Quante persone migranti sono arrivate nel 2020?67 min read

12 Gennaio 2021 Dati migrazioni -

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Sociologo

Quante persone migranti sono arrivate nel 2020?67 min read

Reading Time: 50 minutes

Migranti 2020: i numeri in Italia al 29 febbraio

Nei primi due mesi del 2020 sono sbarcate in Italia 2.557 persone, un incremento dell’876% rispetto allo stesso periodo 2019, quando arrivarono 262 persone. A febbraio sono arrivate 1.200 persone, un centinaio in meno rispetto a gennaio. Vedremo nei prossimi mesi se si tratta di un dato temporaneo o della ripresa di un trend di crescita.

Se prendiamo gli ultimi 12 mesi – esercizio più significativo che non paragonare gli anni solari o i singoli mesi – passiamo dai 18.386 arrivi tra il 1 marzo 2018 e il 28 febbraio 2019 ai 21.686 arrivi del periodo 1 marzo 2019 – 29 febbraio 2020, un aumento del 18%.

migranti in italia 2020

Tra i paesi di provenienza negli ultimi 12 mesi sono arrivate persone da Tunisia (2,7 mila persone, 12% del totale) seguite da Costa d’Avorio (1,4 mila persone, 7%), Algeria, Pakistan, Iraq e Bangladesh.

Nei primi due mesi del 2020 sono in crescita gli arrivi di persone da Bangladesh, Algeria, Costa d’Avorio e Sudan. Vedremo se si tratta di situazioni temporanee o se effettivamente assisteremo ad una crescita degli arrivi di persone di queste provenienze, a discapito di tunisini e pakistani.

Quanto al genere e all’età delle persone sbarcate, il 71% delle persone arrivate sulle coste italiane negli ultimi 12 mesi è di sesso maschile, le donne sono il 9%, i minori il 20% – in buona parte minori non accompagnati. Queste percentuali sono sostanzialmente invariate nel corso del tempo, anche se i minori tendono ad un lieve incremento.

Migranti 2020: i numeri in Europa al 29 febbraio

Se consideriamo gli arrivi in tutta l’area del Mediterraneo, nei primi due mesi del 2020 sono arrivati via Mediterraneo in Europa circa 15 mila migranti (nello stesso periodo del 2019 furono 11,7 mila).

migranti europa 2020 febbraio

La Grecia continua ad essere l’approdo più significativo, con 6.849 arrivi nel 2020, di cui 5,2 mila via mare e 1,6 mila via terra attraverso il delta del fiume Evros tra Turchia e Grecia. È un dato superiore ai primi due mesi del 2019, quando arrivarono 5 mila persone, ma in calo rispetto agli ultimi mesi del 2019. In Grecia arrivano soprattutto afghani (il 50% degli arrivi) e siriani (21%).

In Spagna sono arrivate 4.557 persone nei primi due mesi del 2020, contro le seimila dello stesso periodo del 2019. Si tratta di persone che entrano in Spagna in gran parte via mare ma in parte anche via terra nelle enclave di Ceuta e Melilla confinanti con il Marocco. In Spagna arrivano persone provenienti dal Maghreb (soprattutto Marocco e Algeria) e dell’Africa subsahariana (Guinea, Mali, Costa d’Avorio, Senegal).

Vanno poi considerati anche i 1.000 arrivi registrati a Malta e i 200 registrati a Cipro.

Migranti 2020: strategie politiche

La situazione al confine tra Grecia e Turchia

Il mese di febbraio è stato dominato dalla questione al confine sud orientale d’Europa, tra Grecia e Turchia. Il 27 febbraio Erdogan ha concretizzato la minaccia che da tempo sventolava, quella cioè di far saltare l’accordo siglato nel 2016 tra Unione Europea e Turchia affinché quest’ultima, in cambio di 6 miliardi di euro, trattenesse i profughi sul suo territorio, ponendo fine così all’esodo di massa lungo la rotta balcanica.

