abbandonata dal governo Conte II, nonostante l’apparenza delle modifiche ai decreti sicurezza.

Respingimenti: l’Italia complice di morti e violenze

Le autorità italiane non si limitano però a ostacolare il soccorso in mare, ma attuano una politica di respingimenti ammantata di legalità ma assai discutibile sul piano etico. La situazione è ben descritta da Rosita Rijtano su lavialibera.

Nel 2020 la guardia costiera libica, seguendo gli accordi con l’Italia e grazie ai finanziamenti dell’Italia, ha respinto 9.000 persone partite dalle coste del paese, rimandate quindi incontro alle torture, violenze, stupri, abusi e uccisioni che subiscono nei centri di detenzione libici.

Altre 1.300 persone sono state respinte dall’Italia in Slovenia, ben sapendo che si dà avvio a una catena di respingimenti che porterà i migranti a tornare prima in Croazia e poi in Bosnia, fuori dai sacri confini dell’Unione Europea.

Si tratta di una procedura illegale perché priva le persone del diritto di chiedere protezione internazionale e che restituisce i migranti alla drammatica situazione in Bosnia, di cui tratteremo tra poco, e li espone alle violenze della polizia croata.

Secondo i dati disponibili, sono oltre 14.000 i respingimenti della polizia croata verso la Bosnia nel 2020. Numerosi sono gli episodi documentati di uso della violenza, che mettono in grande imbarazzo l’Unione Europea, che finanzia la Croazia per controllare i confini esterni.

La drammatica situazione in Bosnia

A dicembre è esplosa la situazione sulla rotta balcanica, in particolare in Bosnia, situazione che già si configurava come disumana e lesiva della dignità delle persone.

Già il 7 dicembre la Commissaria europea per i diritti umani Dunja Mijatović inviava una lettera al presidente del Consiglio bosniaco Zoran Tegeltija sollecitando un intervento per “risolvere alcune carenze strutturali nel trattamento dei migranti e dei richiedenti asilo” nel paese.

La situazione umanitaria infatti era già catastrofica, con 2-3 mila persone disperse in edifici abbandonati o senza alcun rifugio nei pressi del confine croato e quasi 7.000 persone presenti nel “sistema di accoglienza” dove però le condizioni sono ugualmente drammatiche. Già si citava la tendopoli di Lipa – allestita in emergenza dopo la chiusura del campo di Bira – come luogo in cui, parole della commissaria europea, “le condizioni di vita sono gravemente inferiori agli standard umanitari”.

La tendopoli di Lipa non poteva certamente essere una soluzione, e infatti un paio di settimane dopo, il 23 dicembre, si è verificato un grave incendio appiccato dai migranti dopo che si era sparsa la voce della chiusura anche di questa tendopoli.

L’incendio ha costretto le mille persone presenti a lasciare la tendopoli e a sistemarsi all’addiaccio nei boschi e in edifici abbandonati, così come le altre 2-3 mila persone già in quelle condizioni.

Peter van der Auverart, capo della missione nel Paese balcanico dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni ha parlato apertamente di “catastrofe umanitaria”, con migliaia di persone che si trovano senza un riparo nel pieno del gelido inverno balcanico.

Kasim, un migrante pakistano intervistato da euronews, lancia un appello definitivo:

Viviamo come degli animali, ogni animale vive meglio di noi. Chiedo alle Nazioni Unite, all’organizzazione internazionale per le migrazioni e alle Ong di aiutarci per favore. Perché se nessuno ci aiuta moriremo. Per favore aiutateci.

Lo scenario è apocalittico: migliaia di persone letteralmente senza niente si aggirano scalze o con scarpe di fortuna in mezzo alla neve, senza alcun riparo, dormendo nei boschi con temperature sotto zero, in condizioni igieniche disastrose, cercando in ogni modo di scaldarsi e trovare del cibo.

Uno scenario di cui l’Europa è responsabile almeno tanto quanto le autorità bosniache. Un’Europa che usa la Bosnia come ultimo confine extra UE e incoraggia e finanzia respingimenti che dall’Italia, dalla Slovenia, dalla Croazia rimandano i migranti proprio nell’inferno bosniaco, salvo poi lamentarsi che le condizioni dei migranti in Bosnia sono sotto gli standard internazionali.

