Quante persone migranti sono arrivate nel 2020?67 min read

12 Gennaio 2021 Dati migrazioni -

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Sociologo

Quante persone migranti sono arrivate nel 2020?67 min read

Reading Time: 50 minutes

Migranti 2020: i numeri in Italia al 31 marzo

Nei primi tre mesi del 2020 sono sbarcate in Italia 2.798 persone, un incremento del 115% rispetto allo stesso periodo 2019, quando arrivarono 1.300 persone. A marzo però c’è stato un deciso calo rispetto a gennaio e febbraio, con l’arrivo di sole 241 persone.

Se prendiamo gli ultimi 12 mesi – esercizio più significativo che non paragonare gli anni solari o i singoli mesi – passiamo dai 17.599 arrivi tra il 1 aprile 2018 e il 31 marzo 2019 ai 21.665 arrivi del periodo 1 aprile 2019 – 31 marzo 2020, un aumento del 23%.

arrivi di migranti a marzo

Tra i paesi di provenienza negli ultimi 12 mesi sono arrivate persone da Tunisia (2,7 mila persone, 12% del totale) seguite da Costa d’Avorio (1,4 mila persone, 7%), Algeria, Pakistan, Bangladesh, Iraq e Sudan.

Nei primi tre mesi del 2020 sono in crescita gli arrivi di persone da Bangladesh, Algeria, Costa d’Avorio e Sudan. Vedremo se si tratta di situazioni temporanee o se effettivamente assisteremo ad una crescita degli arrivi di persone di queste provenienze, a discapito di tunisini e pakistani.

Quanto al genere e all’età delle persone sbarcate, il 71% delle persone arrivate sulle coste italiane negli ultimi 12 mesi è di sesso maschile, le donne sono il 9%, i minori il 20% – in buona parte minori non accompagnati. Queste percentuali sono sostanzialmente invariate nel corso del tempo, anche se i minori tendono ad un lieve incremento.

Migranti 2020: i numeri in Europa

Se consideriamo gli arrivi in tutta l’area del Mediterraneo, nei primi tre mesi del 2020 sono arrivati via Mediterraneo in Europa quasi 20 mila migranti (nello stesso periodo del 2019 furono 16 mila).

migranti in europa marzo

La Grecia continua ad essere l’approdo più significativo, con 9.581 arrivi nel 2020, di cui 7,5 mila via mare e duemila via terra attraverso il delta del fiume Evros tra Turchia e Grecia. È un dato superiore ai primi tre mesi del 2019, quando arrivarono ottomila persone, ma in calo rispetto agli ultimi mesi del 2019. In Grecia arrivano soprattutto afghani (il 45% degli arrivi) e siriani (23%).

In Spagna sono arrivate 5.797 persone nei primi tre mesi del 2020, contro le settemila dello stesso periodo del 2019. Si tratta di persone che entrano in Spagna in gran parte via mare ma in parte anche via terra nelle enclave di Ceuta e Melilla confinanti con il Marocco. In Spagna arrivano persone provenienti dal Maghreb (soprattutto Marocco e Algeria) e dell’Africa subsahariana (Guinea, Mali, Costa d’Avorio, Senegal).

Vanno poi considerati anche i 1.100 arrivi registrati a Malta e i 400 registrati a Cipro.

Migranti 2020: strategie politiche

Migrazioni e coronavirus

Seppure il tema migrazioni sia sparito dalle agende politiche e mediatiche, negli addetti ai lavori monta una crescente preoccupazione rispetto alla possibile diffusione del coronavirus in alcuni ambienti dove sono accolti, ospitati, segregati i migranti in Italia e in altri paesi europei.

In particolare, in Italia sale la preoccupazione per la situazione nei centri di accoglienza (CAS e SIPROIMI) e nei centri di permanenza e rimpatrio (CPR) – sigle e differenze sono spiegate qui.

Nei Centri di Accoglienza Straordinaria (CAS), dove sono ospitati soprattutto richiedenti asilo, la situazione è peggiorata con l’entrata in vigore del decreto sicurezza 118/2018, che ha favorito la creazione di grandi centri con centinaia di ospiti e ridotto i servizi sociali e sanitari erogati.

