Il Masters di Madrid 2015, ovvero la mia prima da inviato7 min read

13 Maggio 2015 Uncategorized -

Il Masters di Madrid 2015, ovvero la mia prima da inviato7 min read

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masters di madrid 2015Masters di Madrid 2015: l’arrivo alla Caja e linguaggi innovativi

Domenica 3 maggio. All’improvviso mi trovo catapultato in un mondo che non mi era mai appartenuto: fare il giornalista, e in particolar modo l’inviato dai campi, è sempre stata una mia grande ambizione, ma c’è modo e modo per cominciare. Io ho scelto ovviamente la strada più impervia, così per il mio primo incarico da corrispondente ho optato per un torneo importante (un Masters 1000), in una città mai vista prima (Madrid) e con un’abilità linguistica che oscilla tra il patetico e il Luca Giurato.

Arrivato alla Caja Magica mi accorgo subito che tanto magica non è. La struttura non è il massimo a livello estetico, è grigia, pesante da guardare, spigolosa: non sono esperto di architettura ma se l’intento era quello di far esclamare “Wow, figata!” allora mi sa proprio che quel mangiarane di Dominique Perrault non ha fatto un gran lavoro. Ritirato l’accredito mi tuffo all’interno della Caja, ed è subito panico. Il primo obbiettivo è trovare la postazione media, ma non è cosa semplice visto che persino gli addetti al punto di informazione non hanno precisamente idea di dove si trovi.

Faccio su e giù per le scale un paio di volte, la gente mi vede passare dallo stesso posto per quattro o cinque volte e inizia a dubitare della mia sanità mentale. Finalmente, dopo circa trenta minuti di pellegrinaggio e disperazione intravedo la luce. Si fa per dire: per accedere al media center bisogna entrare in un’anonima porta e attraversare quello che è un piccolo corridoio di un magazzino. A parte questo, la postazione non è male e i responsabili del posto si rivelano subito gentili.

Qui subentra il grande ostacolo: la lingua. Lo spagnolo è facile? Sì certo, ma non quando ti parlano con un ritmo infernale che quasi dubiti che stiano veramente dicendo cose sensate. La gentilissima Monica, percepite le mie difficoltà, passa all’inglese per semplificarmi la vita. Io adotto un innovativo linguaggio anglo-italo-ispanico con una spolverata di dialetto palermitano. In qualche modo riusciamo a comunicare.

Masters di Madrid 2015: il mito Lucone Vanni e, soprattutto, Genie Bouchard

masters di madrid 2015
@jjtennis

Arriva il momento di entrare in azione: per prima cosa vado in missione sui campi scoperti ad osservare Roberta Vinci e Luca Vanni. Vincono entrambi, Lucone è nel tabellone principale di un 1000 per la prima volta in carriera e quando lo intervisto conferma l’impressione che mi ha dato già dopo il suo exploit di San Paolo: ragazzo molto semplice, gentile e di grande simpatia: “Cazzo sono a Madrid! In un Masters 1000!”. Roberta Vinci risponde con grande disponibilità alle domande e mi impressiona per la sua forma fisica: è magrissima e non capisco se sia la tv a ingrassare così tanto o l’abbiano tenuta a digiuno per giorni.

Mentre mi incammino verso la player zone mi accorgo di avere qualcuno accanto, alzo lo sguardo e Genie Bouchard si rivela in tutta la sua magnificenza. Non è bella come appare in tv: lo è molto molto di più. Rimango folgorato dalla sua bellezza, ma lei evidentemente lo rimane dalla mia visto che va in campo e si fa battere da Miss Strycova. Ciao Genie, è stato bello.

Il bello del poter avere un minimo accesso alla player zone è che puoi osservare i protagonisti da vicino: posso testimoniare che Goffin è un discreto giocatore di biliardo, mentre Janowicz è chiaramente pazzo. Finita la prima giornata mi sembra di essere stato rinchiuso nella stanza dello spirito e del tempo: sono passate 10 ore, ma sono sembrate 10 anni.

Masters di Madrid 2015: giornalisti giapponesi e una sottovalutatissima Azarenka

Il secondo giorno è già meno traumatico, inizio a prendere confidenza con il luogo e mentre sono in postazione vengo avvicinato da una giornalista giapponese che mi chiede come si pronunci il nome “Luca Vanni”. Avrei voluto chiederle se Nagatomo si pronuncia davvero “Nagatomò” oppure Caressa è totalmente fulminato, ma ho desistito. Capitolo cibo: ovviamente la roba si paga cara. Per un Hot Dog bisogna tirar fuori 5 euro, altrettanti per un trancio di pizza abbastanza insignificante, ma sempre meglio che pagarne 12 per una sorta di fast food dove il bacon del panino è pura plastica.