Non sarebbe più semplice e meno ipocrita iniziare ad accogliere queste persone in paesi dove questi standard sono garantiti?

Tutti i numeri sugli stranieri in Italia, li trovate qui

Qui invece le parole delle migrazioni: cosa intendiamo con migranti, rifugiati, richiedenti asilo, immigrati, profughi?

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Sociologo, lavora come progettista e project manager per Sineglossa. Per Le Nius è responsabile editoriale, autore e formatore. Crede nell'amore e ha una vera passione per i treni. fabio@lenius.it
16 Commenti
  1. Stefano Merlini

    in percentuale meno morti in mare, ma numeri relativi più morti, glielo spieghi a chi muore che le percentuali sono diminuite. Che ipocrisia. Secondo lei meglio 100 morti su 1000 partenti oppure 200 su 5000. La cosa migliore per me è meno morti in termini numerici.

    • Fabio Colombo

      Buongiorno Stefano, non c'è un meglio o un peggio, entrambi i dati - come su tutti i temi - hanno qualcosa da dire.

      • IB

        Nell'articolo leggo: "Un conteggio certamente sottostimato e che sarebbe molto più alto se non fosse per l’operato delle navi umanitarie delle ong". In base a cosa lo affermate? Le persone di cui parliamo pagano anche 10'000 dollari ( https://bit.ly/3dkPPAH , http://bit.ly/2XBuNKb ) per andare volutamente in Libia. Poi salgono su gommoni che materialmente non possono navigare più di 200km. Quindi, necessariamente, fanno affidamento ai soccorsi in mare. Più persone vengono salvate, più ne accorreranno in Libia per tentarci (come è successo nel 2016 e 2017). Sappiamo bene che tutti i migranti sbarcano con uno smart phone. Lo leggevano già nel rapporto UNHCR del 2017 ( http://bit.ly/2wBJI7n ). "A large majority of refugees and migrants interviewed in Libya had access to a functioning phone at all times" Senza neanche ipotizzare collusione tra ONG e trafficanti, è sufficiente usare vesselfinder per capire se è il momento giusto per entrare in mare con i gommoni In altri termini, c'è un meccanismo premiante del rischio (pull factor) che va spezzato. Occorre salvare tutti, ma riportarli in campi UNHCR in Libia o, preferibilmente, in Tunisia. Le persone, come successo alle fine del 2017, inizieranno a spostarsi su altre rotte, come mostrano i dati 2018-9-20. Ho già letto le varie ricerche che negano il pull factor, ma le ritengo pretestuose. Basta un argomento: i gommoni usati non possono raggiungere l'Italia. Quindi non c'è alternativa alle navi e se partissero a prescindere dalla presenza di navi, ci sarebbero decine di volte i morti che si contano. Quindi, in ultima analisi, ritengo che le ONG abbiano l'effetto opposto a quello che dite sul numero di morti in mare.

        • Fabio Colombo

          Buongiorno, che non ci sia alcuna correlazione tra presenza di navi umanitarie e partenze, e che quindi la presenza di navi umanitarie non sia un pull factor è stato ampiamente dimostrato (https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/migrazioni-nel-mediterraneo-tutti-i-numeri-24892)

          • IB

            Grazie per la risposta, ma penso di aver già anticipato la sua risposta (" i gommoni usati non possono raggiungere l'Italia"). I migranti usano gommoni cinesi e non caricano carburante sufficiente per arrivare a Lampedusa. Quindi non ci sono dubbi sul fatto che l'uso delle navi di passaggio sia necessario e non opzionale. Questo non è oggetto di discussione. I migranti hanno dimostrato di conoscere le nostre leggi meglio di noi (ad esempio "pèrdono" il passaporto se vengono in Italia, ma non fanno altrettanto se vanno alle Canarie. Quindi, è chiaro che hanno imparato a usare VesselFinder e telefoni satellitari molto prima di Luca Donadel. Facciamo l'ipotesi inversa. I migranti partono a prescindere dalla presenza di qualunque nave in mare, ma sappiamo che non hanno carburante sufficiente a raggiungere Lampedura. Che fine fanno? Dobbiamo credere che si comportino come Lemmings pur avendo gli strumenti per evitarlo? Oppure il dato omesso è che sfruttano navi delle missioni internazionali, navi di passaggio, "navi madri" etc. Quindi l'analisi statistica sta facendo cherry picking, altrimenti l'analisti, vedendo le discrepante, avrebbe cercato di spiegarle. Il bias è chiaro, l'articolo vuole solo smentire l'ipotesi di collusione. Ipotesi che però è indipendente da quella del pull factor. Per questo motivi l'articolo che linka è inattendibile.

