Juncker e i suoi all’esame del Parlamento europeo5 min read

26 Settembre 2014 Europa -

Juncker e i suoi all’esame del Parlamento europeo5 min read

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Juncker e i suoi all'esame del Parlamento europeo
@European Parliament

A tre giorni dalle audizioni parlamentari dei 27 commissari della squadra guidata da Jean-Claude Juncker, a Bruxelles serpeggiano molti dubbi su come andrà questo  delicato passaggio. Esiste infatti il timore di uno scontro aperto tra i gruppi politici e di un muro contro muro fra le istituzioni europee, che sono ora chiamate a completare il processo di rinnovamento dopo le elezioni del maggio scorso.

La procedura di insediamento del nuovo esecutivo UE prevede infatti che i 27 Commissari designati dal Presidente (della Commissione in pectore) debbano presentarsi davanti alle commissioni parlamentari competenti per materia: il Commissario designato alla Giustizia di fronte alla commissione parlamentare giustizia, il commissario designato agli affari finanziari e alla stabilità dei mercati di fronte alla commissione parlamentare affari economici e monetari, e via dicendo. Solo quando tutti ricevono voto positivo, allora l’intera Commissione europea si presenta davanti al Parlamento riunito in seduta comune per voto finale e complessivo di approvazione della squadra.

Si è soliti immaginare che questo passaggio sia una formalità, perché si ritiene che le forze politiche nel Parlamento europeo rispecchino grosso modo i rapporti di forza nei Paesi membri, i quali indicano il commissario di propria nazionalità. Tuttavia, tutti ricordano il caso del 2004, quando Barroso al primo mandato presentò la propria squadra e il commissario designato Rocco Buttiglione, per la prima volta nella storia dell’Unione, ricevette una doppia bocciatura, sia come commissario europeo a giustizia, libertà e sicurezza, sia come vicepresidente ma con un diverso portafoglio

Allo stato attuale, la domanda che molti si pongono è se l’Europa possa sopportare eventuali bocciature. Tormentata da una impressionante ricaduta a livello economico, lacerata da troppe divisioni interne, secondo alcuni quest’Europa non necessita di altri colpi reputazionali. La roccia sicura a cui aggrapparsi sarebbe allora il tacito patto interno al Parlamento europeo, in cui popolari (PPE), socialisti (PSE) e liberali (ALDE) hanno giurato alleanza contro le forze populiste, xenofobe ed euroscettiche. Il patto, tuttavia, non mette al riparo da franchi tiratori, liberi battitori e pensatori che a buon diritto svolgono il proprio ruolo nelle commissioni parlamentari.

Qual è, dunque, la soluzione? Che piaccia o no, è il rispetto del principio democratico, ivi compresi i suoi rischi. Il Parlamento europeo, organo eletto dai cittadini UE, è a pieno titolo legislatore continentale – insieme al Consiglio, che rappresenta gli Stati membri – e conta ormai ben più dei parlamenti nazionali.

Inoltre, da qualche tempo, legittimamente mostra i muscoli. Quest’anno, per la prima volta nella storia dell’Unione europea, il presidente in pectore della Commissione è stato scelto dai cittadini tramite il voto, andando ben oltre la regola dei Trattati. Che sia un bene o un male è argomento interessante e ampiamente dibattuto. Se però si è voluto in qualche modo “politicizzare” la Commissione, il test che attende i 27 è un rischio necessario, che mette alla prova la forza delle scelte di Juncker e dei Paesi che hanno proposto i propri commissari, così come delle forze alleate nel Parlamento.

Juncker e i suoi all’esame del Parlamento europeo
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Esiste, tuttavia, una considerazione ancora più rilevante. Perché considerare necessariamente l’eventuale bocciatura di un commissario come un segno di antieuropeismo e di instabilità? Perché non potrebbe, al contrario, essere segno di salute, democrazia e europeismo? Nel parlamento europeo siede una ampissima maggioranza di deputati europeisti che potrebbero votare contro un commissario designato perché – semplicemente – non lo ritengono all’altezza, o proprio perché non abbastanza europeista e di dubbia reputazione.

Pensiamo ad esempio al commissario designato ungherese, Navracsics, emanazione di un governo filofascista e personaggio molto discutibile per la sua vicinanza al premier magiaro Orban. Sarebbe gesto antieuropeo se il Parlamento lo bocciasse? Tutto l’opposto. Sarebbe la forza dell’Europa di respingere in periferia un soggetto potenzialmente pericoloso. Ma c’è di più.

Juncker ha istituito un nuovo portafoglio di competenze, creando il commissario per la stabilità finanziaria, l’Euro e i mercati finanziari. Per una simile poltrona, assolutamente vitale, viene proposto un inglese (il Regno Unito non ha la moneta unica!), conservatore vicino agli ambienti della City e per nulla amante dell’integrazione europea, Lord Hill. È credibile che un cittadino di un paese che non ama la UE stia alla guida del ministero che ha ottenuto uno dei maggiori risultati di integrazione nella storia europea, l’Unione bancaria, e ha adottato leggi che hanno limitato fortemente gli eccessi della finanza ipertrofica London-based? è dunque più euroscettico chi propone tali soggetti, perché in scacco delle capitali europee (Londra, in questo caso), o chi, eventualmente, prova a respingerli? Nuoce più all’Europa una breve riflessione o l’approvazione in blocco della squadra di Commissari senza nemmeno pensarci?

Non bisogna cadere nella logica della paura degli ostacoli e delle opinioni. Guai a chi sostiene che qualche intoppo in questa fase sarebbe un male l’Europa. La democrazia è un bene sempre, proprio perché porta dei rischi. Soprattutto, così come vi sono antieuropeisti nel Parlamento, ve ne sono anche fra i commissari designati da alcuni governi nazionali. Facile immaginare le pressioni di Cameron per avere il suo uomo alla guida di Euro e finanza, dopo cinque anni di colpi durissimi ricevuti da Bruxelles.

Il Parlamento europeo, sovrana espressione dei cittadini dell’UE, ha il diritto e il dovere di esprimersi, interrogare, pretendere e, se crede, rifiutare. La Commissione ha il dovere di affrontare la prova. Ce ne fossero di rischi così.

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Milano, Dublino, Londra e Bruxelles. Specializzato in diritto bancario, dei mercati finanziari e dell'Unione europea, collaboro con le facoltà di Economia e Diritto di alcune università europee.
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