Mardy Fish story: vincere oltre il campo4 min read

10 Settembre 2015 Uncategorized -

Mardy Fish story: vincere oltre il campo4 min read

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mardy fish
@fansshare.com

“Convivo ancora con l’ansia giornalmente. Mi curo giornalmente. È nella mia testa giornalmente. Ci sono giorni che passano, in cui sarò in grado di dire a me stesso, di notte, quando sono a letto: Hey, oggi non ci ho pensato neanche una volta. E quello significa che avrò avuto una bella giornata. Quelle sono vittorie per me. Ma non c’è alcun torneo da vincere per la salute mentale. Non ci sono quarti, semifinali o finali. Non concluderò questo pezzo con una metafora sportiva. Perché lo sport si conclude con un risultato. La vita va avanti. La mia, spero, è solo iniziata”.

È così che Mardy Fish conclude una toccante lettera in cui racconta il dramma che gli ha stroncato una carriera di alto livello e che ne ha segnato l’esistenza. A 33 anni Fish ha dato l’addio definitivo al tennis, ha avuto la forza di chiudere a modo suo, giocando ad Atlanta, a Cincinnati e a New York, tre tornei che per lui hanno un significato speciale. Per un po’ di tempo gli è toccato tenere sulle spalle il peso di una nazione enorme con una storia tennistica centenaria e vincente: quando Andy Roddick ha imboccato la sua parabola discendente ci ha pensato il suo amico Mardy a tenere alta la bandiera a stelle e strisce nella top 10, anche se qualche anno prima nessuno ci avrebbe mai scommesso. Perché la carriera di questo kid del Minnesota ha avuto un’ascesa inaspettata quando sembrava ormai essersi stabilizzata su livelli buoni ma non eccellenti.

Fino al 2010 Mardy Fish aveva collezionato 3 titoli ATP, due quarti di finale Slam, un posto nei top 20 e una medaglia d’argento alle Olimpiadi di Atene, nella folle edizione che vide Nicolas Massu (chi era costui?) finire sul gradino più alto del podio con l’oro al collo. Avrebbe potuto accontentarsi di questo, ma non lo ha fatto: a un certo punto della sua vita Mardy ha capito che voleva di più, che la buona carriera non gli bastava, doveva provare a spingersi oltre certi limiti. E così ha cambiato regime alimentare, ha perso oltre 10 chili e si è rivitalizzato iniziando la sua scalata.

Ha iniziato a vincere con continuità ed è riuscito nel salto di qualità, che lo ha portato dal “buono” all'”ottimo”, con meritato ingresso nei top 10. Ma nel frattempo un nemico subdolo stava iniziando a palesarsi: la sua mente. Nel 2012 sono arrivati i primi attacchi d’ansia, che pian piano si son fatti sempre più frequenti fino a quando allo US Open si è arrivato al punto di rottura: terzo turno, di fronte c’è Gilles Simon, Fish sta giocando un’ottima partita ed è vicino alla vittoria, a un cambio di campo dà uno sguardo all’orologio che segna le 1.15 del mattino. All’improvviso tutto diventa troppo. L’ansia diventa incontrollabile, riesce a vincere il match in qualche modo e poi scappa via dal campo, ma due giorni dopo, poco prima di affrontare Roger Federer, il problema torna più forte che mai e a questo punto Stacey Gardner, l’amore della sua vita, pronuncia le parole più giuste possibili:

Se non vuoi giocare, non farlo

La carriera di Mardy Fish finisce in quel momento, a quel forfait ne seguono altri e altri ancora, inizia la battaglia contro il peggior male possibile, non quel problema cardiaco risoltosi fortunatamente con un’operazione, ma il male nella sua mente. Giorni, settimane, mesi a combattere le ansie, con momenti buoni e meno buoni in cui alzarsi dal letto per aprire una finestra era molto più complicato che rispondere a una prima di servizio a 200 all’ora. Oggi Fish può raccontare la sua esperienza, sta meglio anche se la guerra non è ancora finita e vuole dare forza e animo a chi condivide il suo stesso dolore.

Ha dato l’addio al tennis a modo suo, a Flushing Meadows, vincendo un buon match contro Marco Cecchinato e poi perdendo al secondo turno contro Feliciano Lopez, in una partita che stava per vincere: avanti 2 set a 1 ha servito per il match, ma la tensione lo ha paralizzato e per una volta va bene così perché non è la paura di vincere il suo grande nemico. Ha perso la partita al quinto, chiudendo gli ultimi game con i crampi e per qualcuno senza il lieto fine. Ma non è così. Non è vero che il lieto fine non c’è stato, perché Mardy Fish è riuscito a tornare, ha lottato e infine ha perso, in quella che è la normale routine di un tennista. Per uno che faticava persino a uscire di casa sembra proprio un signor lieto fine. Buona fortuna Mardy e buona battaglia.

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Classe 1991, nato a Palermo e cresciuto a pane (e panelle), Milan e fumetti Disney. Folgorato da Federer durante Wimbledon 2003, ho iniziato ad interessarmi anche al tennis, praticandolo da autodidatta e con pessimi risultati. Divoratore di pizza, appassionato e ossessionato da ogni tipo di statistica, studio Comunicazione ma odio comunicare.
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