La Turchia ha messo in scena un vero e proprio assalto al fortino: non si è limitata a smettere di fare i controlli sui migranti in transito verso la Grecia, ma ha organizzato militarmente il trasporto dei migranti al confine greco, con autobus organizzati dalle autorità per agevolare lo spostamento ai confini di grandi masse di persone in poco tempo.

Così a Kastanies e dintorni, confine di terra greco-turco, si sono verificate scene di guerriglia, con la polizia greca che ha lanciato gas lacrimogeni contro le persone ammassate al confine, prima qualche centinaio, poi velocemente migliaia, decine di migliaia.

In questo frangente si sono diffuse le immagini di bambini alle prese con gli effetti dei gas lacrimogeni e, passata la guerriglia iniziale, le persone e le famiglie hanno iniziato ad accamparsi nei boschi e nelle cittadine nei pressi del confine: respinte dalla Grecia, e non più accolte dalla Turchia.

Lunedì 2 marzo è stata confermata dagli esperti di Forensic Architecture la notizia della morte di un ragazzo siriano di 22 anni, ucciso da un colpo di arma da fuoco sparato dalla polizia greca.

Contestualmente è andato in scena un putiferio ignobile sull’isola di Lesbo. Dalle sponde turche non solo hanno smesso di controllare le partenze, ma hanno preso a scortare i gommoni dei migranti fino alle acque greche. Qui si sono assistite a scene da far west, con la guardia costiera greca che è ricorsa ad ogni mezzo (spari, bastonate, manovre spericolate) pur di respingere i gommoni in arrivo.

In tutto questo, un gommone con a bordo 46 persone si è rovesciato provocando la morte di un bambino siriano che era a bordo con i suoi genitori. Il fatto è avvenuto mentre era in corso l’intervento della guardia costiera greca.

Anche sull’isola la situazione è molto tesa. Gli arrivi degli ultimi giorni hanno esacerbato animi già accesi: da settimane alcuni abitanti stavano protestando, sentendosi abbandonati dal governo greco che punta sulla linea di tenere confinati i profughi sulle isole, tanto che nel campo di Moria, a Lesbo, già erano presenti quasi 20 mila persone, con una capienza dichiarata di tremila.

L’escalation degli ultimi giorni è dovuta soprattutto all’attivismo di esponenti di Alba Dorata e altri gruppi di estrema destra, che hanno cercato di impedire lo sbarco dei migranti, bloccato i pullman diretti ai campi, minacciato, picchiato e preso a sassate attivisti delle Ong e giornalisti internazionali che tentavano di raccontare quello che stava succedendo.

In tutto questo la Grecia ha sospeso per un mese il diritto di asilo e ha iniziato a trasportare i profughi arrivati a Lesbo negli ultimi giorni con navi militari in campi di detenzione sulla terraferma, dove non potranno chiedere asilo.

Ma come mai è successo tutto questo? Erdogan ha dichiarato che l’Unione Europea non stava rispettando gli accordi, e che comunque la situazione in Turchia non era più accettabile, dopo che decine di migliaia di profughi siriani in fuga dalla provincia di Idlib si sono riversati al confine turco.

La ragione vera potrebbe però essere un’altra, ci ricorda il giornalista del Guardian Patrick Kingsley: la Turchia, in difficoltà nella sua campagna di Siria, avrebbe bisogno di supporto militare da parte delle potenze occidentali.

E l’Europa cosa fa? L’Unione Europea si è comportata ad ora meschinamente. La presidente della Commissione Europea Ursula Von Der Leyen ha usato parole devastanti: “grazie alla Grecia per essere il nostro scudo”. Una metafora bellica che poteva francamente risparmiarsi.

Il messaggio è chiaro: gli stati europei non vogliono rischiare di trovarsi con centinaia di migliaia di profughi, quindi appoggiano la Grecia che non fa entrare nessuno, e al tempo stesso stanno al gioco di Erdogan.

Come ne usciremo? Forse Erdogan otterrà qualcosa in più, e richiuderà i confini. Intanto le vittime di questi tristi dispute sono le persone più deboli: migliaia di persone già vessate dalla guerra e dalle circostanze della fuga sono tenute in ostaggio, e costrette a rischiare la vita in condizioni di vita disumane.

