Cos’è la governance adattativa e quali sono i legami con la resilienza? – Parte III4 min read

8 Aprile 2014 Politica Resilienza -

Cos’è la governance adattativa e quali sono i legami con la resilienza? – Parte III4 min read

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Nella seconda parte dell’articolo sulla governance adattativa si é parlato di quelle caratteristiche che possono contribuire ad un approccio resiliente dal punto di vista della governance convenzionale e di quella adattativa. Se applicati, questi attributi dovrebbero rinforzare due componenti fondamentali della resilienza:

1) l’auto-organizzazione (self-organization) attraverso reti formali o informali che possono facilitare l’innovazione;
2) l’apprendimento sociale (social learning), processo più o meno pianificato dove gruppi di persone, partecipando attivamente all’interno di una comunità, imparano l’una dall’altra (ciò può avvenire anche in modo meno attivo attraverso i social network o media).

In Italia, un’esempio di governance multi-livello, seppur principalmente guidata da istituzioni di settore, sono i processi che hanno portato alla creazione della Strategia Nazionale di Adattamento (NAS). Nel 2007, nell’assenza di istituzioni formali e di un’azione coordinata a livello nazionale rivolta al cambiamento climatico, la conferenza indetta dal Ministero dell’Ambiente e ISPRA ha iniziato un processo di condivisione di informazioni legate al clima attraverso network informali di scienziati del Centro Euro-Mediterraneo per il Cambiamento Climatico (CMCC), ONG e legislatori. Le regioni, come l’Emilia Romagna, che già monitoravano gli effetti del cambiamento climatico, hanno partecipato ai processi decisionali ed hanno incorporato l’adattamento nei piani di sviluppo regionali e locali.

In altri paesi, come la Finlandia, la creazioni della strategia nazionale di adattamento é stata priorità del governo nazionale con poca integrazione verticale tra livelli sottostanti e risultando in un’integrazione lenta a livello locale. Anche se i risultati ottenuti dai network informali in Italia é notevole, questo non diminuisce l’importanza della coordinazione tra i livelli e il fatto che in assenza di risorse dal governo centrale, la capacità di innescare progetti a livello di città per l’adattamento rimarrà frammentato.

I problemi globali che caratterizzano le città di oggi richiedono una riflessione su quale sia la scala istituzionale più adatta per la pianificazione e messa in moto di azioni e programmi. Nel caso dell’adattamento di solito il livello della municipalità é ritenuto il più adatto, ma spesso l’interazione tra più livelli é vanificata dalle relazioni di potere tra diverse organizzazioni.

Infatti esistono forti implicazioni sociali per le strategie di adattamento. Si pensi alla rigenerazione urbana e alle leggi urbanistiche in materia di uso del suolo: seppur di competenza a livello di governo locale l’esecuzione ed efficacia dipendono dal livello di inclusione e consenso di classi meno privilegiate che spesso vivono in zone a rischio. Oppure nuove opere come dighe, impianti di trattamento delle acque ed irrigazione possono indurre alla contestazione da parte di classi sociali precedentemente escluse dalle decisioni.

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@Ron van Zeeland

L’adattamento climatico e i Sistemi-Socio Ecologici richiedono azioni collettive che dipendono in gran parte dal modo in cui si strutturano le istituzioni, la natura delle relazioni tra attori locali e il comportamento strategico degli individui. Come disse il cileno Alex Dourojeanni, non si gestiscono il suolo e le acque ma si gestiscono gli interventi che gli attori realizzano sul territorio.

Come si può rendere operativa la governance adattativa nelle nostre cittá? La co-gestione (co-management), un termine che in italiano é spesso associato alla partecipazione attiva dei lavoratori nei processi decisionali aziendali, viene sempre più associato al modo in cui attori a diversi livelli prendono decisioni in materia di risorse naturali, e di adattamento climatico. Forme di co-gestione sono state intraprese nella gestione dell’industria ittica, degli spartiacque e delle coste con diversi livelli di successo. Secondo Folke (2005), la co-gestione di sistemi socio-ecologici é basata sui sistemi locali comunitari, é flessibile e specifica al tipo di luogo ed é sostenuta da differenti organizzazioni lavoranti a più livelli. Il successo di processi di co-gestione é difficile da generalizzare ed il suo utilizzo nella gestione dell’adattamento ancora da sviluppare. Possiamo però ipotizzare che la co-gestione non sia d’aiuto per elaborare meccanismi di mercato come le assicurazioni, ma forse più appropriata per risolvere problemi legati ad una risorsa comune, con vantaggi diffusi a favore di comunitá intere.

In generale i principi della governance adattativa, come la promozione di istituzioni flessibili e multi-livello, hanno il potenziale di raddrizzare quelle pratiche che generano sprechi ed inefficienze in Italia. Per esempio, a livello normativo le regioni dovrebbero lavorare a strategie di sviluppo adattativo con i comuni e, a livello finanziario, abbandonare pratiche che tendono a disincentivare la messa a sistema delle risorse previste per i programmi comunitari oppure, evitare la centralizzazione delle risorse per poi distribuirle senza un piano razionale e senza considerare lo sviluppo e la vulnerabilità nel tempo (vedi piano manutenzioni).

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Veronica Olivotto (1983) è un’esperta di adattamento al cambiamento climatico presso l’Institute for Housing and Urban Development Studies (IHS) di Rotterdam. In particolare s’interessa di vulnerabilità, adattamento a livello di comunità locale, monitoraggio e valutazione di progetti di adattamento e analisi multi-criterio. In IHS Veronica è coinvolta in diverse attività d’insegnamento e training quali il corso per professionisti “Urban Management Tools for Climate Change” e il workshop di ricerca “Vulnerability, Climate change and Resilient Livelihoods”. Recentemente Veronica è stata invitata a contribuire al secondo report (atteso nel 2015) dell’ Urban Climate Change Research Network (UCCRN) e fa parte del progetto europeo TRANSIT (FP7) sull’innovazione sociale. Alcuni dei progetti più recenti di cui ha fatto parte in qualità di ricercatrice sono: “Monitoring & Evaluation Framework for Performance-based Grants for Local Resilience” (Cliente: UNCDF), “Integrating Climate Change concerns into City Development Strategies” (Cliente: UN-Habitat); “Linking Academic Education Networks on Climate Change in Africa, Asia and Europe” (Cliente: EACEA/Erasmus Mundus). In precedenza (2007-2009) Veronica ha lavorato come project assistant occupandosi di turismo sostenibile al Scottish Institute of Sustainable Technology (SISTech) presso la Heriot-Watt University di Edimburgo.
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