Una situazione che rende impraticabile il distanziamento sociale e impossibile evitare assembramenti. Non sono presenti inoltre i dispositivi di sicurezza: mascherine, guanti, igienizzanti. Sono persone che già normalmente possono avere problemi di accesso alle cure sanitarie, per questioni legali o burocratiche, e che in questo periodo rischiano di essere abbandonate a se stesse, a meno di un grande sforzo da parte degli operatori degli enti gestori.

Ancora più grave la situazione nei Centri di Permanenza e Rimpatrio, dove sono detenuti i migranti in attesa di rimpatrio. Qui si ha a che fare con molteplici problemi: i rimpatri sono bloccati ma nonostante questo nuove persone continuano ad entrare. Sono luoghi dove le persone vivono gioco forza in promiscuità, in condizioni sanitarie precarie, con pochissimi contatti con l’esterno e con pochi servizi garantiti.

In questa situazione, le misure di prevenzione e limitazione del contagio appaiono inapplicabili. Infatti, lo scorso 24 marzo si è registrato un primo caso positivo al Covid-19 nel Cpr di Gradisca d’Isonzo.

Queste situazioni sono state denunciate in un documento sottoscritto da decine di associazioni. Nel documento si avanzano anche delle proposte per migliorare la situazione: consentire ai richiedenti asilo ospiti dei CAS di accedere anche agli alloggi del SIPROIMI, normalmente riservati solo ai rifugiati (sono alloggi diffusi in cui convivono piccoli gruppi di persone e con più servizi socio-sanitari a disposizione); dotare i servizi di accoglienza dei dispositivi di sicurezza necessari; garantire il supporto sanitario necessario a chi si ammala di Covid-19 o ha bisogno di essere messo in quarantena.

La situazione al confine tra Grecia e Turchia

La situazione è ancora peggiore in Grecia. Qui il pericolo è che il coronavirus si diffonda nei campi profughi delle isole greche e del continente, dove vivono ammassate e in condizioni sanitarie devastanti decine di migliaia di persone.

A fine marzo, una donna residente nel campo profughi di Ritsona – 70 chilometri a nord di Atene – è risultata positiva al test; il campo ospita 2.300 persone, di cui 250 minori non accompagnati, ed è stato messo in quarantena, per quanto si possa mettere in quarantena migliaia di persone in una situazione del genere.

Stessa situazione nel campo profughi di Malakasa – 2.500 persone a 40 chilometri da Atene – dove un uomo è risultato positivo. In un comunicato del sindacato di polizia di Atene (riportato in questo articolo di ValigiaBlu), preoccupato per l’incolumità degli agenti, si legge che le misure igieniche a Malakasa sono “inesistenti” e che:

Il Covid-19 produrrà una bomba che lentamente esploderà a causa della mancanza di protezioni sanitarie di base.

La soluzione richiesta da più parti è quella di chiudere i campi e redistribuire i migranti in situazioni più consone al momento: tendopoli strutturate, con servizi sanitari adeguati e adatte al rispetto delle misure di distanziamento; alberghi; trasferimenti in altri paesi europei.

Quest’ultima strada chiama in causa un’Europa che però sulla questione Grecia – Turchia si è limitata a guardare da lontano, esprimendo supporto alla linea greca di non far entrare nessuno. La presidente della Commissione Europea Ursula Von Der Leyen ha usato parole devastanti: “grazie alla Grecia per essere il nostro scudo”. Una metafora bellica che poteva francamente risparmiarsi, e che esprime l’unica posizione comune che i capi di stato europei riescono a condividere: tenere fuori i migranti dai confini.

Per il resto, le misure annunciate a livello europeo rappresentano interventi marginali e più che altro una strategia illusionista per poter dire “vedete, abbiamo fatto qualcosa”: un contributo di 700 milioni alla Grecia (che comprende un contributo di duemila euro ai migranti dei campi profughi greci che decideranno di tornare al proprio paese) e la disponibilità a trasferire in altri paesi una quota dei minori non accompagnati presenti nei campi.