Mercoledì è il giorno di Federer, che però ci lascia subito: perde in tre set contro il tamarro Kyrgios, ma quantomeno riesco a vederlo giocare dal vivo. In fondo non mi è andata malissimo: per un set e mezzo ho assistito al match tra uno che di Slam ne ha vinti 17 e uno che ne porterà a casa minimo un paio. E poi, ciliegiona sulla torta, arbitrava Lahyani.

Sharapova soffre con Garcia, ma si salva in extremis mentre scopro che Azarenka in tv non rende proprio per niente, perché è davvero una bella ragazza. La tentazione di placcare Goran Ivanisevic per una foto è forte, ma devo desistere per evitare di essere cacciato a calci e giocarmi la carriera ancora prima di cominciare. Nel frattempo Nishikori e Goffin terminano il loro match all’1.26 del mattino, alla stessa ora Murray e Kohlschreiber hanno iniziato da una decina di minuti. Sì ragazzi, buonanotte.

Masters di Madrid 2015: giornalisti italiani impreparati e  acconciature di Nadal

masters di madrid 2015
@WilliamJohnson

Giovedì mi rendo pienamente conto di quanto Grigor Dimitrov sia fortunato: non solo Sharapova, ma pure un bel gruppetto di groupies pronte a lanciargli le mutande dagli spalti. Nel frattempo, un giornalista del Corriere dello Sport si presenta da me per chiedere lumi sul tennis visto che lui si occupa principalmente di calcio. Vengo colto dal complesso di Napoleone. Gli va dato merito di aver cercato un aiuto per destreggiarsi in un mondo non suo, al contrario di chi si presenta in conferenza stampa per chiedere alla Wozniacki quale sia la sua superficie preferita. Amico ma sei serio?

Il venerdì è il giorno delle semifinali femminili: a sorpresa fuori Sharapova e Serena, che però la prende bene e si presenta in conferenza dispensando sorrisi e grasse risate. Guardo Nadal (che tra un paio d’anni avrà un acconciatura alla Paletta) sul centrale fare a pezzettini Dimitrov (che quando mollerà Rasheed sarà sempre troppo tardi) e mi rendo conto di quanto soffra il povero Federer ogni volta che si trova a fare i conti con quella palla carica di spin che gli rimbalza ad altezza spalla. Poor Rog.

Masters di Madrid 2015: colazioni avventate e tifosi fastidiosi

Prima di recarmi alle semifinali maschili/finale femminile non posso fare a meno di domandarmi due cose: 1) Perché il sosia di Hank Schrader di Breaking Bad (con 40 chili in più) che alloggia nel mio stesso hotel fa colazione con bacon, uova e wurstel e poi prende il pane integrale? 2) Perché la gente si affanna tanto a prendere la metro se un minuto dopo (e giuro che è passato davvero un minuto) c’è la corsa successiva?

Domande a cui non trovo risposta. Posso però rispondere alla domanda: “Chi può contrastare la migliore Serena Williams?” Facile: Petra Kvitova. La ceca vince il torneo spazzando via una commovente Kuznetsova (quasi 10 ore di match in quattro giorni). Quando gioca così è uno spettacolo. Tra gli uomini Nadal tritura Berdych e Murray vince facile con Nishikori. Quello che però mi rimane impresso del sabato è l’odio per il gruppetto di italiani che assisteva alla finale WTA poco sopra il mio seggiolino. Per tutto il match non hanno fatto altro che commentare ogni singolo scambio: “uuuuh” “waaaaa” “wooooow” “e la madooooonna”. Ma state un po’ zitti cazo! Cos’è diventato il tennis? Una jungla cazo!

Il cerchio si chiude domenica. Mi concedo una capatina al Santiago Bernabéu e mi faccio immortalare con la “Décima” indossando la polo dell’AC Milan. Che sia di buon auspicio. La finale di doppio maschile viene vinta da Bopanna e Mergea (chiii?), opposti a Zimonjic e Matkowski: giusto così, il polacco è impresentabile con quella pancia da pensionato.
La finale del singolare invece non ha storia, ma non nel senso che molti si aspettavano (me compreso): vince Murray nonostante giocasse contro Nadal e altri 12000 scalmanati. È l’ultimo atto, svuoto il mio armadietto e me ne vado con due certezze:
1) Questo è senza dubbio il lavoro della mia vita.
2) Niente jamon iberico per i prossimi 10 anni.

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Classe 1991, nato a Palermo e cresciuto a pane (e panelle), Milan e fumetti Disney. Folgorato da Federer durante Wimbledon 2003, ho iniziato ad interessarmi anche al tennis, praticandolo da autodidatta e con pessimi risultati. Divoratore di pizza, appassionato e ossessionato da ogni tipo di statistica, studio Comunicazione ma odio comunicare.
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