L’arma dello scandalo: sesso, potere e democrazia4 min read

18 Dicembre 2013 Società -

L’arma dello scandalo: sesso, potere e democrazia4 min read

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scandaloIl caso Marrazzo. Lo scandalo Rubygate. I casi Bertolaso e D’Addario. La Minetti, Tarantini, Noemi Letizia, il bunga bunga e chi più ne ha più ne metta.

La recente storia politica italiana è costellata da una miriade di scandali a sfondo sessuale. Si è sentito e detto di tutto a riguardo, tuttavia, nonostante “lo scandalo” sia una presenza invasiva nella società di oggi, gli sforzi per comprendere questo “meccanismo sociale” sembrano abbandonarsi troppo spesso alla mera cronaca.

Come afferma Filippo Ceccarelli, l’intreccio fra il sesso e il potere diventa una chiave di interpretazione molto importante per riuscire a capire l’Italia di oggi, che ormai è più pornocratica che democratica.

L’etimologia di “scandalo” rimanda al termine greco skàndalon, “ostacolo”, “inciampo”, mentre nelle sue accezioni più antiche riguarda azioni o discorsi che danno cattivo esempio. Questo evidenzia subito che oggi, in realtà, ci riferiamo più al significato delle conseguenze prodotte dallo scandalo, rispetto all’azione in se stessa.

Si potrebbe dire, in altre parole, che ci concentriamo più su domande come: Marrazzo deve dare le dimissioni o meno? Bertolaso è condannabile per corruzione? La Camera dei Deputati ha veramente sostenuto che Berlusconi, credendo che Ruby fosse la nipote di Mubarak, ha agito nell’esercizio delle sue funzioni? E così via.

Apro subito una parentesi. Spero che non abbiate pensato neanche per un istante che io voglia andare a parare verso questioni legate alla cosiddetta “dubbia moralità”. Per carità, altrove predomina ancora un certo rigore, quello che fa dimettere Ministri e consiglieri per motivazioni che, a noi italiani, sembrano un miraggio. Ma non è questo il punto. Chiusa parentesi.

Lo scandalo, il gesto in sé che lo ha prodotto, si riduce a detonatore di tutta una serie di conseguenze, le quali, spesso, sono costruite per deviare l’attenzione dell’opinione pubblica. Nel Bel Paese, la questione che riguarda gli scandali suddetti è molto complessa.

A confronto, le confessioni di Tony Blair nel suo libro di memorie A Journey sembrano dichiarazioni quasi romantiche: “Le scappatelle dei politici? Un modo per uscire dalla prigione del self control imposta dalla loro vita pubblica (…) l’istinto della libertà li spinge a fuggire da questa prigione. Quando arriva il momento dell’incontro, così eccitante, così piccante, così privo di self control di colpo si viene trasportati fuori da un mondo d’intrighi, di questioni, di macchinazioni senza fine, di cose serie su cose serie, e si finisce su un’isola remota di piaceri, lontano da tutto”.

La stessa isola, mi viene da dire, in cui è approdato il suo caro amico e collega Bill Clinton che, come hanno sostenuto con ironia poco elegante alcuni giornali, trasformò la stanza ovale della Casa Bianca in stanza orale.

scandalo
@ocialoni04

In Italia gli scandali a sfondo sessuale che riguardano la classe politica hanno molto più a che fare con la manipolazione dell’opinione pubblica attraverso il controllo dei mass media, asserviti al potere. Hanno a che fare con il nesso tra opinione pubblica e comunicazione politica, un nesso che come ci ricordano molti studiosi è elemento costitutivo del sistema democratico.

Giorgio Grossi argomenta molto bene come l’Italia sia arrivata tardi rispetto alle altre nazioni occidentali al momento di passaggio dalla “democrazia dei partiti” a una “democrazia del pubblico”, in cui le tecniche della comunicazione assumono un ruolo centrale e indiscusso.

Ma in questo passaggio l’evoluzione è stata rapidissima, forse traumatica, e la “piazza mediatica” è diventata in modo parossistico ingrediente base della lotta politica per la leadership. Non solo ha fatto scuola il modello del marketing politico di Berlusconi, ma le stesse “dinamiche d’opinione insieme ai flussi continui di comunicazione politica hanno conquistato il centro della interazione politica tra élite e cittadini” (Grossi). Prima ci si appellava all’opinione pubblica, ora la si deve conquistare e influenzare.

In questo contesto, lo scandalo sessuale è estremamente interessante non come fatto in sé ma per la ricattabilità che ne deriva. Lo scandalo si trasforma in una sorta di nuova propaganda elettorale, come sostenuto tempo fa da L’Intellettuale Dissidente.

In La fabbrica del consenso, Chomsky definisce questo fenomeno come “strategia della distrazione”, che rappresenta l’elemento principale del controllo sociale e “che consiste nel distogliere l’attenzione del pubblico dai problemi importanti e dai cambiamenti decisi dalle élites politiche ed economiche, utilizzando la tecnica del diluvio o dell’inondazione di distrazioni continue e di informazioni insignificanti”.

Insomma, siamo un po’ distratti, colpiti dallo scandalo come arma di distrazione di massa.

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Sociologo, è co-fondatore di ProfessionalDreamers, casa editrice che promuove ricerca sulle relazioni tra spazio e società. Lavora nel non profit e collabora con la casa di produzione indipendente Jump Cut. Non si capacita che Rimbaud abbia smesso di scrivere a diciannove anni.
2 Commenti
  1. Eleonora

    L'Italia è in buona compagnia: Stati Uniti, Germania, Inghilterra. O pensiamo veramente che Clinton si dovesse dimettere per un po' di sesso orale? Su questo c'è poca chiarezza, finché le persone si interesseranno di questo andrà molto male. Se un buon politico commetto qualche leggerezza, le sue dimissioni potrebbero essere decisamente negative per il paese suddetto.

  2. Eleonora

    Un buon politico che commette qualche leggerezza deve chiedere scusa ma on deve dimettersi. Altrimenti saremo noi a renderli ricattabili costantemente! Clinton non si doveva dimettere per il sesso orale, ma per tutte le ca**ate che ha fatto in politica economica.

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