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Sociologo, lavora come progettista e project manager per Sineglossa. Per Le Nius è responsabile editoriale, autore e formatore. Crede nell'amore e ha una vera passione per i treni. fabio@lenius.it
16 Commenti
  1. Stefano Merlini

    in percentuale meno morti in mare, ma numeri relativi più morti, glielo spieghi a chi muore che le percentuali sono diminuite. Che ipocrisia. Secondo lei meglio 100 morti su 1000 partenti oppure 200 su 5000. La cosa migliore per me è meno morti in termini numerici.

    • Fabio Colombo

      Buongiorno Stefano, non c'è un meglio o un peggio, entrambi i dati - come su tutti i temi - hanno qualcosa da dire.

      • IB

        Nell'articolo leggo: "Un conteggio certamente sottostimato e che sarebbe molto più alto se non fosse per l’operato delle navi umanitarie delle ong". In base a cosa lo affermate?Le persone di cui parliamo pagano anche 10'000 dollari ( https://bit.ly/3dkPPAH , http://bit.ly/2XBuNKb ) per andare volutamente in Libia. Poi salgono su gommoni che materialmente non possono navigare più di 200km. Quindi, necessariamente, fanno affidamento ai soccorsi in mare. Più persone vengono salvate, più ne accorreranno in Libia per tentarci (come è successo nel 2016 e 2017).Sappiamo bene che tutti i migranti sbarcano con uno smart phone. Lo leggevano già nel rapporto UNHCR del 2017 ( http://bit.ly/2wBJI7n ). "A large majority of refugees and migrants interviewed in Libya had access to a functioning phone at all times" Senza neanche ipotizzare collusione tra ONG e trafficanti, è sufficiente usare vesselfinder per capire se è il momento giusto per entrare in mare con i gommoniIn altri termini, c'è un meccanismo premiante del rischio (pull factor) che va spezzato. Occorre salvare tutti, ma riportarli in campi UNHCR in Libia o, preferibilmente, in Tunisia. Le persone, come successo alle fine del 2017, inizieranno a spostarsi su altre rotte, come mostrano i dati 2018-9-20.Ho già letto le varie ricerche che negano il pull factor, ma le ritengo pretestuose. Basta un argomento: i gommoni usati non possono raggiungere l'Italia. Quindi non c'è alternativa alle navi e se partissero a prescindere dalla presenza di navi, ci sarebbero decine di volte i morti che si contano.Quindi, in ultima analisi, ritengo che le ONG abbiano l'effetto opposto a quello che dite sul numero di morti in mare.

        • Fabio Colombo

          Buongiorno, che non ci sia alcuna correlazione tra presenza di navi umanitarie e partenze, e che quindi la presenza di navi umanitarie non sia un pull factor è stato ampiamente dimostrato (https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/migrazioni-nel-mediterraneo-tutti-i-numeri-24892)

          • IB

            Grazie per la risposta, ma penso di aver già anticipato la sua risposta (" i gommoni usati non possono raggiungere l'Italia").I migranti usano gommoni cinesi e non caricano carburante sufficiente per arrivare a Lampedusa. Quindi non ci sono dubbi sul fatto che l'uso delle navi di passaggio sia necessario e non opzionale. Questo non è oggetto di discussione.I migranti hanno dimostrato di conoscere le nostre leggi meglio di noi (ad esempio "pèrdono" il passaporto se vengono in Italia, ma non fanno altrettanto se vanno alle Canarie. Quindi, è chiaro che hanno imparato a usare VesselFinder e telefoni satellitari molto prima di Luca Donadel.Facciamo l'ipotesi inversa. I migranti partono a prescindere dalla presenza di qualunque nave in mare, ma sappiamo che non hanno carburante sufficiente a raggiungere Lampedura. Che fine fanno? Dobbiamo credere che si comportino come Lemmings pur avendo gli strumenti per evitarlo? Oppure il dato omesso è che sfruttano navi delle missioni internazionali, navi di passaggio, "navi madri" etc.Quindi l'analisi statistica sta facendo cherry picking, altrimenti l'analisti, vedendo le discrepante, avrebbe cercato di spiegarle. Il bias è chiaro, l'articolo vuole solo smentire l'ipotesi di collusione. Ipotesi che però è indipendente da quella del pull factor. Per questo motivi l'articolo che linka è inattendibile.