  2. Stefano Merlini

    Questo è vero, però per me meno morti ci sono e meglio è. Poi ovvio che se si riuscisse ad avere zero persone morte sarebbe un successo. Ma si potrà ottenere, solo garantendo un futuro a tutti nel proprio paese, in modo che nessuno sia costretto a migrare. La realtà però mi sembra che si investa pochissimo per questo, anche da parte di molte associazioni umanitarie e ong.

    • IB

      "La realtà però mi sembra che si investa pochissimo" Non mi sembra che non sia esattamente così. Buccini, Goffredo. "Italiani e no". Un libro che potremmo definire "pro immigrazione". Pagina 215: "L’Unione europea è già da tempo il maggior contributore per l’Africa (con il 45 per cento degli aiuti complessivi), solo nel 2012 le ha fornito 681 milioni di euro, la metà dei quali per assistenza umanitaria {...} la Cina effettua investimenti diretti per circa 40 miliardi di euro, quelli europei sono sei volte tanto, e cioè oltre 220 miliardi di euro. {...} il famoso «Piano Marshall per l’Africa», evocato da qualsiasi politico europeo a corto di idee ma che, numeri alla mano, noi abbiamo già versato varie volte all’Africa. In cinquant’anni sono piovuti sul continente almeno 1500 MILIARDI DI DOLLARI, a fronte dei 13 in quattro anni che gli americani ci destinarono nell’originale Piano Marshall del dopoguerra, equivalenti a un centinaio di miliardi di oggi" Le cause dell'immigrazione non si possono ricondurre alla semplice povertà o alla mancanza di investimenti, a cominciare dal fatto che non emigrano i più poveri (http://bit.ly/2nVTtMJ). Lo dimostra il fatto che ogni anno emigrano più di 100mila italiano. Relativamente ai paesi poveri, si parla di gobba migratoria: http://ftp.iza.org/dp8592.pdf https://bit.ly/2JZCXmp

  3. francesco

    Come mai non si riesce ad arrivare ad una politica comune europea? i migranti , dai dati che si leggono, arrivano in spagna, grecia e italia che sono le economie più deboli. Che fa ad esempio la Francia, la Germania, l'Austria e il nord Europa?

    • Fabio Colombo

      Buongiorno Francesco, grazie della domanda. Quello della politica comune in materia di migrazioni e asilo è un tema aperto da decenni. Purtroppo non si arriva ad un accordo tra gli Stati. Attenzione alla lettura dei dati: in Grecia, Italia e Spagna arrivano i migranti via mare, ma in realtà paesi come Germania, Svezia, Belgio, Austria accolgono molti più immigrati che vengono via terra, ed è anche questo il motivo per cui molti paesi sono restii alla distribuzione dei migranti che arrivano via mare. Vedi più info in questi articoli: https://www.lenius.it/quanti-sono-gli-immigrati-in-italia-e-in-europa/ https://www.lenius.it/quanti-sono-i-rifugiati-in-italia-e-in-europa/