Il rinnovo degli accordi con la Libia

A proposito di accordi discutibili e che vincolano alle bizze di governi discutibili, anche l’Italia ha un accordo simile con la Libia. L’accordo è stato siglato nel 2017 dall’allora ministro Minniti (governo Gentiloni), ribadito e rafforzato da Salvini, e rinnovato il 2 febbraio 2020.

Nell’accordo, lo ricordiamo, l’Italia si impegna a finanziare e supportare la cosiddetta guardia costiera libica (cioè, in pratica, un ensemble di milizie di trafficanti e signori della guerra), e in cambio la Libia si impegna a bloccare le partenze di navi di migranti dalle sue coste, o a respingere quelle che partono e riportarli nei centri di detenzione, più volte certificati come luoghi di morte, tortura, violenza.

Forse a seguito delle polemiche suscitate, l’Italia ha fatto la mossa di inviare al governo libico un documento con la richiesta di alcune modifiche dell’accordo, dopo che lo stesso si era rinnovato. Si tratta peraltro di modifiche ininfluenti, che mirano a un maggiore controllo da parte degli organismi internazionali sui centri di detenzione, organismi che hanno più volte dichiarato di non essere in grado di esercitare questo controllo.

Insomma, c’è da scommettere che tutto andrà avanti così.

I decreti sicurezza e l’accoglienza in Italia

Il decreto Sicurezza e immigrazione, o decreto Salvini, è diventato legge a dicembre 2018, e ha iniziato a dispiegare i suoi effetti nel corso del 2019: decine di migliaia di persone private della protezione umanitaria, esclusione dei richiedenti asilo dal sistema di accoglienza e dalla residenza anagrafica, perdita del posto di lavoro di chi lavorava nei progetti di accoglienza, aumento del numero di persone irregolari. Ne abbiamo scritto qui.

Ora il governo Conte II, dopo mesi di immobilismo, discute se modificare o meno questa impostazione. Il ministro Lamorgese ha già pronte le modifiche ma deve negoziare con la maggioranza. Non si parla di reintrodurre la protezione umanitaria, ma di trovare il modo affinché i permessi per casi speciali possano essere utilizzati con maggiore flessibilità (qui abbiamo spiegato le differenze). Lamorgese sarebbe inoltre intenzionata a modificare anche il Decreto sicurezza bis, riducendo le sanzioni per le Ong che operano in mare e agendo in maniera più coordinata con le stesse. Qui abbiamo descritto tutte le modifiche ipotizzate.

Infine, al di là dei decreti sicurezza, il ministro starebbe pensando anche a una sanatoria: il numero di persone irregolari sta continuando a crescere, anche per effetto del Decreto Salvini, e, almeno per le persone che lavorano e dimostrano di essere da tempo integrate in Italia, sarebbe allo studio un provvedimento di regolarizzazione, che però dovrà passare dalle valutazioni della maggioranza oltre che dal prevedibile polverone che si solleverebbe, nonostante si tratti di un provvedimento che non può che avere effetti benefici.

Infine, al di là dei decreti sicurezza, il ministro starebbe pensando anche a una sanatoria: il numero di persone irregolari sta continuando a crescere, anche per effetto del Decreto Salvini, e, almeno per le persone che lavorano e dimostrano di essere da tempo integrate in Italia, sarebbe allo studio un provvedimento di regolarizzazione, che però dovrà passare dalle valutazioni della maggioranza oltre che dal prevedibile polverone che si solleverebbe, nonostante si tratti di un provvedimento che non può che avere effetti benefici.

Chiudiamo con una piccola triste storia: lo scorso 25 febbraio sarebbero dovute arrivare 66 persone dal Niger attraverso il meccanismo dei corridoi umanitari. Persone che aspettavano da mesi questo momento, persone già provate dalla fuga e, alcune, da condizioni sanitarie precarie. Ebbene, il trasferimento è stato bloccato “in via precauzionale” per il rischio coronavirus. Una decisione cinica e ingiustificata.