  2. Stefano Merlini

    Questo è vero, però per me meno morti ci sono e meglio è. Poi ovvio che se si riuscisse ad avere zero persone morte sarebbe un successo. Ma si potrà ottenere, solo garantendo un futuro a tutti nel proprio paese, in modo che nessuno sia costretto a migrare. La realtà però mi sembra che si investa pochissimo per questo, anche da parte di molte associazioni umanitarie e ong.

    • IB

      "La realtà però mi sembra che si investa pochissimo" Non mi sembra che non sia esattamente così.Buccini, Goffredo. "Italiani e no". Un libro che potremmo definire "pro immigrazione". Pagina 215: "L’Unione europea è già da tempo il maggior contributore per l’Africa (con il 45 per cento degli aiuti complessivi), solo nel 2012 le ha fornito 681 milioni di euro, la metà dei quali per assistenza umanitaria {...} la Cina effettua investimenti diretti per circa 40 miliardi di euro, quelli europei sono sei volte tanto, e cioè oltre 220 miliardi di euro. {...} il famoso «Piano Marshall per l’Africa», evocato da qualsiasi politico europeo a corto di idee ma che, numeri alla mano, noi abbiamo già versato varie volte all’Africa. In cinquant’anni sono piovuti sul continente almeno 1500 MILIARDI DI DOLLARI, a fronte dei 13 in quattro anni che gli americani ci destinarono nell’originale Piano Marshall del dopoguerra, equivalenti a un centinaio di miliardi di oggi"Le cause dell'immigrazione non si possono ricondurre alla semplice povertà o alla mancanza di investimenti, a cominciare dal fatto che non emigrano i più poveri (http://bit.ly/2nVTtMJ). Lo dimostra il fatto che ogni anno emigrano più di 100mila italiano.Relativamente ai paesi poveri, si parla di gobba migratoria: http://ftp.iza.org/dp8592.pdf https://bit.ly/2JZCXmp

  3. francesco

    Come mai non si riesce ad arrivare ad una politica comune europea? i migranti , dai dati che si leggono, arrivano in spagna, grecia e italia che sono le economie più deboli. Che fa ad esempio la Francia, la Germania, l'Austria e il nord Europa?

    • Fabio Colombo

      Buongiorno Francesco, grazie della domanda. Quello della politica comune in materia di migrazioni e asilo è un tema aperto da decenni. Purtroppo non si arriva ad un accordo tra gli Stati. Attenzione alla lettura dei dati: in Grecia, Italia e Spagna arrivano i migranti via mare, ma in realtà paesi come Germania, Svezia, Belgio, Austria accolgono molti più immigrati che vengono via terra, ed è anche questo il motivo per cui molti paesi sono restii alla distribuzione dei migranti che arrivano via mare. Vedi più info in questi articoli: https://www.lenius.it/quanti-sono-gli-immigrati-in-italia-e-in-europa/ https://www.lenius.it/quanti-sono-i-rifugiati-in-italia-e-in-europa/

