Joy Division: riascoltarli grazie a una serie tv7 min read

18 Maggio 2017 Cultura -

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Radio speaker, viaggiatrice, blogger

Joy Division: riascoltarli grazie a una serie tv7 min read

Reading Time: 6 minutes
Joy Division foto più famosa
@bbc.co.uk

Chi ha già visto “Tredici” sa di cosa sto parlando. Una delle serie Netflix più viste e discusse dell’ultimo periodo, con una colonna sonora particolarmente azzeccata, che rispolvera un vecchio metodo di ascolto (che poi così vecchio non è dato che sta tornando di moda): le musicassette.

Prometto di non spoilerarvi la serie che personalmente ho finito con un binge watching pauroso, limitandomi a dire che proprio all’inizio, tra le molte cassette che compaiono, ne figura una dei Joy Division. È una cassettina, di quelle con il nome dell’artista scritto a penna sulla cover.

I Joy Division ritornano più volte nei 13 episodi che compongono la serie e, se state attenti, ad un certo punto vi capiterà anche di intravedere un poster di Unknown Pleasures.

Joy Division serie tv Netflix 13

La musica di questo gruppo ha segnato l’adolescenza di moltissimi ragazzi, tipo me ad esempio. Chissà se è ancora così.

Come dicevo, scelta musicale davvero centrata per la serie “Tredici” che è poi un teen drama: chi meglio dei Joy Division per accompagnarla e raccontarla?

Ma parliamo dei Joy Division.

I Joy Division sono un gruppo dalla carriera breve, circa 4 anni (dal ‘76 all’80), quindi raccontare la loro storia e la storia della loro musica potrebbe sembrare semplice, in fondo hanno pubblicato solo due album (Unknown Pleasures e Closer) oltra a una raccolta, Still che esce nel 1981. In realtà è forse più difficile raccontare la loro storia di quanto non lo sia parlare di gruppi che hanno inciso decine di album e che dagli anni ‘70 sono ancora in attività.

@xl.repubblica.it

Unknown Pleasures, il loro album di debutto, esce nel 1979, ma il gruppo si era costituito già qualche anno prima.
Sono un gruppo di ragazzi molto giovani che si conosce, come succede per moltissime altre band, sui banchi di scuola a Manchester alla fine degli anni ‘70, quando alcune band importanti del punk come i Sex Pistols o i Cure hanno già pubblicato degli album e sono famosi e conosciuti.

Proprio ad un concerto dei Sex Pistols nasce nella mente dei fondatori dei Joy Division l’idea di creare una band. Inizialmente non si chiamano nemmeno Joy Division, ma Warsaw in onore ad una canzone contenuta all’interno dell’album Low di David Bowie. La svolta vera avviene nel 1977 quando entra a far parte del gruppo Ian Curtis che diventerà voce, frontman e leader di quelli che poi dal 1978 prenderanno il nome di Joy Division. Questo nome lo trova proprio Ian Curtis, 20 anni, ragazzo complesso, tormentato, l’intellettuale del gruppo, che va a pescarlo all’interno di un libro, House of dolls, dove questo termine viene usato per indicare le donne che all’interno dei lager nazisti venivano costrette a prostituirsi con gli ufficiali.

Inizialmente i Joy Division non hanno molta fortuna, i live come gruppo spalla non vanno molto bene, incidono dei brani ma non li pubblicano, cambiano più volte formazione. Una serie di eventi che non li portano a decollare finché, finalmente, fanno due incontri fondamentali.

Il primo con Martin Hannet che diventerà il loro produttore, il secondo con Tony Wilson, un conduttore televisivo che proprio in quegli anni a Manchester sta fondando la propria etichetta discografica, la Factory Records con la quale i Joy Division pubblicheranno il loro primo album.

Primo album che è nelle mani di Martin Hannet che diventa l’uomo centrale per questa formazione. È lui che da l’impronta definitiva a Unknown Pleasure ed è lui che sposta l’atteggiamento ed il suono punk dei Joy Division verso qualcosa di diverso, verso suoni più dark, più gotici.

Non si può raccontare Unknown Pleasures senza raccontare Ian Curtis.

Joy Division Ian Curtis

Non si può raccontare la storia di Unknown Pleasures, come è nato e cosa rappresenta senza intrecciarla con quella dei Joy Division e in particolare quella del loro leader, Ian Curtis.