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Sociologo, lavora come progettista e project manager per Sineglossa. Per Le Nius è responsabile editoriale, autore e formatore. Crede nell'amore e ha una vera passione per i treni. fabio@lenius.it
16 Commenti
  1. Stefano Merlini

    in percentuale meno morti in mare, ma numeri relativi più morti, glielo spieghi a chi muore che le percentuali sono diminuite. Che ipocrisia. Secondo lei meglio 100 morti su 1000 partenti oppure 200 su 5000. La cosa migliore per me è meno morti in termini numerici.

    • Fabio Colombo

      Buongiorno Stefano, non c'è un meglio o un peggio, entrambi i dati - come su tutti i temi - hanno qualcosa da dire.

      • IB

        Nell'articolo leggo: "Un conteggio certamente sottostimato e che sarebbe molto più alto se non fosse per l’operato delle navi umanitarie delle ong". In base a cosa lo affermate?Le persone di cui parliamo pagano anche 10'000 dollari ( https://bit.ly/3dkPPAH , http://bit.ly/2XBuNKb ) per andare volutamente in Libia. Poi salgono su gommoni che materialmente non possono navigare più di 200km. Quindi, necessariamente, fanno affidamento ai soccorsi in mare. Più persone vengono salvate, più ne accorreranno in Libia per tentarci (come è successo nel 2016 e 2017).Sappiamo bene che tutti i migranti sbarcano con uno smart phone. Lo leggevano già nel rapporto UNHCR del 2017 ( http://bit.ly/2wBJI7n ). "A large majority of refugees and migrants interviewed in Libya had access to a functioning phone at all times" Senza neanche ipotizzare collusione tra ONG e trafficanti, è sufficiente usare vesselfinder per capire se è il momento giusto per entrare in mare con i gommoniIn altri termini, c'è un meccanismo premiante del rischio (pull factor) che va spezzato. Occorre salvare tutti, ma riportarli in campi UNHCR in Libia o, preferibilmente, in Tunisia. Le persone, come successo alle fine del 2017, inizieranno a spostarsi su altre rotte, come mostrano i dati 2018-9-20.Ho già letto le varie ricerche che negano il pull factor, ma le ritengo pretestuose. Basta un argomento: i gommoni usati non possono raggiungere l'Italia. Quindi non c'è alternativa alle navi e se partissero a prescindere dalla presenza di navi, ci sarebbero decine di volte i morti che si contano.Quindi, in ultima analisi, ritengo che le ONG abbiano l'effetto opposto a quello che dite sul numero di morti in mare.

        • Fabio Colombo

          Buongiorno, che non ci sia alcuna correlazione tra presenza di navi umanitarie e partenze, e che quindi la presenza di navi umanitarie non sia un pull factor è stato ampiamente dimostrato (https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/migrazioni-nel-mediterraneo-tutti-i-numeri-24892)

          • IB

            Grazie per la risposta, ma penso di aver già anticipato la sua risposta (" i gommoni usati non possono raggiungere l'Italia").I migranti usano gommoni cinesi e non caricano carburante sufficiente per arrivare a Lampedusa. Quindi non ci sono dubbi sul fatto che l'uso delle navi di passaggio sia necessario e non opzionale. Questo non è oggetto di discussione.I migranti hanno dimostrato di conoscere le nostre leggi meglio di noi (ad esempio "pèrdono" il passaporto se vengono in Italia, ma non fanno altrettanto se vanno alle Canarie. Quindi, è chiaro che hanno imparato a usare VesselFinder e telefoni satellitari molto prima di Luca Donadel.Facciamo l'ipotesi inversa. I migranti partono a prescindere dalla presenza di qualunque nave in mare, ma sappiamo che non hanno carburante sufficiente a raggiungere Lampedura. Che fine fanno? Dobbiamo credere che si comportino come Lemmings pur avendo gli strumenti per evitarlo? Oppure il dato omesso è che sfruttano navi delle missioni internazionali, navi di passaggio, "navi madri" etc.Quindi l'analisi statistica sta facendo cherry picking, altrimenti l'analisti, vedendo le discrepante, avrebbe cercato di spiegarle. Il bias è chiaro, l'articolo vuole solo smentire l'ipotesi di collusione. Ipotesi che però è indipendente da quella del pull factor. Per questo motivi l'articolo che linka è inattendibile.

