Matteo Renzi premier: comincia l’avventura di governo4 min read

26 Febbraio 2014 Politica Politica interna -

Matteo Renzi premier: comincia l’avventura di governo4 min read

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matteo renzi premierParte oggi ufficialmente l’avventura di Matteo Renzi premier alla guida del Paese. Nonostante le tante critiche ricevute e gli ostacoli incontrati dal neopremier, le sue parole e i suoi primi atti sembrano effettivamente improntati alla discontinuità, ovvero al valore simbolo del renzismo sin dalla prima Leopolda. Discontinuità dimostrata già nella scelta dei suoi ministri, l’esecutivo più giovane e più rosa che la Repubblica ricordi, con pochi ministri e con un tasso di riconferme rispetto alla squadra Letta inferiore alle aspettative (significativa in questo senso la scelta di esautorare Emma Bonino agli Esteri).

Innovativa, nel bene e nel male, la cifra stilistica e contenutistica del suo discorso alle Camere. Nello stile, a braccio e ricco di suggestioni dal quotidiano, coerente, se non fosse per l’assenza del microfono a orecchio, con il marchio di fabbrica da lui imposto alla comunicazione politica negli ultimi anni e mutuato direttamente dagli stage aziendali e dai corsi motivazionali, anche se forse eccessivamente prolisso rispetto alla mezz’ora canonizzata nei sessant’anni di consuetudine repubblicana. Prevedibile la scelta di rivolgersi al pubblico a casa più che ai senatori presenti, ai quali veniva in aggiunta prospettato l’imminente smantellamento dell’istituzione da essi rappresentata. Forse vincente l’idea di presentarsi come uomo nuovo delle istituzioni, un sindaco vicino alla gente anziché un parlamentare membro della casta.

Dal punto di vista dei contenuti ancora una volta, forse inevitabilmente, punto focale del programma è l’economia, sulla quale però l’ex sindaco non gioca più in difesa come i suoi predecessori, non si nasconde dietro le richieste dell’Europa e le minacce della crisi, ma affonda sull’acceleratore della ripresa, puntando quindi sulla speranza, arrivando a promettere il saldo dei debiti contratti dalla Pubblica Amministrazione con le imprese, un compito oggettivamente arduo ma un passo obbligato per chi ha sempre avuto un feeling con le realtà imprenditoriali, confermato dalla nomina di Federica Guidi, ex presidente dei giovani confindustriali, al ministero dello Sviluppo Economico e di Giuliano Poletti della Lega delle Cooperative al Lavoro.

Anche la scelta di incentrare buona parte del discorso sul sistema scolastico e formativo, promettendo investimenti e riforme, sembra coerente col carattere innovativo del renzismo, per quanto in apparente contrasto con la scelta, abbondantemente prevista, di appaltare il relativo ministero ai Montiani, nella persona di Stefania Giannini.

matteo-renzi-premier-squadra-governoSulle geometrie su cui si reggerà il nuovo Governo qui Renzi gioca la sua partita più difficile. Da un lato appare chiara la scelta del Movimento 5 stelle come principale opposizione con la quale misurarsi sullo stesso piano individuato da Grillo, quello dell’ironia come arma contundente, della battuta sarcastica usata per conquistare il secondo titolo sui giornali e il video nella colonnina di destra dei quotidiani on-line. Per quanto riguarda la maggioranza è palese la volontà di confermare l’asse PD-NCD-Montiani e UDC che aveva sostenuto fino all’ultimo il governo Letta, optando di riconfermare quasi per intero la pattuglia ministeriale alfaniana e riservando un dicastero ciascuno a Scelta Civica e UDC.

Rispetto a Letta rimane però forte, nonostante la scelta di FI di non votare la fiducia, il legame instaurato da Renzi con Berlusconi, confermato dalla scelta della Guidi, molto vicina al cavaliere, e da una sostanziale convergenza sui temi delle riforme (legge elettorale, architettura istituzionale, titolo V e giustizia in primis) e del sostegno alle imprese, terreni sui quali il giovane Matteo potrebbe costruire maggioranze più ampie, o addirittura variabili nel caso in cui non dovessero appoggiarlo pezzi della sua attuale maggioranza.

Paradossalmente (o forse neanche tanto viste le vicende più o meno recenti del partitone) infatti, gli ostacoli maggiori per il rottamatore potrebbero venire proprio dal suo partito e dagli ex coalizzati. La scelta di includere il tema dei diritti fra quelli soggetti a mediazione (escludendone nel contempo la legge elettorale elaborata con il Cavaliere) non può che alienargli le simpatie dei vendoliani contrari al suo Governo come lo furono al precedente, ma anche della sparuta pattuglia dei malpancisti civatiani nonostante la decisione presa in extremis di accordargli comunque la fiducia.

Ma i pericoli maggiori potrebbero venire dalla cosiddetta “sinistra PD” uscita sonoramente sconfitta dalle primarie ma ancora ben rappresentata in parlamento, oltretutto saldata simbolicamente da un lungo e fotografatissimo abbraccio fra l’ex premier e il redivivo Bersani, con i Lettiani traditi e probabilmente vogliosi di rivincita. Un pericolo tutt’altro che remoto, testimoniato, come rilevato da tutti i commentatori, dagli scarsi applausi provenienti dalla sinistra dell’emiciclo durante il discorso programmatico, dai mugugni e dai distinguo rilasciati da molti parlamentari ai giornalisti all’uscita da Palazzo Madama e da Montecitorio e in ultimo dalla polemica innescata da Fassina per la nomina di Federica Guidi allo sviluppo.

Per Matteo Renzi si prospetta quindi un percorso tutt’altro che in discesa, anche in virtù del preciso timing prospettato dal premier per i suoi provvedimenti e per l’imminenza delle elezioni europee, l’auspicio è per lui quello di essere il Tony Blair del XXI secolo, il rischio quello di fare la fine che fu di Giulio Cesare.

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Quest'anno ho fatto il blogger, il copywriter, il cameriere, l'indoratore, il web designer, il dottorando in storia, il carpentiere, il bibliotecario. L'anno prossimo vorrei fare l'astronauta, il rapinatore, il cardiochirurgo, l'apicoltore, il ballerino e il giocatore di poker prof.
Commento
  1. Ale 69

    Nonostante le mille contraddizioni sembra qualcosa di nuovo e di diverso. Ce la farà? Boh. Ma sopratutto converrà chiedersi: quanto gli altri che non ce l'hanno fatta vogliono che lui ce la faccia? Aggiungerei una postilla: quando è successo che destra e sinistra e centro dicessero le stesse cose con lo stesso programma e gli stesi obiettivi? Anni '80? Anni '90?

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