      • IB

        Dissento. C'è un'esplicita, anche non se pubblicizzata, visione comune che è iniziata dal 2001 con la direttiva 51/2001. Cioè la direttiva che impedisce a un bengalese di arrivare in aereo e lo obbliga a prendere l'aereo fino a Istanbul, per poi andare in Libia e, da lì, "farsi salvare in mare". 20 anni fa hanno capito che tutte le leggi, trattati e accordi etc europei fondano le radici nelle ceneri della seconda guerra mondiale. Queste sono "troppo garantiste". Succedeva infatti che gli immigrati arrivavano con un visto turistico, ma non si riusciva a rimpatriarli. Quindi l'unico modo è far sì che non arrivino proprio. L'accordo non scritto è di spostare il problema sempre più lontano dal proprio confine. Per questo motivo, la Germania, dopo il "venite tutti", ha imposto all'Europa di pagare Erdogan per bloccare i migranti. L'Italia fa lo stesso con la Libia. La Francia rimpalla a ventimiglia. Giungla di Calais. Dublinati. La Spagna ignora il non-refoulment a Melilla. La Francia ha 5000 militari in Niger a presidiare il crocevia dei migranti. Altre nazioni alzano i muri. Sono tutte azioni con quello stesso fine. Quello che scrive lei riguarda solo lo specifico aspetto della ridistribuzione che però è vista come fumo negli occhi per diversi motivi: Il primo è sicuramente quello che dice. Ad esempio, se guardiamo i dati 2019 e usiamo le regole ipotetiche di Dublino IV ( http://bit.ly/36TZf4G ), l'Italia avrebbe preso migranti invece di darne, ma i veri aspetti cruciali sono l'automatismo che implica la perdita di sovranità dei confini. Poi, ancora più importante, c'è il rischio che paesi come Grecia e Malta potrebbero anche aprire le frontiere contando sul fatto che poi gliene spetterebbero meno rispetto a Francia, Germania, Italia e Spagna. Ciò va visto anche considerando l'inarrestabile crescita demografica africana. Ridistribuire non risolve il problema, si limita a diluirlo, ma in prospettiva potrebbe anche peggiorarlo.

  4. Muhammad

    Ciao posso chiedere io sono in italia da 2014 e evevo il permesso di soggiorno richesta asilo e 2018 corte di appello ha diciso di darmi il permesso sussidiaria poi lo fatto convertire il motivo lavoro adesso io posso fare domanda per carta soggiorno il tempo di 5 anni si conta da 2014 o da 2018 quando ho presso il permesso mi conseglia perfavore

    • Davide Fracasso

      Ciao Muhammad, dunque il conteggio dei 5 anni dovrebbe partire da quando hai un permesso di soggiorno, anche se x richiesta asilo, quindi nel tuo caso dal 2014. Non so dirti con certezza se dovranno anche verificare la residenza, ma non credo.

  5. erasmus appiah

    salve vorrei chiedere una domanda, io che lavoro come un dipendente di un azienda petrolifera come benzinaio ⛽️ posso fare la richiesta del flusso decreto 2020 per mio fratello che si trovo in africa oppure spetta a determinate categorie di lavoro, o esclusivamente i datori di lavoro . mi faccia sapere grazie mille

    • Fabio Colombo

      Buongiorno Erasmus, in generale è il datore di lavoro che può fare richiesta insieme alla persona, non un parente. Però ti consigliamo di chiedere a uno sportello di informazioni come ad esempio CGIL, CISL, ACLI oppure qualche associazione per migranti della tua città di residenza.

  6. Patrizia Zaccarelli

    Quanto di parte l'articolo. Per tua informazione: richiedente asilo e rifugiato e' la stessa cosa, ma visto i dati che tu stesso metti in chiaro, 30% arrivi di 70 % uomoni tunisini, non vedo come questi rientrino in categorie di "rifugiato" o "richiedenti asilo", sono semplicemente clandestini che ogni paese al mondo o farebbe entrare. La rimozione del decreto Salvini e' una vergogna. L'italia e' letterlmente invasa da una massa di uomini immigrati illegali di cui non si sa ninente. ma cosa parlate di richiedenti asilo o aiuti umanitari?!!! sono clandestini che non devono entrare!!!

    • Fabio Colombo

      Buongiorno Patrizia, l'articolo riporta i dati delle persone in arrivo, non occupandosi delle distinzioni giuridiche che introduci nel tuo commento. Non lo fa perché nel momento in cui le persone sbarcano, è semplicemente impossibile farle. Se la persona avrà diritto o meno all'asilo politico, o comunque a restare legalmente in Italia, lo si stabilisce secondo procedure regolate dal diritto internazionale, non certo nei commenti a un articolo.

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