  2. Stefano Merlini

    Questo è vero, però per me meno morti ci sono e meglio è. Poi ovvio che se si riuscisse ad avere zero persone morte sarebbe un successo. Ma si potrà ottenere, solo garantendo un futuro a tutti nel proprio paese, in modo che nessuno sia costretto a migrare. La realtà però mi sembra che si investa pochissimo per questo, anche da parte di molte associazioni umanitarie e ong.

    • IB

      "La realtà però mi sembra che si investa pochissimo" Non mi sembra che non sia esattamente così.Buccini, Goffredo. "Italiani e no". Un libro che potremmo definire "pro immigrazione". Pagina 215: "L’Unione europea è già da tempo il maggior contributore per l’Africa (con il 45 per cento degli aiuti complessivi), solo nel 2012 le ha fornito 681 milioni di euro, la metà dei quali per assistenza umanitaria {...} la Cina effettua investimenti diretti per circa 40 miliardi di euro, quelli europei sono sei volte tanto, e cioè oltre 220 miliardi di euro. {...} il famoso «Piano Marshall per l’Africa», evocato da qualsiasi politico europeo a corto di idee ma che, numeri alla mano, noi abbiamo già versato varie volte all’Africa. In cinquant’anni sono piovuti sul continente almeno 1500 MILIARDI DI DOLLARI, a fronte dei 13 in quattro anni che gli americani ci destinarono nell’originale Piano Marshall del dopoguerra, equivalenti a un centinaio di miliardi di oggi"Le cause dell'immigrazione non si possono ricondurre alla semplice povertà o alla mancanza di investimenti, a cominciare dal fatto che non emigrano i più poveri (http://bit.ly/2nVTtMJ). Lo dimostra il fatto che ogni anno emigrano più di 100mila italiano.Relativamente ai paesi poveri, si parla di gobba migratoria: http://ftp.iza.org/dp8592.pdf https://bit.ly/2JZCXmp

  3. francesco

    Come mai non si riesce ad arrivare ad una politica comune europea? i migranti , dai dati che si leggono, arrivano in spagna, grecia e italia che sono le economie più deboli. Che fa ad esempio la Francia, la Germania, l'Austria e il nord Europa?

    • Fabio Colombo

      Buongiorno Francesco, grazie della domanda. Quello della politica comune in materia di migrazioni e asilo è un tema aperto da decenni. Purtroppo non si arriva ad un accordo tra gli Stati. Attenzione alla lettura dei dati: in Grecia, Italia e Spagna arrivano i migranti via mare, ma in realtà paesi come Germania, Svezia, Belgio, Austria accolgono molti più immigrati che vengono via terra, ed è anche questo il motivo per cui molti paesi sono restii alla distribuzione dei migranti che arrivano via mare. Vedi più info in questi articoli: https://www.lenius.it/quanti-sono-gli-immigrati-in-italia-e-in-europa/ https://www.lenius.it/quanti-sono-i-rifugiati-in-italia-e-in-europa/