Questo album, composto da 10 tracce, risente tantissimo dell’influenza del produttore soprattutto per i suoni. Un suono più pulito, più cupo, profondo; la voce più limpida rispetto a quello che nel nostro immaginario è il punk.
Ma a parte questo, Unknown Pleasures è fondamentalmente lo specchio dell’anima di Ian Curtis. È un album dalle emozioni forti, disperate, malinconico. È un album che fa venire i brividi e il motivo, ancor più che nei testi delle canzoni, sta nel modo “freddo” con cui Ian Curtis canta. Questo tono monocorde, quasi a non far trasparire le emozioni mentre canta e racconta la sua storia. Tutto quello che c’è in quest’album è qualcosa che Curtis sta veramente vivendo, suona come il suo ultimo appello (l’anno dopo morirà suicida) e tutto questo lo canta quasi con distacco. È questo che rende ancora più sconvolgente ed indelebile quest’album. Unknown Pleasures è definito un album gelido e, se lo ascoltate, capite perché.

Un consiglio: ascoltate questo album solo se siete di buonumore, perché se siete un po’ giù potrebbe darvi il colpo di grazia. Non è un caso che i Joy Division siano il gruppo di una “generazione”, l’adolescenza: li scopri a quell’età lì perché è a quell’età lì che ti senti così di merda come si sente Ian Curtis.

Un universo di disperazione.

Unknown Pleasures diventa uno dei migliori album di tutti i tempi, Rolling Stones lo inserisce al 20° posto tra i migliori album d’esordio ed è l’album che porta i Joy Division ad essere conosciuti. Anche se non l’avete mai ascoltato, forse vedendolo vi risulterà familiare.

La sua è una delle copertine più famose del rock e una delle immagini più riprodotte della storia in qualsiasi genere e tipo di cosa: magliette, gadget, tatuaggi. Disegnata da Peter Saville, il grafico della Factory Records, questa copertina si è prestata a numerose interpretazioni. Ufficialmente è un’immagine che viene presa dalla Cambridge Encyclopedia of Astronomy e rappresenta il segnale prodotto dalla prima pulsar mai scoperta. In realtà c’è chi l’ha interpretata, ad esempio, come il battito di un cuore. Io la prima volta che l’ho vista ho pensato che fossero montagne, tante montagne solitarie in mezzo a tutto quel nero.

Joy Division Unknown Pleasures tattoo
@catarticos.com.br

Questo segnale, che si perde nel grande universo nero e non si sa se qualcuno lo riceverà, è desolante così come sono disperate le emozioni e le sensazioni contenute all’interno di quest’album.

Unknown Pleasures non si può ascoltare in maniera disgiunta da Closer che esce l’anno dopo perché ne è fondamentalmente l’anticipazione. Se qui la disperazione di Curtis è palpabile in Closer diventa assoluta.

Ian Curtis, che muore suicida a poco più di 23 anni il 18 maggio del 1980, è un ragazzo con una profondità d’animo enorme. Ha i problemi che hanno i ragazzi, ma c’è di più. È malato, soffre di epilessia. Dopo un po’ reggere la tensione e lo stress dei viaggi e dei live diventa impossibile. Dopo l’uscita di Unknown Pleasures i Joy Division partono per un tour in Europa durante il quale Curtis ha una crisi sul palco e deve essere portato via. Non solo. La malattia si instaura su un carattere estremamente introspettivo e tormentato. Non bastasse questo, Curtis si è sposato molto giovane con Debbie, ma in seguito al successo del gruppo il matrimonio inizia a naufragare, probabilmente anche a causa dei tradimenti di Curtis. Ian soffre veramente tanto, così tanto che dopo l’uscita di Closer non ce la fa più e decide di togliersi la vita impiccandosi.

Questo gruppo nasce e muore con Ian Curtis e questo avvenimento lo consegna alla leggenda. Infatti per un accordo preso tra di loro, se qualcuno fosse venuto a mancare o avesse lasciato, il gruppo avrebbe dovuto cambiare nome in New Order. Da qui, l’icona di Curtis diventa emblematica; a me ricorda quella di un poeta maledetto alla Rimbaud o alla Baudelaire.

Dopo la morte di Curtis i Joy Division diventano una delle band più venerate del punk rock, un gruppo che con soli due album riesce a fare la storia.
Solo due album, ma stupendi e di un’intensità, forza e profondità mostruosa se consideriamo anche la giovane età dei componenti del gruppo.

Per scoprire qualcosa in più sulla storia di Ian Curtis e sul suo personaggio vi consiglio vedere Control, film del 2007 che racconta proprio la sua storia.

Un’ultima cosa. Una volta ho letto che

non si torna dai Joy Division

Ed è dannatamente vero.

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Ama leggere, scrivere, parlare, organizzare. Pedala, cammina, racconta storie, ascolta musica. Event manager freelance e speaker in una delle ultime radio libere italiane. Per Le Nius si occupa della grafica e racconta i suoi viaggi (...e non solo).
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