      • IB

        Dissento. C'è un'esplicita, anche non se pubblicizzata, visione comune che è iniziata dal 2001 con la direttiva 51/2001. Cioè la direttiva che impedisce a un bengalese di arrivare in aereo e lo obbliga a prendere l'aereo fino a Istanbul, per poi andare in Libia e, da lì, "farsi salvare in mare".20 anni fa hanno capito che tutte le leggi, trattati e accordi etc europei fondano le radici nelle ceneri della seconda guerra mondiale. Queste sono "troppo garantiste". Succedeva infatti che gli immigrati arrivavano con un visto turistico, ma non si riusciva a rimpatriarli. Quindi l'unico modo è far sì che non arrivino proprio. L'accordo non scritto è di spostare il problema sempre più lontano dal proprio confine.Per questo motivo, la Germania, dopo il "venite tutti", ha imposto all'Europa di pagare Erdogan per bloccare i migranti. L'Italia fa lo stesso con la Libia. La Francia rimpalla a ventimiglia. Giungla di Calais. Dublinati. La Spagna ignora il non-refoulment a Melilla. La Francia ha 5000 militari in Niger a presidiare il crocevia dei migranti. Altre nazioni alzano i muri. Sono tutte azioni con quello stesso fine.Quello che scrive lei riguarda solo lo specifico aspetto della ridistribuzione che però è vista come fumo negli occhi per diversi motivi: Il primo è sicuramente quello che dice. Ad esempio, se guardiamo i dati 2019 e usiamo le regole ipotetiche di Dublino IV ( http://bit.ly/36TZf4G ), l'Italia avrebbe preso migranti invece di darne, ma i veri aspetti cruciali sono l'automatismo che implica la perdita di sovranità dei confini. Poi, ancora più importante, c'è il rischio che paesi come Grecia e Malta potrebbero anche aprire le frontiere contando sul fatto che poi gliene spetterebbero meno rispetto a Francia, Germania, Italia e Spagna. Ciò va visto anche considerando l'inarrestabile crescita demografica africana. Ridistribuire non risolve il problema, si limita a diluirlo, ma in prospettiva potrebbe anche peggiorarlo.

  4. Muhammad

    Ciao posso chiedere io sono in italia da 2014 e evevo il permesso di soggiorno richesta asilo e 2018 corte di appello ha diciso di darmi il permesso sussidiaria poi lo fatto convertire il motivo lavoro adesso io posso fare domanda per carta soggiorno il tempo di 5 anni si conta da 2014 o da 2018 quando ho presso il permesso mi conseglia perfavore

    • Davide Fracasso

      Ciao Muhammad, dunque il conteggio dei 5 anni dovrebbe partire da quando hai un permesso di soggiorno, anche se x richiesta asilo, quindi nel tuo caso dal 2014. Non so dirti con certezza se dovranno anche verificare la residenza, ma non credo.

  5. erasmus appiah

    salve vorrei chiedere una domanda, io che lavoro come un dipendente di un azienda petrolifera come benzinaio ⛽️ posso fare la richiesta del flusso decreto 2020 per mio fratello che si trovo in africa oppure spetta a determinate categorie di lavoro, o esclusivamente i datori di lavoro . mi faccia sapere grazie mille

    • Fabio Colombo

      Buongiorno Erasmus, in generale è il datore di lavoro che può fare richiesta insieme alla persona, non un parente. Però ti consigliamo di chiedere a uno sportello di informazioni come ad esempio CGIL, CISL, ACLI oppure qualche associazione per migranti della tua città di residenza.

  6. Patrizia Zaccarelli

    Quanto di parte l'articolo. Per tua informazione: richiedente asilo e rifugiato e' la stessa cosa, ma visto i dati che tu stesso metti in chiaro, 30% arrivi di 70 % uomoni tunisini, non vedo come questi rientrino in categorie di "rifugiato" o "richiedenti asilo", sono semplicemente clandestini che ogni paese al mondo o farebbe entrare. La rimozione del decreto Salvini e' una vergogna. L'italia e' letterlmente invasa da una massa di uomini immigrati illegali di cui non si sa ninente. ma cosa parlate di richiedenti asilo o aiuti umanitari?!!! sono clandestini che non devono entrare!!!

    • Fabio Colombo

      Buongiorno Patrizia, l'articolo riporta i dati delle persone in arrivo, non occupandosi delle distinzioni giuridiche che introduci nel tuo commento. Non lo fa perché nel momento in cui le persone sbarcano, è semplicemente impossibile farle. Se la persona avrà diritto o meno all'asilo politico, o comunque a restare legalmente in Italia, lo si stabilisce secondo procedure regolate dal diritto internazionale, non certo nei commenti a un articolo.

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