      • IB

        Dissento. C'è un'esplicita, anche non se pubblicizzata, visione comune che è iniziata dal 2001 con la direttiva 51/2001. Cioè la direttiva che impedisce a un bengalese di arrivare in aereo e lo obbliga a prendere l'aereo fino a Istanbul, per poi andare in Libia e, da lì, "farsi salvare in mare".20 anni fa hanno capito che tutte le leggi, trattati e accordi etc europei fondano le radici nelle ceneri della seconda guerra mondiale. Queste sono "troppo garantiste". Succedeva infatti che gli immigrati arrivavano con un visto turistico, ma non si riusciva a rimpatriarli. Quindi l'unico modo è far sì che non arrivino proprio. L'accordo non scritto è di spostare il problema sempre più lontano dal proprio confine.Per questo motivo, la Germania, dopo il "venite tutti", ha imposto all'Europa di pagare Erdogan per bloccare i migranti. L'Italia fa lo stesso con la Libia. La Francia rimpalla a ventimiglia. Giungla di Calais. Dublinati. La Spagna ignora il non-refoulment a Melilla. La Francia ha 5000 militari in Niger a presidiare il crocevia dei migranti. Altre nazioni alzano i muri. Sono tutte azioni con quello stesso fine.Quello che scrive lei riguarda solo lo specifico aspetto della ridistribuzione che però è vista come fumo negli occhi per diversi motivi: Il primo è sicuramente quello che dice. Ad esempio, se guardiamo i dati 2019 e usiamo le regole ipotetiche di Dublino IV ( http://bit.ly/36TZf4G ), l'Italia avrebbe preso migranti invece di darne, ma i veri aspetti cruciali sono l'automatismo che implica la perdita di sovranità dei confini. Poi, ancora più importante, c'è il rischio che paesi come Grecia e Malta potrebbero anche aprire le frontiere contando sul fatto che poi gliene spetterebbero meno rispetto a Francia, Germania, Italia e Spagna. Ciò va visto anche considerando l'inarrestabile crescita demografica africana. Ridistribuire non risolve il problema, si limita a diluirlo, ma in prospettiva potrebbe anche peggiorarlo.

  4. Muhammad

    Ciao posso chiedere io sono in italia da 2014 e evevo il permesso di soggiorno richesta asilo e 2018 corte di appello ha diciso di darmi il permesso sussidiaria poi lo fatto convertire il motivo lavoro adesso io posso fare domanda per carta soggiorno il tempo di 5 anni si conta da 2014 o da 2018 quando ho presso il permesso mi conseglia perfavore

    • Davide Fracasso

      Ciao Muhammad, dunque il conteggio dei 5 anni dovrebbe partire da quando hai un permesso di soggiorno, anche se x richiesta asilo, quindi nel tuo caso dal 2014. Non so dirti con certezza se dovranno anche verificare la residenza, ma non credo.

  5. erasmus appiah

    salve vorrei chiedere una domanda, io che lavoro come un dipendente di un azienda petrolifera come benzinaio ⛽️ posso fare la richiesta del flusso decreto 2020 per mio fratello che si trovo in africa oppure spetta a determinate categorie di lavoro, o esclusivamente i datori di lavoro . mi faccia sapere grazie mille

    • Fabio Colombo

      Buongiorno Erasmus, in generale è il datore di lavoro che può fare richiesta insieme alla persona, non un parente. Però ti consigliamo di chiedere a uno sportello di informazioni come ad esempio CGIL, CISL, ACLI oppure qualche associazione per migranti della tua città di residenza.

  6. Patrizia Zaccarelli

    Quanto di parte l'articolo. Per tua informazione: richiedente asilo e rifugiato e' la stessa cosa, ma visto i dati che tu stesso metti in chiaro, 30% arrivi di 70 % uomoni tunisini, non vedo come questi rientrino in categorie di "rifugiato" o "richiedenti asilo", sono semplicemente clandestini che ogni paese al mondo o farebbe entrare. La rimozione del decreto Salvini e' una vergogna. L'italia e' letterlmente invasa da una massa di uomini immigrati illegali di cui non si sa ninente. ma cosa parlate di richiedenti asilo o aiuti umanitari?!!! sono clandestini che non devono entrare!!!

    • Fabio Colombo

      Buongiorno Patrizia, l'articolo riporta i dati delle persone in arrivo, non occupandosi delle distinzioni giuridiche che introduci nel tuo commento. Non lo fa perché nel momento in cui le persone sbarcano, è semplicemente impossibile farle. Se la persona avrà diritto o meno all'asilo politico, o comunque a restare legalmente in Italia, lo si stabilisce secondo procedure regolate dal diritto internazionale, non certo nei commenti a un articolo.

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